Giorno per giorno – 15 Gennaio 2019

Carissimi,
“Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare: Che c’entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio. E Gesù lo sgridò: Taci! Esci da quell’uomo. E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui” (Mc 1, 23-26). Quell’uomo, ci dicevamo stamattina, è ciascuno di noi, a cui il far parte di una chiesa non è mai di per sé risolutivo in ordine alla sequela. Confessiamo infatti Gesù come figlio di Dio, ma non tolleriamo che si faccia presente nella nostra vita a questionare le nostre scelte, che obbediscono così spesso alla logica di un sistema che ci vuole al servizio di un potere che ammalia e, ammaliando, opprime, sfrutta, discrimina, esclude. Sottrarci a questa presa non è cosa facile né indolore, perché l’apparire di Gesù, se e quando appare nella nostra vita, attraversando la corteccia di una religiosità di superficie, mette a nudo la miseria delle nostre azioni e intenzioni, e l’ipocrisia di una fede vantata a parole. E tuttavia è condizione necessaria per restituirci all’esperienza della libertà e della grazia che nel tempo ci modella a immagine del Figlio di Dio, sotto il segno del dono di sé, nell’amore.

Oggi è memoria di don Zeno Saltini, profeta di una società fraterna, e di Olivier Clément, teologo ortodosso e testimone di ecumenismo.

Zeno Saltini era nato, nono di dodici fratelli, il il 30 agosto 1900, a Fossoli di Carpi (Mo). A quattordici anni, lasciati gli studi, scelse di lavorare nei poderi della famiglia, entrando così in contatto con la dura realtà dei braccianti. Dopo il servizio militare, l’intenzione di difendere come avvocato coloro che non potevano pagarsi un difensore, lo portò a laurearsi in legge, e poi a decidere di farsi prete, per cercare piuttosto di prevenire che ci fossero quelli che finiscono in galera. Quando, nel 1931, celebrò la sua prima messa, adottò come figlio un ragazzo di 17 anni appena uscito dal carcere. Sarà il primo di molti. Dieci anni dopo, una ragazza fuggita di casa accettò di diventare la mamma “di vocazione” dei più piccoli tra gli ospiti di quella strano prete. Anche lei seguita da molte altre. Alla fine della seconda guerra mondiale (durante la quale molti componenti integrarono le file della resistenza antinazista), occupato il campo di concentramento di Fossoli, vicino a Carpi, don Zeno e i suoi costruirono la loro città. Accanto alle famiglie di mamme di vocazione si formarono le prime famiglie di sposi, che chiesero a don Zeno di accogliere i figli abbandonati, decisi ad amarli come quelli che sarebbero nati dal loro matrimonio. Nacque così Nomadelfia, che significa “Dove la fraternità è legge”. Le pressioni politiche dei partiti di destra e la difficile situazione economica degli anni che seguirono portarono al tentativo di “abolire” Nomadelfia. Il Sant’Ufficio ordinò a don Zeno di lasciare. Costretti ad abbandonare Fossoli, i nomadelfi si rifugiarono a Grosseto, in una grande tenuta da bonificare, frutto di una donazione. Per restare fedele alla sua famiglia, il prete chiese ed ottenne dal Papa, nel 1953, la rinuncia all’esercizio del sacerdozio. Anni più tardi, quando, nel 1961 i nomadelfi si diedero una nuova Costituzione come associazione civile, don Zeno chiese alla Santa Sede di riprendere l’esercizio del sacerdozio. Il 22 gennaio 1962 celebrò la sua “seconda prima messa”. Il papa, ricevendo i Nomadelfi, nell’agosto 1980, per una serata di festa, disse: “Se siamo chiamati ad essere figli di Dio e tra noi fratelli, allora la regola che si chiama Nomadelfia è un preavviso e un preannuncio di questo mondo futuro dove siamo chiamati tutti”. Qualche mese dopo, don Zeno, colpito da infarto, moriva a Nomadelfia. Era il 15 gennaio 1981.

Olivier Clément nacque ad Aniane, in Llenguadoc (Francia), il 17 novembre 1921, e crebbe in una famiglia agnostica. Dopo gli studi all’Università di Montpellier, cominciò ad interessarsi alla storia del cristianesimo e alle chiese orientali. Più tardi, sotto l’influenza degli scritti di Berdiaev e di Looskij, del quale divenne allievo ed amico, si convertì al cristianesimo, chiedendo ed ottenendo di essere battezzato nella parrocchia francofona del Patriarcato di Mosca a Parigi. Insegnò per molto tempo storia al Lycée Louis-le-Grand a Parigi e fu professore all’Istituto di Teologia Ortodossa San Sergio, affermandosi come uno dei teologi più stimati dell’Oriente ortodosso e, certo, uno tra i più attenti agli interrogativi della modernità, cui cercò di rispondere con una riflessione insieme profonda e poetica, in una ripresa sempre creativa e innovatrice della tradizione. Dal 1967 al 1997, fu membro del comitato misto di dialogo teologico cattolico-ortodosso e degli incontri bilaterali fra ortodossi e protestanti. Negli ultimi decenni è stato interlocutore di grandi figure della vita delle chiese dell’ultimo secolo; tra gli altri: il Patriarca Atenagora di Costantinopoli, Giovanni Paolo II, il prete e teologo rumeno Dumitru Stăniloae, l’archimandrita Sofronio del monastero di Maldon (Gran Bretagna), Frère Roger Schutz di Taizé. Ma, più ancora, ha avuto un ruolo determinante e significativo nell’orientare e aiutare la ricerca di senso, il cammino di fede, il desiderio di dialogo, di molti altri. Clément si è spento a Parigi, il 15 gennaio 2009.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Ebrei, cap.2, 5-12; Salmo 8; Vangelo di Marco, cap.1, 21b-28.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali africane.

È tutto, per stasera. E noi ci si congeda qui, proponendovi una pagina del bel libretto di Don Zeno di Nomadelfia “L’uomo è diverso” (Edizioni di Nomadelfia). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
I mansueti non sono degli imbecilli, sono degli eroi. Mediocri non lo possono essere, perché per essere mansueti bisogna superare le forze più potenti del “mondo”: vincere se stessi, rinnegare se stessi, e piegarsi alla Legge; non credere ciecamente a se stessi, ma solo a ciò che è da Dio anche in se stessi. La mansuetudine è un titanico atto di volontà. Il mansueto non è servile, tutt’altro è. È un uomo o una donna che si drizzano invincibili contro se stessi ogni volta che l’assecondare se stessi significa scendere alla animalità ed all’errore; che si drizzano invincibili contro chiunque voglia piegarli alla animalità ed all’errore; mentre si piegano sempre alla volontà di Dio che essi sanno ben distinguere da quella degli uomini anche quando la volontà di Dio viene espressa attraverso gli uomini o attraverso gli eventi. L’universo è nelle loro mani perché si muovono con le mani, con il cuore e con il cervello di Dio. Sono “gli eredi della terra”, i legittimi eredi del padrone assoluto della terra. “Beati i mansueti, perché erediteranno la terra”. È gente che sa prendere in mano se stessa e consegnarsi nelle mani di Dio. Per molti il Vangelo è come una fosforescente utopia; ma per essi è l’essenza della vita. Per i mansueti il Vangelo è come per gli uccelli l’aria: volteggiano in essa mentre la respirano. (Don Zeno di Nomadelfia, L’uomo è diverso).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 15 Gennaio 2019ultima modifica: 2019-01-15T22:36:37+01:00da fraternidade
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