Giorno per giorno – 13 Giugno 2018

Carissimi,
“Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto” (Mt 5, 17-18). Vangelo complicato e anche, a prima vista, piuttosto oscuro, pur nella sua brevità, quello che si è ascoltato oggi, che si fatica a leggere sulle labbra di Gesù, in un discorso, quello della montagna, in cui, per gran parte egli sembra prendere distanza dalla legge mosaica, o quanto meno da una sua letterale e rigorosa applicazione e che arriverà, in seguito, anche a trasgredire. Di quella legge, o meglio, di quegli insegnamenti (che rende meglio ciò che gli ebrei chiamano la Torah) Gesù si dice il compimento. E aggiunge che nulla di essi si perderà senza che tutto sia compiuto. E tutto si è compiuto con lui. Egli dunque, con il suo essere e il suo agire, rappresenta il senso definitivo cui deve mirare, e con cui si deve leggere, la Legge e ogni legge. Certo, con lo sforzo che ogni interpretazione e applicazione alla realtà concreta esigono le norme di volta in volta elaborate in vista del bene comune, retto dal principio “Che tutti abbiano vita e vita in abbondanza”. Quanto ai precetti esemplificati nel decalogo, Paolo scriverà che “si rissumono tutti in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Rm 13, 9). E aggiunge a commento: “L’amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l’amore” (v. 10). Che è anche la definizione di Dio, che ne dà Giovanni e la rivelazione che ne abbiamo nell’evento di Gesù. Non fare nessun male al prossimo, direttamente o indirettamente: che possa essere questo il criterio di ogni nostra azione.

Oggi è memoria di Antonio di Padova, evangelizzatore e amico dei poveri.

Nato a Lisbona nel 1195, il giovane Fernando de Bulhões y Taveira de Azevedo entrò nell’Ordine dei Canonici regolari di S. Agostino, e fu ordinato sacerdote a ventiquattro anni. Dopo i primi anni nel convento di Lisbona, chiese ed ottenne di essere trasferito nel monastero della Santa Croce a Coimbra. Qui però, la nomina a priore di un monaco del tutto alieno alla vita ascetica e che, con uno stile di vita dissoluto, contribuì a sperperare in poco tempo le sostanze del monastero e, più ancora, a danneggiarne il buon nome, tanto da esser presto scomunicato da papa Onorio III, la comunità finì per spaccarsi in due: da un lato i sostenitori del priore e del suo stile, dall’altra quanti desideravano invece condurre un vita austera, modesta e tutta dedita a Dio. Tra questi, ovviamente, il giovane Fernando. Quando passarono da Coimbra i primi frati francescani diretti in Marocco, Fernando restò incantato dalla loro radicalità evangelica e intuì che quello sarebbe stato il suo cammino. Entrò così nell’ordine dei frati minori, cambiando il suo nome in quello di Antonio, e si imbarcó per il Marocco come missionario. Una malattia insorta durante il viaggio frustrò i suoi piani di recarsi ad annunciare il Vangelo alle popolazioni islamiche. Si recò allora in Italia, dove, dopo aver preso parte al Capitolo generale di Assisi, presente lo stesso Francesco d’Assisi, si stabilì. Qui si fece presto conoscere come grande oratore. La sua predicazione, che richiamava moltitudini immense, rifletteva una profonda conoscenza della Sacra Scrittura. Passò come un turbine, combattendo gli errori dottrinari del suo tempo, la corruzione e la rilassatezza del clero, l’arroganza e la prepotenza di ricchi e potenti contro la gente povera e semplice. Ammalatosi, morì il 13 giugno del 1231.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1° Libro dei Re, cap.18, 20-39; Salmo 16; Vangelo di Matteo, cap.5, 17-19.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita, nella testimonianza per la pace, la fraternità e la giustizia.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano del “Sermone del Mercoledì delle Ceneri” di Antonio di Padova. Che è, per oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
“Accumulatevi dei tesori nel cielo” (Mt 6,20). Grande tesoro è l’elemosina. Disse Lorenzo: Le ricchezze della Chiesa sono state riposte nel tesoro celeste dalle mani dei poveri. Accumula tesori in cielo chi dà a Cristo. Dà a Cristo chi largisce al povero: Ciò che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (cf Mt 25, 40). “Elemosina” è un termine greco: in latino è misericordia. Misericordia significa “che irrìga il misero cuore” (miserum rigans cor). L’uomo irrìga l’orto per ricavarne i frutti. Irrìga anche tu il cuore del povero miserabile con l’elemosina, che è detta l’acqua di Dio, per riceverne il frutto nella vita eterna. Il tuo cielo sia il povero: in lui riponi il tuo tesoro, affinché in lui sia sempre il tuo cuore: e ciò soprattutto durante questa santa quaresima. E dov’è il cuore è anche l’occhio; e dove sono il cuore e l’occhio, lì è anche l’intelletto, del quale dice il salmo: “Beato chi fa attenzione (intelligit, comprende, ha cura) al misero e al povero (Sal 40, 2). E Daniele disse a Nabucodonosor: “Ti sia accetto, o re, il mio consiglio: sconta i tuoi peccati con l’elemosina e le tue iniquità con opere di misericordia verso i poveri” (Dn 4, 24). Molti sono i peccati e le iniquità, e perciò molte devono essere le elemosine e le opere di misericordia verso i poveri: riscattati con esse dalla schiavitù del peccato, possiate ritornare liberi alla patria celeste. Ve lo conceda colui che è benedetto nei secoli. Amen. (Antonio da Padova, Sermoni. Mercoledì delle Ceneri).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 13 Giugno 2018ultima modifica: 2018-06-13T22:58:35+02:00da fraternidade
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