Giorno per giorno – 06 Agosto 2018

Carissimi,
“Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e discorrevano con Gesù” (Mc 9, 2-4). Stamattina, ci chiedevamo cosa potrebbe voler dire per noi, duemila anni dopo, questo episodio, che, come si sia svolto, già allora voleva significare altro dalla sequenza narrativa presentata. Che poi è anche chiederci come e dove rivivere quella lontana esperienza, così simile ad una solenne liturgia, introdotta dai testi della Legge (Mosè), integrata dalla parola profetica (Elia), che ha al suo centro, come loro compimento, la figura glorificata di Gesù, nonostante o, meglio, in forza, della sua passione imminente (ne fa cenno il racconto parallelo di Luca), preconizzata del resto sei giorni prima (cf Mc 8, 31). E la risposta è già in qualche modo inclusa nella domanda. Pur nell’assenza fisica di Gesù, vale la sua promessa: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 20). Nel “suo nome”, però, non in qualunque altro modo ci piaccia immaginarlo: “Dio-salva”, come suona, appunto il nome di Gesù. Colui che, nel dono di sé, portato fino alle estreme conseguenze, addita non la scelta di un uomo qualunque, che potremmo, sì, ammirare, ma da cui si potrebbe pure prescindere, ma la verità stessa di Dio, e, perciò, anche la nostra natura e vocazione più profonda. Dunque, esercizio comunitario di fede, quello che ci è chiesto, o celebrazione liturgica, in grado di affascinarci (“Maestro, è bello per noi stare qui”), alimentarci, e, soprattutto, animarci, per guidarci, scesi dal monte della contemplazione, nella missione che siamo inviati a realizzare nel nostro quotidiano, come anticipo di un mondo e una società di risorti. Nonostante tutto.

Oggi il calendario delle Chiese d’oriente e d’occidente ricorda la Festa della Trasfigurazione di Gesù.

Istituita, probabilmente nel V secolo, nella chiesa siriaca per ricordare la dedicazione di una chiesa sul Monte Tabor, si estese successivamente alla Chiesa bizantina, nella Spagna mozarabica e nella liturgia monastica dell’Occidente. Il papa Callisto III, ne fissò la data al 6 agosto, per celebrare il fatto che in quel giorno, nel 1456, giunse a Roma la notizia della vittoria a Belgrado contro i turchi. Come dire, uno che non aveva capito nulla del mistero che celebrava. E il Buon Dio, che è misericordia infinita, per non smentirsi, non potè neanche fulminarlo. Come in un primo momento dev’esserGli venuto in mente di fare.

Il calendario ci porta anche la memoria di Paolo VI, il papa del Concilio.

La sera del 6 agosto 1978 moriva, a Castelgandolfo, il papa Paolo VI. Nato a Concesio (Brescia) il 26 settembre 1897, Giovanni Battista Montini, dopo aver prestato per molti anni i suoi servizi in Vaticano, fu nominato arcivescovo di Milano, il 1º novembre 1954, e poi eletto papa, il 21 giugno 1963, succedendo così a Giovanni XXIII. Alieno da ogni culto della personalità e, a livello personale, profondamente umile e schivo, seppe nondimeno condurre a termine il Concilio e avviare l’applicazione delle delibere conciliari, nonostante gli ostacoli e le incomprensioni che gli venivano da diversi fronti. Importante fu il suo contributo alla causa dell’ecumenismo e del dialogo, soprattutto con le Chiese orientali (storico fu il suo abbraccio con il Patriarca Athenagoras di Costantinopoli, a Betlemme, nel 1964) e con la Chiesa anglicana. Viaggiò molto per incontrare da vicino l’umanità al cui servizio si era votato. Né sempre ci riuscì, come inevitabilmente accade quando i governi si mettono di mezzo a fare da schermo a realtà scomode. Per loro. Scrisse numerose encicliche, tra cui ricordiamo qui l’Ecclesiam suam e la Populorum progressio, in cui denunciava l’iniquità dell’attuale modello di sviluppo, identificandosi con le speranze e le lotte dei poveri. Al card. Luciani, che gli sarebbe successo sulla cattedra di Pietro aveva confidato un giorno: “Forse il Signore mi ha chiamato a questo servizio non già perché io abbia qualche attitudine o io governi e salvi la Chiesa dalle sue presenti difficoltà, ma perché io soffra qualcosa per la Chiesa e sia chiaro che Cristo, non altri, la guida e la salva. Il Papa ha le pene, che gli provengono anzitutto dalla propria insufficienza umana, quale ad ogni istante si trova di fronte e quasi in conflitto con il peso enorme e smisurato dei suoi doveri e della sua responsabilità. Ciò arriva talvolta sino all’agonia”.

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della festività che celebriamo e sono tratti da:
Profezia di Daniele, cap.7, 9-10.13-14; Salmo 97; 2ª Lettera di Pietro, cap.1, 16-19; Vangelo di Marco, cap.9, 2-10.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

Ogni anno, in questa data, noi ricordiamo anche l’evento terribile della bomba atomica sganciata su Hiroshima, il 6 agosto 1945. Segno del potenziale distruttivo che sta nelle mani dell’uomo, della sua capacità di negare il dono di Dio. Idolo dell’odio e della guerra. E richiamo, perciò alla responsabilità che grava su ognuno di noi per la salvaguardia della pace nel mondo. E perciò del mondo.

Oggi sono sedici anni che funziona la Chácara Paraíso, per il recupero/trasfigurazione dei nostri amici tossicodipendenti. Noi la si è celebrata ieri, in azione di grazie, con l’Eucaristia presieduta da dom Eugenio, alla presenza degli interni, dei loro famigliari, dei coordinatori, delle equipe di lavoro, di un buon numero di ex, con le rispettive famiglie, e di molti, molti amici.

Oggi è stata anche la festa della nostra comunità di Fé e Luz, che, proprio per questo, si chiama “Noi… la Sua tenda”: riunisce in una famiglia persone con deficit intellettuale, ma con grande capacità di amare e di ricevere amore, i loro famigliari e i loro amici e amiche di ogni età. Un po’ di anni fa, un nostro amico faceva in questo giorno la sua prima consacrazione a Lui. Di cui non si è ancora pentito. Come vedete, abbiamo un certo numero di motivi per rallegrarci e per pregare.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda, offrendovi in lettura il saluto all’Angelus che Paolo VI aveva preparato per questa festa, il 6 agosto 1978, e che non ebbe il tempo di pronunciare. È questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Fratelli e Figli carissimi! La Trasfigurazione del Signore, ricordata dalla liturgia nell’odierna solennità, getta una luce abbagliante sulla nostra vita quotidiana e ci fa rivolgere la mente al destino immortale che quel fatto in sé adombra. Sulla cima del Tabor, Cristo disvela per qualche istante lo splendore della sua divinità, e si manifesta ai testimoni prescelti quale realmente egli è, il Figlio di Dio, “l’irradiazione della gloria del Padre e l’impronta della sua sostanza” (cf Eb 1, 3); ma fa vedere anche il trascendente destino della nostra natura umana, ch’egli ha assunto per salvarci, destinata anch’essa, perché redenta dal suo sacrificio d’amore irrevocabile, a partecipare alla pienezza della vita, alla “sorte dei santi nella luce” (Col 1, 12). Quel corpo, che si trasfigura davanti agli occhi attoniti degli apostoli, è il corpo di Cristo nostro fratello, ma è anche il nostro corpo chiamato alla gloria; quella luce che lo inonda è e sarà anche la nostra parte di eredità e di splendore. Siamo chiamati a condividere tanta gloria, perché siamo “partecipi della natura divina” (2 Pt 1, 4). Una sorte incomparabile ci attende, se avremo fatto onore alla nostra vocazione cristiana: se saremo vissuti nella logica consequenzialità di parole e di comportamento, che gli impegni del nostro battesimo ci impongono. Il tempo corroborante delle vacanze sia a tutti propizio per riflettere più a fondo su queste stupende realtà della nostra fede. Ancora una volta auguriamo a voi tutti, qui presenti, e a quanti possono godere di una pausa ristoratrice in questo periodo di ferie, di trasformarle in occasione di maturazione spirituale. Ma anche questa domenica non possiamo dimenticare quanti soffrono per le particolari condizioni in cui si trovano, né possono unirsi a chi invece gode il pur meritato riposo. Vogliamo dire: i disoccupati, che non riescono a provvedere alle crescenti necessità dei loro cari con un lavoro adeguato alla loro preparazione e capacità; gli affamati, la cui schiera aumenta giornalmente in proporzioni paurose; e tutti coloro, in generale, che stentano a trovare una sistemazione soddisfacente nella vita economica e sociale. Per tutte queste intenzioni si alzi fervorosa oggi la nostra preghiera mariana che stimoli altresì ciascuno di noi a propositi di fraterna solidarietà. Maria, Madre sollecita e premurosa, a tutti rivolga il suo sguardo e la sua protezione. (Paolo VI, Festa della Trasfigurazione. Saluto all’Angelus).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 06 Agosto 2018ultima modifica: 2018-08-06T22:04:19+02:00da fraternidade
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