Giorno per giorno – 15 Agosto 2018

Carissimi.
“L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore. Di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili” (Lc 1, 46-47. 50-52). L’eco della tragedia che ha colpito ieri Genova è giunta qui attenuata, come sempre succede quando le disgrazie, frutto di terremoti, bombardamenti, affondamenti, avvengono a migliaia di chilometri di distanza. E, nondimeno, la nostra gente si è stretta commossa intorno a chi, originario di lì, vive da tempo qui, proprio come si trattasse di un dramma famigliare. Come pregare il cantico di Maria in situazioni come queste? E anche, quale lezione, se ce n’è una, se ne può trarre? La prima cosa che ci siamo detti, a costo di contraddire i superficiali lettori delle apocalissi, è che Dio non c’entra. Se non nel senso che egli, da sempre, ci ha reso avvertiti. Già nel racconto della torre di Babele, così come è spiegato dagli antichi maestri di Israele, egli insegna che non si fa complice (e, perciò neppure noi possiamo essere conniventi) di una civiltà in cui le costruzioni (e le istituzioni con i loro governi) sono più importanti della vita dei singoli uomini. Il cantico di Maria si prospetta, così, come disegno dell’anti-Babele, l’inno alla società in cui la misericordia, il prendere a cuore la miseria dell’altro, o, secondo la radice ebraica del termine, l’avere per tutti un amore materno, ha la meglio e guida tutte le nostre azioni. È questa società che è già preludio, anticipazione, esperienza della vita eterna di Dio. Per questo noi celebriamo l’assunzione di Maria, la giovinetta di Nazareth, che ha scelto di dar vita al Dio-che-salva. Immagine di una chiesa che rivive, in mezzo a tanti scandali che ne snaturano il volto, la sua vocazione a generare figli alla vita di Gesù, la nostra divino-umanità di domani.

La festa odierna dell’Assunzione di Maria trae probabilmente origine da una celebrazione di Maria madre di Dio, sorta a seguito del Concilio di Efeso (431 d.C.). Alla fine del VI secolo, l’imperatore Maurizio impose la festa della Dormizione di Maria a tutto l’impero bizantino. Qualche decennio più tardi, un papa orientale, Sergio I, l’introdusse a Roma. Ma ci volle un altro secolo, prima che il termine “dormizione” fosse sostituito da quello di “assunzione”.

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della solennità odierna (che noi celebreremo solo domenica) e sono tratti da:

Libro dell’Apocalisse, cap.11, 19a; 12, 1-6a. 10ab; Salmo 45; 1ª Lettera ai Corinzi, cap.15, 20-27; Vangelo di Luca, cap.1, 39-56.

La preghiera del mercoledì è in comunione con tutti gli operatori di pace, quale che ne sia il cammino spirituale o la filosofia di vita.

Oggi il calendario ci porta anche le memorie di Basilio, il beato, folle per Cristo, e di Isidore Bakanja, martire in Africa.

Basilio era nato in un sobborgo di Mosca da genitori contadini, nel 1468. Adolescente, per un po’ di tempo, aveva fatto il calzolaio. Fino a quando percepì chiara la vocazione della strada. E lasciò tutto. Da allora, quale che fosse il clima e la stagione, soleva, con il caldo e con il freddo, vagare ignudo per le strade di Mosca e recarsi a pregare nelle chiese, rendendo testimonianza con gesti coraggiosi allo spirito di Cristo. Raccontano che non esitava ad appropriarsi delle merci esposte nei negozi, per distribuirli ai poveri e che lanciava pietre contro i palazzi dei ricchi che facevano pubblica esibizione della loro devozione, mentre si inginocchiava davanti alle abitazioni di chi godeva di cattiva fama, dicendo: “I diavoli assediano le residenze dei potenti, mentre gli angeli piangono sulle case dei miserabili e dei peccatori”. Giunse a sfidare lo zar Ivan il Terribile, chiedendogli: “Perché ti astieni dalla carne degli animali e continui a bere sangue umano?”. Morì il 2 agosto 1552 e fu sepolto con tutti gli onori nella nuova cattedrale nel centro di Mosca. Vale la pena osservare che, per le chiese orientali che conservano l’antico calendario giuliano, tale data coincide con il nostro 15 agosto.

Figlio di Iyonzwa e di Inyuka, Bakanja era nato, verso il 1885, a Bokendela-Mbilankamba, nella regione di Mbandaka, provincia dell’Equatore, nell’attuale Repubblica Democratica del Congo. Giovanissimo era partito per Coquilhatville alla ricerca di lavoro ed era stato presto contrattato come manovale. Entrato in contatto con la missione di Bolokwa Nsimba, animata da due monaci trappisti, chiese di istruirsi nella fede e di diventare cristiano. Il 6 maggio 1906 fu battezzato e nello stesso giorno volle ricevere lo scapolare del Carmelo. Scaduto il contratto di lavoro, Isidore tornò per un po’ di tempo al paese d’origine, spostandosi successivamente a Busira e infine a Ikili, dove fu assunto da un colono bianco, tale Van Cauter, uomo rozzo e violento che detestava gli africani convertiti al cristianesimo e di cui Bakanja dirà: “Il bianco non amava i cristiani. Non voleva che portassi lo scapolare. Si arrabbiava quando pregavo…”. E quando il bianco si arrabbia sono botte. O meglio, frustate. Che non bastano, tuttavia, a fare desistere il giovane negro dal parlare ai suoi compagni del Vangelo di Gesù e dall’insegnar loro a pregare. L’odio e il fanatismo di Van Cauter tuttavia alla fine prevalsero. Le piaghe causate dalle battiture provocarono una setticemia che non fu più possibile contrastare. Il 24 e 25 luglio 1909, dopo sei mesi di sofferenze atroci, Bakanja ricevette la visita dei suoi missionari, p. Gregoire Kaptein e p. Georges Dubrulle. Si confessò, ricevette la unzione dei malati e il viatico. Disse loro che perdonava chi gli aveva fatto del male e che avrebbe pregato per lui dal cielo. La domenica, 15 agosto, i cristiani si riunirono nella casa dove Bakanja aveva trovato ospitalità, a Ngomb’Isongu. Troppo bello per lui, incontrare nuovamente la sua comunità. Riuscì perfino ad alzarsi, guardandosi intorno raggiante. Ma fu solo per poco. Tornato a letto, entrò in agonia e spirò.

Oggi ricordiamo anche i 101 anni dalla nascita di san Romero delle Americhe. Così, scegliamo di congedarci con la citazione da una sua omelia del 1º gennaio 1978, dedicata alla figura di Maria. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Insisto con voi, fratelli, in questa mattina del giorno della Vergine, Madre di Dio, Madre di Cristo, che se, per caso, cedendo un po’ alle tendenze di moda, avessimo perduto un po’ della tenerezza che abbiamo imparato dalle nostre madri nel pregare la Vergine Madre, approfittiamo oggi per ricordare che il cuore, per quanto grande l’uomo arrivi ad essere nella storia, è sempre un cuore di figlio; e davanti alla madre, ogni uomo per quanto grande sia, si sente bambino e non si vergogna delle cose di un bambino davanti a sua madre. Anche con Maria che è madre, la semplicità del nostro rosario, la semplicità dei nostri pellegrinaggi ai santuari mariani, la visita alle immagini di Maria. Inginocchiarsi, perché no?, se non lo facciamo con un senso di idolatria, ma con la tenerezza con cui spesso ci inginocchiamo davanti alla nostra mamma seduta per conversare più affettuosamente. Sono cosucce; cosucce, dico, perché la mamma le chiama “cosucce”: la caramella che lei dà o ciò che il bambino porta dalla festa. Piccole cose insignificanti, ma cariche di tutta la tenerezza dell’amore dei bambini. Vorrei, fratelli, che nella nostra Arcidiocesi rinverdisse tutta questa devozione, così proverbiale, così tradizionale, nelle nostre famiglie. Già in molte case si è smesso di pregare il rosario, e in molte famiglie non si invoca Maria e, perdonatemi, care comunità cristiane, anche nelle comunità cristiane ho sentito con tristezza che, spesso, si sanno fare belle preghiere spontane a Dio, a Cristo, ma non si fa menzione di Maria. Torniamo a sentirla presente, perché la sua presenza è un segno che Cristo è con noi, è vicino. (Mons. Oscar Romero, Santa María, Madre de Dios, 1 de enero de 1978).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 15 Agosto 2018ultima modifica: 2018-08-15T22:21:00+02:00da fraternidade
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