Giorno per giorno – 14 Agosto 2018

Carissimi,
“In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me” (Mt 18, 3-5). Ed ecco che, con questo, Gesù stabilisce la regola prima per far parte del Regno, e perciò anche delle comunità che se ne vogliono sacramento e anticipazione, le sue chiese. Se le società umane tendono a costituirsi a partire dal dominio dei grandi, l’alternativa ad esse, si basa sulla centralità dei piccoli e delle loro esigenze, non però nella forma del dispensare dall’alto in basso, ma, secondo la logica orizzontale dell’accoglienza e della cura fraterna, ad imitazione della parabola disegnata dall’evento di Gesù, che pur essendo “nella condizione di Dio” (Fil 2, 6), svuotò se stesso, per raggiungere gli ultimi tra gli uomini, per poter essere, così, da uguale, fratello dell’intera umanità. Siamo dunque chiamati, per dirla con un pizzico di umorismo, a seguire il buon Dio (e ogni idea di Dio) nella sua conversione ai piccoli, già cominciata ai tempi dell’esodo (per chi vuole intenderla), e perfezionata con il suo figlio Gesù.

Oggi, il calendario ci porta le memorie di Massimiliano Maria Kolbe, martire ad Auschwitz; di Alceu Amoroso Lima, militante della vita in Brasile; e di Xavier Thévenot, teologo, “traghettatore di umanità”.

Francescano conventuale, Raimondo Kolbe nacque l’8 gennaio 1894 a Zdunska Wola (Polonia). A partire dal 1917 si dedicò ad un’intensa attività missionaria, prima in patria, poi in Giappone, da cui ritornò, minato dalla tubercolosi, nel 1936. L’attività pubblicistica lo mise ben presto nel mirino delle autorità naziste. Arrestato il 7 febbraio 1941, a Varsavia, nel mese di maggio venne inviato ad Auschwitz e condannato ai lavori forzati. Lì non cessò di esercitare il suo apostolato tra i compagni di sventura, incoraggiandoli a resistere con fermezza d’animo. È qui che, il 30 luglio 1941, si offrì di prendere il posto di Francesco Gajowniczek, uno sconosciuto padre di famiglia, condannato a morte con altri nove compagni come rappresaglia per la fuga di un prigioniero dal campo. Rinchiuso con gli altri in un bunker, Kolbe resistette per quindici giorni alla fame, alla sete, alla disperazione, nell’oscurità del carcere, consolando i compagni che, uno dopo l’altro morirono. Lo finirono con un’iniezione di acido fenico il 14 agosto 1941.

Alceu Amoroso Lima. Nato a Petropolis (Brasile), l’11 dicembre 1893, fu filosofo, scrittore, giornalista, critico letterario, ma, soprattutto, militante cristiano della vita. Sposato a Maria Teresa de Faria, con cui ebbe sette figli, convertito al cattolicesimo a 35 anni, segnò la vita intellettuale, religiosa e politica del Brasile per mezzo secolo, restando sempre fedele a ciò che descriverà come “quel fondo di apertura dello spirito, pluralismo, comprensione… che mi fu connaturale dalla mia adolescenza e gioventù: aperto a tutti i venti dello spirito”. Dopo il golpe militare del 1964, pubblicò una serie di articoli contro la dittatura, valendosi del suo prestigio di intellettuale ed ebbe un atteggiamento aperto e coraggioso nella difesa dei diritti umani. Il che, sfortunatamente (come spesso accade) non si può dire caratterizzasse tutti gli ambienti ecclesiali, gerarchie religiose incluse. Ma tant’è. Alla fine ciascuno risponde per sé. Alla figlia, religiosa di clausura, con cui mantenne una corrispondenza quotidiana per oltre quarant’anni, scrisse di sé: “Entrai nella Chiesa, non come in un porto sicuro o in una fortezza, ma, al contrario, come ad un punto di partenza verso il mare aperto, per un’avventura maggiore: la scoperta del soprannaturale, dell’esistenza di Dio, dell’immortalità dell’anima, di tutto ciò che è arricchimento, apertura… Mai come a qualcosa di chiuso, di definitivo…”. Morì novantenne il 14 agosto 1983.

Xavier Thévenot era nato il 20 dicembre 1938, a Saint-Dizier (Haute-Marne), in Francia. Allievo salesiano, fu presto attratto dalla figura e dal carisma di don Bosco, che gli trasmise il gusto per la pedagogia e gli ispirò la vocazione religiosa. Conseguita la licenza in scienze all’Università di Caen, nel 1958 entrò nel noviziato salesiano, pronunciando i suoi primi voti l’anno seguente. Fu ordinato prete, nella città natale, il 21 dicembre 1968. Dopo un periodo come maestro dei novizi della provincia di Francia, venne indirizzato dai superiori allo studio della teologia morale, di cui diverrà in seguito professore alla Facoltà di Teologia dell’Istituto Cattolico di Parigi. Amava definire la morale “ciò a cui il genere umano si obbliga quando vuole dare un senso alla vita”, o, anche, come “un insieme di regole e valori che permettono di trovare poco a poco e liberamente dei cammini di umanizzazione e di felicità”. Profondamente radicato nella lezione del Concilio Vaticano II, divenne, su tutte le questioni morali, un teologo di riferimento, insegnando alle persone a riflettere e a discernere, quando il bene e il male sembrano inestricabilmente congiunti. Colpito, poco più che quarantenne dal morbo di Parkinson, fece della malattia, nel suo progressivo aggravarsi, nei successivi ventanni, lo spazio del suo apostolato e l’occasione di una riflessione in prima persona sul mistero della sofferenza che ci raggiunge inaspettata. Scrisse: “Tu sei battezzato: sei stato immerso nella mia morte e nella mia risurrezione. Abbi l’audacia di accompagnarmi nelle profondità di questo mistero pasquale; capirai allora meglio che io sono via, verità e vita, e che la mia gioia, nessuno la può rapire”. Thévenot è morto a Parigi il 14 agosto 2004.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Ezechiele, cap.2,8 – 3,4; Salmo 119; Vangelo di Matteo, cap.18, 1-5. 10. 12-14.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali africane.

E, per stasera, è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano di Xavier Thévenot, tratto dal suo libro “Les ailes et le souffle. Ethique et vie spirituelle” (Desclée de Brouwer/Cerf). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La convinzione più centrale della morale cristiana è che Dio Padre non è solo l’Origine di tutte le origini, e la fine di tutte le fini, ma che egli si è rivelato in suo figlio, il Verbo fatto carne, Gesù di Nazareh. Così, conoscere le esigenze morali provenienti da Dio, è necessariamente dover contemplare l’essere, l’agire e le parole di Gesù, per amare come lui ha amato (Gv 13, 34). Questo significa che il principio di realtà più centrale dell’ermeneutica cristiana delle condotte risiede in una persona che ha condiviso la nostra storia per una trentina di anni, che è morto, come risultato di un processo iniquo, su una croce, e di cui dei testimoni privilegiati assicurano che si è fatto vedere vivo di un’altra vita, poco tempo dopo la constatazione della scomparsa del suo cadavere. Si immagina facilmente che l’habitus di un così singolare “principio di realtà” possa apparire scandaloso per la ragione pratica in cerca di un consenso universale. Ora è proprio una tale ragione che i nostri contemporanei tentano di applicare nelle nostre società. Vediamo dunque che una delle condizioni di credibilità della morale cattolica nel concerto delle morali è di mostrare due cose. Da una parte, che non è irrazionale, in termini di diritto, che il riferimento a una figura singolare che prende corpo in una cultura particolare possa aprirsi all’universale. D’altra parte, che quanti si riferiscono, in pratica, a una tale figura sono effettivamente aperti all’alterità delle altre morali, almeno in ciò che queste traducono bene la ricerca dell’universale. (Xavier Thévenot, Les ailes et le souffle. Ethique et vie spirituelle).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 14 Agosto 2018ultima modifica: 2018-08-14T22:16:03+02:00da fraternidade
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