Giorno per giorno – 30 Maggio 2019

Carissimi,
“Andate indagando tra voi perché ho detto: Ancora un poco e non mi vedrete e un pò ancora e mi vedrete? In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia” (Gv 16, 19-20). Certo, come ci dicevamo stamattina, Gesù si riferiva al temporaneo distacco dai suoi, dovuto al suo arresto imminente, che sarebbe culminato con la sua morte atroce. Ma è anche vero che, come ci ripetiamo sempre, ogni pagina di Vangelo, ci propone in trasparenza, il rendersi presente di Dio nella storia del mondo di ogni tempo, nella forma del salvare o nella comunione del patire. Così che, ogni volta, che Dio, il principio della cura e del dono di sé, è allontanato dal contesto umano, per la scelta dell’egoismo, della prevaricazione, dell’indifferenza, egli continua a farsi presente nella persona di chi soffre, di chi viene umiliato, violentato e ucciso, di chi spera o si dispera. Noi abbiamo ricordato i cinquantacinque morti che ci sono stati tra domenica e lunedì in quattro istituti penitenziari, in Amazzonia. Nel quasi silenzio dei mezzi di comunicazione, nell’apatia della coscienza dei più, anestetizzata dalla logica del “bandito buono è bandito morto”, nell’assenza di reazione da parte del governo, nella figura, in questo caso, dell’ineffabile narciso che ci ritroviamo ministro della giustizia(?), Sergio Moro, in viaggio di autopromozione in Portogallo, il quale si limita a tuittare che si provvederà a ristabilire l’ordine. Dio muore nel crudele sistema di carcerazione di massa in uso in questo Paese, aggravato dall’uso spregiudicato delle risorse che lo Stato paga alle entità private, che amministrano le carceri. Dio muore, più in generale, ogni volta che il Potere attenta alla vita, alla salute, ai diritti, alla felicità degli ultimi. E i discepoli di Gesù non possono tirarsi fuori e rimanere indifferenti. Possono, invece, e devono resistere, cospirare e sperare attivamente per il “ritorno” di Dio, praticando risurrezione. Per fare in quel che si può giustizia ai morti. E perché di morti non ce ne sia più.

Oggi facciamo memoria di Emmelia e Basilio, coniugi e genitori secondo il cuore di Dio; di Girolamo di Praga, riformatore della Chiesa e martire; e dei Martiri ortodossi, ebrei e rom del regime ustascia.

Emmelia e Basilio erano una coppia della Cappadocia (nell’attuale Turchia). Durante la persecuzione, iniziata con Diocleziano e proseguita sotto l’imperatore d’Oriente, Galerio Massimino, (305-311), la più dura che il cristianesimo si trovò ad affrontare, per mantenersi fedeli al Vangelo del Regno, dovettero lasciar la loro terra, provando la durezza dell’esilio, la solitudine e le molte difficoltà legate a questa condizione. Esempio di dedizione reciproca, di coerenza e fedeltà, diedero vita a dieci figli, tra i quali san Basilio il Grande, san Gregorio di Nissa, san Pietro di Sebaste, santa Macrina (chiamata con questo nome in omaggio alla nonna, anch’essa santa), ai quali, morendo (verso l’anno 370), lasciarono in eredità la ricchezza della loro testimonianza di fede.

Girolamo nacque a Praga verso il 1370. Compì i suoi studi universitari nella cittá natale, dove subì l’influenza del riformatore Jan Hus. Recatosi, nel 1398 a Oxford, in Inghilterra, rimase colpito dagli insegnamenti di John Wicliffe e se ne fece sostenitore. Insegnò in molte città, nelle università di Parigi, Colonia, Heidelberg, Vienna, Cracovia, ma da tutte fu allontanato per i sospetti di eresia che pesavano su di lui, e, più ancora, per il suo zelo nel denunciare la corruzione dilagante nella Chiesa. Nel 1412, organizzò assieme a Hus una protesta contro la decisione dell’antipapa Giovanni XXIII di finanziare la guerra attraverso la vendita delle indulgenze. Hus e i suoi seguaci furono raggiunti dalla scomunica dell’antipapa. Nel 1415, Girolamo si recò al Concilio di Costanza per difendere Hus, dalle accuse di eresia, mosse contro di lui dai teologi Pietro d’Ailly e Jean Gerson. Difensore della chiesa invisibile dei credenti, che costituisce, assai più di quella istituzionale, il vero Corpo mistico di Cristo, critico feroce del lusso delle gerarchie e delle ingiustizie sociali, fautore delle teorie di Wyclif sulla paritá tra clero e laicato, e assertore della necessità di predicare nelle lingue nazionali, Hus fu condannato al rogo. Gerolamo, allora, si decise a fuggire. Giunto però in Baviera, fu riconosciuto, arrestato e inviato nuovamente a Costanza. Processato, in un primo momento ritrattò le tesi che aveva condiviso con l’amico e maestro, ma, quando, il 16 Maggio 1416, fu portato nuovamente davanti al giudice, dichiarò di averlo fatto solo per paura della morte. Il processo si concluse con la sua condanna a morte e Girolamo fu bruciato sul rogo. L’umanista Poggio Bracciolini presente in quei giorni a Costanza, scrisse ad un amico dell’esecuzione: “Quando giunse nel luogo del supplizio, si spogliò da solo dei vestiti e, inginocchiatosi, salutò il palo al quale fu poi legato con molte funi e fu stretto, nudo, con una catena. Dopo che gli fu posta intorno al petto e alle reni molta legna, mista a paglia, e fu appiccato il fuoco, Girolamo cominciò a cantare un certo inno, che fu interrotto dal fumo e dalle fiamme”. Era il 30 Maggio 1416.

Nel Maggio 1941, subito dopo la creazione del cosiddetto “Stato libero di Croazia”, ad opera del leader ustascia Ante Pavelic, che godeva dell’appoggio di Hitler e Mussolini, ebbe inizio nel Paese la sistematica eliminazione delle minoranze etniche e religiose, oltre che degli oppositori politici. Si calcola che furono circa 800.000 i serbi eliminati durante la seconda guerra mondiale. Tra essi 6 vescovi, più di 300 preti e 222 religiosi. Con loro, ricevettero lo stesso trattamento cinquantamila ebrei croati e ottantamila rom. Furono anche distrutte tutte le sinagoghe e circa 300 chiese ortodose presenti sul territorio. Tale persecuzione mirava alla completa eliminazione della presenza ortodossa (oltre che di quella ebrea e gitana) in quelle regioni tradizionalmente cattoliche. Questo è ciò che potrà forse in qualche modo spiegare il silenzio, quando non l’esplicito assenso e, più di qualche volta, tragicamente, la diretta complicità, che caratterizzarono l’atteggiamento dei cattolici, dei loro preti e di gran parte della gerarchia, di fronte alle deportazioni, le torture e i massacri. Una rivista ortodossa, facendone memoria, così scrive: “Dobbiamo fornire gli orribili dettagli di queste atrocità? I ventri di donne gravide furono squarciati; furono arrostiti uomini su graticole da animali (vi furono casi in cui alcuni furono forzati a mangiare le membra arrostite dei propri familiari). Furono compiuti maligni esperimenti medici. Vi furono persone impalate, segate in due, occhi cavati dalle orbite. I cuori di vittime innocenti furono strappati e mangiati dai loro avversari. Morti lente e agonizzanti potevano durare per settimane intere. Ogni tipo di tortura che il diavolo poteva instillare nei confronti di altri esseri umani si manifestò in pieno in quegli anni di tribolazione”. La memoria di tali vicende dovrebbe mettere in guardia i cristiani dalle manipolazioni e strumentalizzazioni di cui il Vangelo di Gesù può essere fatto oggetto da parte di movimenti e di ideologie, che hanno tutto l’interesse a fare di esso, invece che l’Evento con cui Dio abbraccia il mondo intero, la semplice espressione di un’identità e di una cultura che, per giunta, fomenta il disprezzo e l’odio per l’altro e teorizza, invece che l’incontro e il dialogo, lo scontro delle civiltà, in vista del proprio dominio.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.18, 1-8; Salmo 98; Vangelo di Giovanni, cap.16, 16-20.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Le figure di Emmelia e Basilio, con l’importanza che ebbero per la loro famiglia e per il loro tempo, ci suggerisce di proporvi una riflessione, presentata da Jacques Maritain in una sua lettera a Paolo VI, sul valore che può assumere, in tempi oscuri di nuove barbarie, spesso mascherate da simboli religiosi, la fede custodita in seno alle famiglie e la testimonianza da esse (come anche da numerosi gruppi) offerta nella dimensione quotidiana del vivere e nelle scelte politiche conseguenti. È questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Saranno soprattutto i laici cristiani ‘semplici’, con la loro vita familiare e di lavoro, con la loro amicizia, la loro cultura e spiritualità, a rendere presente il Vangelo nel mondo futuro. Se nei secoli antichi furono i monasteri a tener vivo il senso del cristianesimo e della cultura in un mondo ostile e imbarbarito, domani saranno le famiglie e le piccole comunità di laici cristiani a costruire una costellazione di focolari per mantenere viva la fiamma della fede e della preghiera. Nel migliore dei casi questi focolai di luce spirituale dispersi nel mondo diverranno un giorno come il fermento che farà lievitare tutta la pasta. Nel peggiore dei casi costituiranno una diaspora più o meno perseguitata, grazie alla quale la presenza di Gesù e del Suo amore dimorerà, malgrado tutto, in un modo apostata. (Jacques Maritain, Lettera a Paolo VI).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 30 Maggio 2019ultima modifica: 2019-05-30T22:21:58+02:00da fraternidade
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