Giorno per giorno – 11 Giugno 2019

Carissimi,
“Strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10, 7-8). Il vangelo che abbiamo ascoltato oggi fa parte delle istruzioni con cui Gesù accompagna la missione dei Dodici, inviati ad annunciare la venuta del Regno (dei cieli, come sinonimo dell’impronunciabile nome di Dio). È questa la vera “buona notizia” di cui i cristiani dovrebbero essere sempre latori, nei contenuti e nello stile. Buona notizia del Regno, di giustizia, servizio, pace e amore (sono queste le attitudini dell’Abba, che Gesù ci ha manifestato), capace di restituire vita, salvezza, libertà, a chi è metaforicamente morto, infermo, preda del male, vittima del Sistema del dominio. Operai del Regno, dunque, siamo chiamati ad essere, svolgendo la nostra missione in povertà, sotto il segno della grazia-gratuità, controcorrente rispetto alla logica del profitto, che drammaticamente suole pervertire ogni relazione.

Il calendario ci porta oggi le memorie di Barnaba, apostolo, e di Luca di Simferopol, pastore al servizio dei poveri.

In realtà si chiamava Giuseppe ed era un levita, nativo di Cipro. Quando si era fatto cristiano, aveva venduto il suo campo e, il ricavato, l’aveva depositato ai piedi degli apostoli ed era stato grazie a lui, presto soprannominato Barnaba (“figlio della consolazione” o, forse, più probabilmente, “figlio della profezia”), che l’appena convertito persecutore dei cristiani Saulo-Paolo era stato ammesso nella cerchia dei discepoli, piuttosto diffidenti nei suoi confronti. Fu ancora lui ad essere inviato a prendere contatti con la neonata comunità di Antiochia di Siria, presso la quale poi portò Paolo. Insieme con questi organizzò la raccolta di aiuti per la chiesa madre di Gerusalemme, dove la popolazione soffriva la fame per una carestia. Tornati a Gerusalemme progettarono il primo viaggio missionario, quello in cui Marco darà forfait e che li porterà a Cipro e in una parte dell’Asia Minore. Di nuovo a Gerusalemme, parteciparono alla discussione sugli obblighi che i cristiani provenienti dal paganesimo dovevano assumere. Il mancato accordo con Paolo sul secondo viaggio missionario, porterà alla separazione definitiva dall’antico compagno. Ritenendo che Marco avesse più bisogno di lui che non l’altro, Barnaba se ne andò con lui a Cipro. Qualche anno dopo, le carte si rimescolarono. Sappiamo dalle lettere di Paolo che Marco stava con lui e, sempre Paolo, spenderà, nella lettera ai Corinzi, sette-otto anni dopo la separazione, una parola di elogio per Barnaba, perché anch’egli si manteneva con il suo lavoro. Ma non sappiamo dove, né come. Forse, azzardiamo, nella nativa Cipro. Luca, l’autore degli Atti degli apostoli, avendo preso partito per Paolo, non ce ne dice nulla. Una tradizione vuole che si sia recato a Roma e a Milano, per predicarvi l’evangelo, e che sia più tardi morto martire a Salamina verso l’anno 63.

Valentin Feliksovic Wojna-Jasieniecki era nato il 14 aprile 1877 a Ker, in Ucraina, da una nobile famiglia polacca. Nel 1917, dopo gli studi in medicina, si era trasferito, con la famiglia che aveva nel frattempo costituito, a Taskent, dove aveva ottenuto il posto di chirurgo primario nel locale ospedale. Nello stesso periodo, la moglie si era ammalata di tubercolosi e, nel 1919, era morta, lasciandolo vedovo con quattro figli a carico. Nel 1921, accettata la proposta di abbracciare lo stato ecclesiastico avanzatagli dal vescovo della città, fu ordinato presbitero, pur continuando ad esercitare la professione, con un’attenzione particolare per i più poveri, e ad insegnare all’università. Prima di ogni operazione, padre Valentin soleva raccogliersi in preghiera e volle sempre tenere le sue lezioni, indossando l’abito sacerdotale. Nel 1923, dopo aver preso i voti monastici e assunto il nome di Luca, fu eletto vescovo di Taskent. Il suo ministero pastorale fu contrassegnato da persecuzioni, arresti, prigionie, condanne al confino. Nel 1942, alla fine della sua ultima prigionia, il metropolita Sergio Stratogorskij lo nominò arcivescovo di Krasnojarsk, in Siberia. Nel 1946, su richiesta delle autorità che mal tolleravano la sua attività, fu trasferito alla chiesa di Simferopol, in Crimea, dove rimase fino alla morte, che lo raggiunse più che ottuagenario e ormai quasi cieco, l’11 giugno 1961. Per quanto lui stesso poverissimo, e forse proprio per questo, era sempre stato fedele nell’aprire le porte della sua casa agli ultimi e più poveri, in totale umiltà e mansuetudine.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono propri della memoria dell’Apostolo Barnaba e sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.11, 21b-28; 13, 1-3; Salmo 98; Vangelo di Matteo, cap.10, 7-13.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una citazione di Luca di Simferopol, tratta dal libro “Aked, cause e rimedi”. La troviamo nel sito La troviamo nel sito di “Cristiani ortodossi” ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La nostra religione non è una religione della depressione: al contrario, è una religione della vigilanza, dell’energia, della volontà e della forza di carattere. La nostra Fede Ortodossa non porta alla depressione, ma a qualcosa di opposto – qualcosa della quale San Paolo parla nella sua Lettera ai Galati: “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé.” (Gal 5, 22). Questo è lo spirito autentico, questa è la vera essenza della nostra religione: non la tristezza né la depressione, ma la giustizia, la pace e la gioia nello Spirito Santo. Può essere colui che ha la gioia un depresso? Ovviamente no. Spesso le persone sbagliano valutando qualcuno secondo il suo aspetto. Il vero cristiano non ha l’aspetto delle persone dipendenti dai piaceri della vita. Egli è sempre tranquillo, spesso sembra perso nei suoi pensieri, va a capo chino, assorbito nei suoi pensieri. Ciò significa che è depresso, che ha una caduta spirituale? No: questo significa che i piaceri del mondo, che altri hanno a cuore, sono ben lungi dal cristiano, sono estranei a lui cosi come i giochi e passatempi infantili sono estranei agli adulti. (Luca di Simferopol, Aked, cause e rimedi).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 11 Giugno 2019ultima modifica: 2019-06-11T22:09:02+02:00da fraternidade
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