Giorno per giorno – 11 Luglio 2018

Carissimi,
“Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità. Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti: Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino. (Mt 10, 1. 5-7). Stamattina, ci chiedevamo se, davvero, per noi, il battesimo, e poi la cresima, hanno significato quella chiamata di Gesù, per la quale siamo stati consacrati con la sua stessa unzione, al fine di essere inviati, in seguito, a compiere la sua missione. Che non consiste nella predicazione di una qualche dottrina, ma in un semplice annuncio, la venuta del Regno, cioè del dispiegarsi della presenza regale di Dio nel mondo, che si dà a conoscere, attraverso la nostra tetimonianza, nella lotta contro ogni forma di male, ingiustizia, oppressione, violenza, divisione, e nella cura di ogni malattia e infermità. Cose, queste, che troppo spesso le catechesi delle chiese sono state portate a trascurare, fino a tempi recenti. Sicché quando vengono ricordate, la sensazione che molti ne traggono è che vengano predicate nuove e persino pericolose dottrine. Ma è nient’altro che la Parola del Signore.

La Chiesa ricorda oggi Benedetto da Norcia, padre del monachesimo occidentale, nonché patrono della vostra povera Europa. Il martirologio latinoamericano ci ricorda anche Mons. Carlos Horacio Ponce de Léon, pastore e martire in Argentina.

Poco sappiamo della sua vita. Nato a Norcia, in Umbria, nel 480 circa, dopo aver studiato a Roma, il giovane Benedetto si ritirò sul Monte Subiaco, dedicandosi ad una vita di preghiera e penitenza. Venne, in seguito, a contatto (lo si deduce da quanto è detto nella Regola) con diverse esperienze di vita monastica, da quelle più serie e motivate (anacoreti e cenobiti), a quelle più opportuniste e depravate (sarabaiti e girovaghi). Alcuni monaci, che lo avevano voluto come abate, tentarono persino di eliminarlo, non sopportandone il rigore. A Monte Cassino, fondò infine il suo monastero. Lí, uomini di ogni ceto ed estrazione, cui Benedetto seppe comunicare l’entusiasmo per il cammino evangelico e la sua radicalità, presero a vivere la vita del lavoro duro dei campi (condiviso con le classi basse della società), alternata a tempi di studio e scandita dai momenti forti della preghiera e dell’ascolto della Parola di Dio, in una comunità egualitaria e fraterna, retta dall’autorità e dall’esempio dell’abate, con l’aiuto e la guida di una Regola, che Benedetto dovette redigere ispirandosi anche a normative più antiche. Il patriarca del monachesimo occidentale morì il 21 marzo 547. O giù di lì. Duecento anni dopo la sua morte, erano già più di mille i monasteri che si riconoscevano e si ispiravano alla sua norma di vita.

Carlos Horacio Ponce de Léon era nato il 17 marzo 1914 a Navarro (Buenos Aires). Fu ordinato prete il 17 dicembre 1938. Nominato vescovo ausiliare della diocesi di Salta (Argentina), il 9 giugno 1962, fu consacrato il 15 agosto dello stesso anno. Il 28 aprile 1966 fu nominato vescovo di San Nicolás de los Arroyos. Durante il regime dittatoriale dell’autodenominato Processo di Riorganizzazione Nazionale, instaurato nel 1976, e che costò un altissimo numero di vittime, fu uno dei pochi membri della gerarchia della Chiesa cattolica argentina a criticare apertamente le violazioni dei diritti umani, gli abusi e i crimini della dittatura. A partire dal 24 marzo 1976 cominciò a ricevere sistematicamente i famigliari dei desaparecidos. Riceveva famiglia per famiglia, dedicando loro il tempo necessario per ascoltarne le preoccupazioni, annotare i dati, assicurare il suo interessamento. Ripetutamente minacciato di morte, ai preti che gli chiedevano perché non se ne andasse, rispondeva: “Perché andarmene se non faccio niente di male?”. L’11 luglio 1977, mentre alla guida della sua Renault 4S, accompagnato dal suo collaboratore Victor Martinez, si stava recando a Buenos Ayres trasportando alcuni dosssier scottanti sulle violazioni dei diritti umani (sequestri e torture), uno strano incidente mandò la vettura fuori strada. Trasportato alla clinica San Nicolás, vi morì qualche ora píù tardi, senza che fosse permesso al suo medico di entrare nell’unità di terapia intensiva. Aveva 63 anni.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Osea, cap.10, 1-3.7-8. 12; Salmo 105; Vangelo di Matteo, cap. 10, 1-7.

La preghiera del mercoledì è in comunione con tutti gli operatori di pace, quale che ne sia il cammino spirituale o la filosofia di vita.

È tutto, per stasera. E, prendendo spunto dalla memoria di Benedetto da Norcia, ci congediamo, offrendovi in lettura una citazione dello studioso Sergio Bini, tratta dal suo “La Regola benedettina”, che troviamo in rete e che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Grazie a san Benedetto ed al suo modello di monachesimo occidentale, il lavoro viene nobilitato e diventa un modo di pregare Dio e di contribuire alla realizzazione della gloria di Dio. Nell’ultimo periodo dell’Impero Romano, infatti, il lavoro costituiva una attività assolutamente disdicevole degna solo di uno schiavo. Infatti, forse una delle più grandi innovazioni introdotte nella cultura europea da san Benedetto, grazie alla sua Regola, riguarda proprio il “lavoro”; fino al grande movimento monacale al vertice della piramide sociale c’erano i “non lavoratori”. […] Il famoso motto “ora et labora” di san Benedetto rappresentò ben più di una via di mera santità individuale: la cultura benedettina divenne nei secoli una vera e propria cultura del lavoro e dell’economia; “ora et labora” non è solo un motto o un ideale di vita! È la vita stessa che deve incarnarsi in quelle due parole tenute insieme da una congiunzione che esprime la stringente reciprocità dei due termini. Non si tratta di due alternative, ma di due aspetti inscindibili, ognuno dei quali finisce per dare il vero senso all’altro. Ogni attività ha la stessa dignità delle altre e, nello spirito della Regola, tutte devono ricevere la stessa dedizione: la preghiera, così come le opere e cioè la carità, il lavoro manuale come quello intellettuale. Ogni attività prepara e conduce all’altra, e tutti vi sono impegnati, in quanto ognuno ha il dovere di sostenere la comunità. Il lavoro manuale si alterna alla preghiera e si vive in preghiera. Non c’è una attività più importante delle altre. Ma tutte sono necessarie per edificare la “città di Dio”. (Sergio Bini, La Regola benedettina).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 11 Luglio 2018ultima modifica: 2018-07-11T22:41:21+02:00da fraternidade
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