Giorno per giorno – 16 Gennaio 2019

Carissimi,
“Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce e, trovatolo, gli dissero: Tutti ti cercano! Egli disse loro: Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!” (Mc 1, 35-38). Al mattino, quando ancora era buio. Quando noi si scende verso il vicino monastero, per la preghiera del mattino, non è proprio buio buio, ma un po’ sì. Soprattutto in questi mesi in cui vige l’orario estivo. Ed è anche l’ora in cui chi lavora esce di casa, come anche, quando c’è scuola, gli alunni dei turni del mattino. Un tempo, a quest’ora, noi ci si trovava nelle case a pregare e ad ascoltare il vangelo del giorno. Poi il gruppo si è disperso e i pochi sopravvissuti si ritrovano nella cappella del monastero. In questi giorni della sua disoccupazione (che si spera duri poco), anche Rafael ci raggiunge da casa sua e scopre la bellezza di questa preghiera che apre la giornata con la luce della Parola. Anche e soprattutto quando è ancora “buio”. Su quella Parola, poi, anche lui dice, senza timidezza la sua, per nulla intimorito dalla presenza dei preti e del vescovo in ritiro, lasciando qualcuno a bocca aperta a chiedergli poi se sia per caso seminarista, e lui a rispondere ridendo che è già sposato e padre di famiglia. Beh, proprio Rafael diceva stamattina, che a noi, che ce ne veniamo in cerca di Gesù, Lui dice: adesso muoviamoci, andiamo altrove, portiamo a tutti la bella notizia del Vangelo, con le parole, ma più ancora con la nostra vita. E così sia.

Oggi il calendario ci porta le memorie di Roberto de Nobili, missionario e sannyasi gesuita, e di Achaan Chah, monaco e maestro buddhista.

Roberto de Nobili era nato nel 1577 a Montepulciano, in Toscana, ed era entrato ventenne nella Compagnia di Gesù, a Napoli. Terminati gli studi, nell’ottobre 1604, partì come missionario alla volta dell’India, sbarcando nella città di Goa, il 20 maggio 1605. Ben presto, il missionario si rese conto della diffidenza e dell’ostilità che circondava l’azione dei missionari europei, sommariamente identificati come agenti della penetrazione coloniale. Sulla falsariga di quanto aveva compiuto, in Cina, il suo confratello Matteo Ricci (1552-1610), de Nobili fece sua la sfida dell’inculturazione del messaggio cristiano. Recatosi nella citta di Madurai, studiò le lingue tamil, telugu e sanscrito, fino a dominarle completamente e prese poi ad approfondire la cultura e la religione hindu, guadagnandosi via via il rispetto e la considerazione dei bramini locali. Col permesso dei superiori, lasciò la tonaca nera per vestire la tunica rosso-ocra dei santoni hindu; prese ad abitare in una semplice capanna e adottò la dieta semplice e vegetariana, caratteristica del luogo. Ma, più ancora, smise di ricorrere a concetti e terminologia mutuati dalla filosofia greca, per assumere quelli della filosofia e religione indiane. Questo non mancò di procurargli qualche fastidio e perfino qualche fulmine ecclesiastico di troppo. Ma, tutto è bene quel che finisce bene, e il nostro con ostinazione profetica, non si lasciò intimorire. Appellatosi a Roma, si vide resa giustizia dal papa Gregorio XV, nel 1621. Scrisse numerosi trattati in tamil, telegu e sanscrito. Dopo una vita spesa nella preghiera, nello studio e nel dialogo, de Nobili morì quasi cieco, a Mylapore, il 16 gennaio 1656. Tre anni dopo la sua morte, l’ufficio di Propaganda Fide richiamava in qualche modo l’esperienza del gesuita, affermando senza ambiguità che i missionari europei non dovevano portarsi appresso i bagagli culturali di Francia, Spagna o Italia o di qualsivoglia altra parte d’Europa, ma solo la Fede, che non rifiuta, né intende pregiudicare, riti e costumi delle popolazioni evangelizzate.

Achaan Chah nacque il 17 giugno 1918, in una famiglia agiata di un villaggio agricolo, nella Tailandia nordorientale. Novizio all’età di nove anni, ricevette l’ordinazione monastica a vent’anni, decidendo così di seguire l’austera vita dei monaci della foresta, nell’ambito della tradizione buddhista therevada. Un influsso indelebile ebbe sulla sua vocazione la figura di Achaan Mun, che lo guidò sulla via della meditazione. Divenuto lui stesso maestro di meditazione, nel 1954 si stabilì in un bosco nei pressi della città natale, dove diede vita al Wat Pah Pong, il primo monastero della foresta, da cui sarebbero sorti negli anni successivi altri ottanta monasteri simili, sparsi in tutta la Tailandia. Spese la vita nella povertà, insegnando a combattere l’avidità, l’avversione, l’illusione, con pazienza e perseveranza. Achaan Chah morì il 16 gennaio 1992 in seguito ad una lunga malattia. Un milione di persone, giunte da tutto il paese, seguì i suoi funerali.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Ebrei, cap.2, 14-18; Salmo 105; Vangelo di Marco, cap.1, 29-39.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita nella testimonianza per la pace, la fraternità e la giustizia.

Bene, noi ci si congeda qui, lasciandovi ad un insegnamento di Achaah Chah, tratto dal libro “The Collected Teachings of Ajahn Chah, Vol. I”, che troviamo con il titolo “Rendere buono il cuore ”nel sito di Santacittarama Monastero Buddhista e che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Siccome non vede se stessa, la gente commette ogni genere di cattive azioni. Le persone non guardano la loro mente. Quando stanno per fare qualcosa di male, prima di tutto si guardano attorno per controllare se c’è qualcuno che li vede. “Mia madre mi vedrà?” “Mio marito mi vedrà?” “I miei figli mi vedranno?” “Mia moglie mi vedrà?”. E se nessuno li guarda, vanno avanti e lo fanno. Questo è insultare se stessi. Dicono che nessuno sta osservando, così possono finire in fretta il lavoro prima che qualcuno li veda. Ma che dire di loro stessi? Non sono “qualcuno”? Capite? Siccome trascura se stessa in questo modo, la gente non trova mai ciò che ha realmente valore, il Dhamma. Se guardate voi stessi, vedrete voi stessi. Ogni volta che state per fare qualcosa di male, se guardate voi stessi potete fermarvi in tempo. Se volete fare qualcosa di utile, guardate la vostra mente. Se conoscete il modo per guardare voi stessi, allora saprete quello che è giusto e quello che è sbagliato, quello che è dannoso e quello che è benefico, il vizio e la virtù. Sono cose che dovremmo conoscere. Se non vi parlo di queste cose, non le conoscerete. Nella mente avete avidità e illusione, ma non lo sapete. Non conoscerete nulla, se guardate sempre all’esterno. Questo è il problema con le persone, che non guardano se stesse. Guardandovi dentro vedrete bene e male. Vedendo la bontà, possiamo prenderla a cuore e praticare di conseguenza. Rinunciare al male, praticare il bene; questo è il cuore del buddhismo. (Achaan Chah, Rendere buono il cuore).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 16 Gennaio 2019ultima modifica: 2019-01-16T22:37:39+01:00da fraternidade
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