Giorno per giorno – 07 Agosto 2018

Carissimi,
“Subito dopo ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull’altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù. La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario” (Mt 14, 22-24). Gesù, dopo aver distribuito il pane, congeda i suoi. Stamattina, con un pizzico di humor, commentando con Fernando, Arcelina e Dorvando, ci dicevamo: è come fosse il suo “Ite, missa est”, maltradotto, un tempo, con “la messa è finita”, ora semplicemente con “Andate in pace”, anche se sarebbe meglio “E adesso, in missione”. Da soli, ovviamente, dato che Lui se ne è andato sul monte, in intimità col Padre. Prova generale, dunque, di come ci se la cava per conto nostro. E non va mica troppo bene, perché la lezione dei pani ce la siamo bell’e scordata, sotto l’infuriare delle opinioni contrarie. E scordarsi quella è la stessa cosa che scordarsi Lui. Che è ciò che si dovrebbe essere noi: moltiplicatori del pane, che non è quello che si compra al supermercato, ma l’apertura del cuore, il dono di noi stessi, il cambiare di segno alla nostra esistenza, per saziare la fame delle moltitudini, come ci ricordava padre Geraldo. Sicché quando, Lui prende l’iniziativa di ripresentarsi sulla scena, siamo portati a scacciarlo come un incubo, o un cattivo pensiero. Fino a che qualcuno osa il salto della fede, dandogli, cioè, credito, facendo di Lui, nuovamente, o per la prima volta, consapevolmente, il nostro progetto di vita. Lui ci dirà il suo “Coraggio, sono io, non abbiate paura” (v.27) e, allora non ci sarà più vento a impedirci di completare la traversata e giungere nella nostra terra di missione. Che, a volte, è dentro casa, o appena fuori.

Oggi è memoria di Rabindranath Thakur (anglicizzato in Tagore), filosofo, poeta e mistico indiano.

Nato a Calcutta, il 6 maggio 1861, figlio di una famiglia di riformatori religiosi e sociali, che in tutte le maniere cercava di liberare l’India dai pregiudizi millenari che opprimevano il popolo, Rabindranath fu mandato, diciassettenne, in Inghilterra, per compiervi gli studi di Diritto; vi rimase un anno e mezzo, studiando però letteratura e musica. Tornato in patria, partecipò ai movimenti per l’indipendenza della India, ma quando questi imboccarono la via della violenza, se ne allontanò. Si rivelò presto poeta, musicista, teatrologo, novelliere e filosofo, profondamente identificato con la natura, innamorato della sua gente e, soprattutto, aperto all’infinito. Una serie di lutti, assai dolorosi lo segnarono profondamente nei primi anni del nuovo secolo: nel 1902 gli morì la moglie ventinovenne, Mrnalini, che gli aveva dato cinque figli, nel 1904 fu la volta di una figlia, l’anno successivo del padre e infine, nel 1907, perse il figlio minore. Notevole fu nella sua formazione l’influsso del misticismo dei sufi islamici e dell’insegnamento di Gesù, oltre che naturalmente del pensiero upanishadico. Per lui, la via migliore all’unione completa con Dio consiste nel donarsi con gioia all’amore e al servizio degli altri. Nel suo capolavoro, Gitanjali, scrisse: “Dammi la forza, o Signore, di non rinnegare mai il povero, / di non piegare le ginocchia di fronte al l’insolenza dei potenti”: vorremmo fosse il nostro programma di vita. Premio Nobel per la letteratura nel 1913, morì il 7 agosto 1941, acclamato da Gandhi come il “grande maestro” e riconosciuto da tutti gli indiani come il “sole dell’India”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Geremia, cap.30, 1-2.12-15. 18-22; Salmo 102; Vangelo di Matteo, cap.14, 22-36.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi una poesia di Rabindranath Tagore, tratta dalla sua raccolta Gitanjali. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Non mi resi conto del momento in cui varcai per la prima volta la soglia di questa vita. / Quale fu la potenza che mi schiuse a questo vasto mistero come un boccciolo nella foresta a mezzanotte! / Quando al mattino guardai la luce, subito sentii che non ero straniero in questo mondo, che l’Inscrutabile, senza nome e forma, mi aveva preso tra le sue braccia sotto l’aspetto di mia madre. / Così, nella morte, lo stesso Sconosciuto m’apparirà come sempre a me noto. E poiché amo questa vita, so che amerò anche la morte. / Il bimbo piange quando la madre lo stacca dal seno destro, fino al momento in cui trova nel sinistro la sua consolazione. (Rabindranat Tagore, // (Rabindranath Tagore, Gitanjali 95).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 07 Agosto 2018ultima modifica: 2018-08-07T22:22:52+02:00da fraternidade
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