Giorno per giorno – 17 Giugno 2018

Carissimi,
“A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra; ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra” (Mc 4, 30-32). Forse, nel descrivere la crescita del granellino di senapa, Gesù si è lasciato prendere la mano, dato che la senapa che si conosce noi è una pianta erbacea che raggiunge l’altezza di poco più di un metro, o forse in Palestina cresce di più, o forse ancora si riferiva ad una altra pianta, le cui misure giustificassero la presenza dei nidi tra i suoi rami, di cui dice la parabola . Ma la sostanza del discorso resta intatta: il regno nasce da quasi niente: dal “più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra”, che è niente meno che Dio stesso come ci si è rivelato nella persona di Gesù, e, da allora, da individui e comunità di nessun conto, di nessun valore. Che Paolo fotograferà così: “Non ci sono tra voi molti sapienti, né potenti, né nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio (1Cor 3, 26-29). Da questo niente, come lo sa Lui, nasce il Regno che germina e cresce fino ad accogliere tutti. Sfortunatamente le chiese, che pur si vogliono sacramento del Regno (e, a volte, si credono il Regno tout court), dimenticano spesso la parabola, cedendo alla tentazione del facile successo attraverso le risorse del potere nelle sue varianti economica, politica religiosa. Che finiscono per fare della chiesa idolo a se stessa. La quale, così, non si dispone ad accogliere più nessuno, salvo i suoi di sempre, abbarbicati a parole ormai mute, a forme di cui non sanno più il senso, a riti come teatri, stanchi o eccitanti, secondo i casi. Il vangelo ci invita allora a ritrovare l’entusiasmo di essere chiesa-granello di senapa. Scontando il fatto che molti, questa chiesa, la lasceranno o l’hanno già lasciata. Se fino a qualche anno fa si parlava di scisma silenzioso, oggi sembra essere in atto uno scisma rumoroso: di fronte a una chiesa che riscopre il Vangelo, i nostalgici del potere, del successo, della pubblicità, della visibilità, di un’identità ridotta a cultura, si alleano per soffocarla. Ennesima riedizione della storia del vitello d’oro. La speranza, però, in chi resta non viene meno. Sa, sulla parola di Gesù, che presto, prima di quanto si riesca ad immaginare, il sogno di Dio diventerà realtà e l’ombra protettiva della cura degli altri, a partire dagli ultimi e più deboli, si espanderà come non mai in passato.

I testi che la liturgia di questa XI Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Ezechiele, cap.17, 22-24; Salmo 92; 2ª Lettera ai Corinzi, cap.5, 6-10; Vangelo di Marco, cap.4, 26-34.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e Chiese cristiane.

Oggi facciamo memoria di Marie-Joseph Cassant, monaco trappista della “piccola via”.

Joseph Cassant era nato da una famiglia contadina il 6 marzo 1878, a Casseneuil (Francia). Fin da bambino sentì forte il fascino della liturgia e il desiderio di essere un giorno sacerdote. Purtroppo non l’aiutava in ciò la scarsa propensione agli studi, così, su consiglio del suo parroco, prese a frequentare l’abbazia trappista di Nostra Signora del Deserto, nella diocesi di Tolosa, dove chiese di entrare come novizio nel dicembre 1894. Di costituzione debole e inadatto ai lavori pesanti, riuscì, con l’aiuto di padre André Malet, suo maestro di noviziato, a fuggire la tentazione della tristezza e dello scoraggiamento, accettando i suoi limiti con pazienza e con gioia. Pronunciò i suoi voti definitivi il 24 maggio 1900, nella festa dell’Ascensione. Venendo incontro al suo desiderio di essere sacerdote, i superiori affidarono ad un suo confratello il compito della sua preparazione teologica, che, nonostante l’impegno profuso, fu seminata di difficoltà e umiliazioni. Il rapido peggioramento della tubercolosi che nel frattempo aveva contratto convinse i superiori ad accelerare i tempi dell’ordinazione, che avvenne il 12 ottobre 1902. Subito dopo di essa il giovane monaco fu inviato per qualche tempo in famiglia nella speranza che potesse recuperarsi. Ma nel dicembre successivo, senza che nulla fosse cambiato, chiese ed ottenne di fare ritorno in monastero. Trasferito in infermeria, visse gli ultimi mesi della malattia, in pieno e sereno abbandono alla volontà di Dio, apprendendo in prima persona la verità delle parole che Paolo udì da Cristo: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor 12, 9). Padre Cassant celebrò la sua ultima Eucaristia il 31 maggio 1903. Il giorno dopo ricevette l’unzione degli infermi. Morì all’alba del 17 giugno, subito dopo la comunione durante la messa che padre André stava celebrando nella sua cella. Thomas Merton, quasi cinquant’anni dopo, scrisse di lui in termini ammirati nel suo “Le acque di Siloe”.

Il 19 dicembre 1994, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamava il 17 Giugno Giornata Mondiale della lotta alla desertificazione, al fine di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e dei governi sulla necessità di arginare tale minaccia che incombe su oltre un quarto della superficie terrestre e che, secondo le stime dell’Unccd (Convenzione Onu sulla desertificazione), potrebbe portare da qui al 2020 circa 60 milioni di persone a spostarsi dalle zone desertificate dell’Africa Sub-sahariana verso il Nord Africa e l’Europa, con conseguente prevedibilmente esplosive. Quest’anno la Giornata, che ha come tema il “Degrado del suolo e migazione” mira a esaminare l’importante legame tra il degrado del suolo e i fenomeni migratori. Lo sfacelo ambientale, unito all’insicurezza alimentare e alla povertà, rappresenta una delle principali cause di migrazione. In soli 15 anni il numero dei migranti in tutto il mondo è passato dai 173 milioni registrati nel 2000 ai 244 milioni del 2015. La celebrazione vuole anche ricordare l’importanza delle comunità locali che possono adottare pratiche sostenibili di gestione del suolo, salvaguardando il proprio ambiente e contrastando la desertificazione.

È tutto, per stasera. Non avendo sotto mano citazioni di Marie-Joseph Cassant da offrirvi, scegliamo di proporvi un brano di Thomas Merton, trappista come lui e autore a noi caro. Tratto dal suo “Pensieri nella solitudine”, reperibile in rete, è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Chi di noi, o Signore, può parlare di povertà senza vergognarsi? Noi che abbiamo fatto voto di povertà in monastero, siamo poveri davvero? Sappiamo che cosa sia amare la povertà? Ci siamo mai fermati per un momento a pensare perché si debba amare la povertà? Eppure, o Signore, Tu sei venuto nel mondo per esser povero tra i poveri, perché è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno dei cieli. E noi, con i nostri voti, ci accontentiamo del fatto che di fronte alla legge non possediamo nulla e che per tutto quello che abbiamo dobbiamo chiedere il permesso di un altro? La povertà è questa? Può un tale che ha perduto il suo impiego e che non ha denaro con cui pagare i suoi debiti, e che vede la moglie e i figli diventare sempre più scarni e che sente il timore e l’angoscia rodergli il cuore — può egli ottenere le cose delle quali ha disperatamente bisogno, semplicemente chiedendole? Che provi a farlo. Eppure noi, che possiamo avere tante cose delle quali non abbiamo bisogno, e tante altre che è scandaloso da parte nostra possedere — noi, siamo poveri, perché le abbiamo e c’è permesso di averle. La povertà significa bisogno. Fare voto di povertà e non mancare mai di nulla, e mai aver bisogno di qualche cosa senza averla, vuol dire tentare di farci beffe del Dio Vivente. (Thomas Merton, Pensieri nella solitudine).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 17 Giugno 2018ultima modifica: 2018-06-17T22:03:18+02:00da fraternidade
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