Giorno per giorno – 07 Giugno 2018

Carissimi,
“Allora lo scriba disse a Gesù: Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v’è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici” (Mc 12, 32-33). È un solo comandamento, dunque: su questo sono d’accordo Gesù e lo scriba che l’aveva interrogato. Amare l’Amore “con tutto il cuore (il mio volere), con tutta la mente (il mio intendere) e con tutta la forza (tutti i miei mezzi)”, implica necessariamente “amare il prossimo come se stesso”. E l’osservanza di questo comandamento vale infinitamente di piú di ogni messa, novena, rosario, devozione, che si voglia. Le quali servono solo se sono finalizzate a quello, diversamente non sono altro che pratiche superstiziose, quando non blasfeme.

Il nostro calendario ci porta oggi la memoria di Matt Talbot, il santo [ex]-bevitore.

Nato il 2 maggio 1856, a Dublino (Irlanda), secondo dei dodici figli di Charles e Elisabeth Talbot, Matt aveva trascorso la sua infanzia nella totale mancanza di sicurezza e di stabilità. Mai aveva frequentato regolarmente una scuola. A dodici anni trovò lavoro in un deposito di imbottigliamento di vino e fu qui che cominciò a bere smodatamente. Una sera, all’età di vent’otto anni, per strada s’imbatté in un prete, pensò tra sé: forse è il momento di smettere, almeno per un po’. Si confessò e promise di non bere per tre mesi. Molte volte sentì che non sarebbe riuscito a mantenere quella promessa, eppure dopo un anno rinnovò l’impegno di non bere mai più neppure una goccia di alcool. E furono 41 anni. Con l´aiuto del suo amico prete, modellò la sua vita su quella dei monaci irlandesi del VI e VII secolo: un rigoroso programma di lavoro manuale, preghiera (con al centro l’eucaristia), digiuno e carità. Distribuiva la maggior parte del suo salario ai poveri e, nello stesso tempo, era profondamente consapevole delle giuste lotte e rivendicazioni dei suoi compagni di lavoro. A questi e ai suoi vicini presentò sempre l’immagine amichevole di un uomo sorridente, realizzato e felice. Matt Talbot morì d’infarto il 7 giugno 1925. Dopo la morte, la sua fama di santità si diffuse rapidamente. Paolo VI lo dichiarò venerabile nel 1975.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
2ª Lettera a Timoteo, cap. 2,8-15; Salmo 25; Vangelo di Marco, cap.12,28-34.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Non abbiamo, quanto meno sottomano, scritti di Matt Talbot. Scegliamo allora di congedarci con la pagina di una donna che ha scelto, per molti anni, come religiosa di una congregazione atipica – le Domenicane di Betania -, di accogliere e vivere fianco a fianco con quanti hanno conosciuto l’esperienza dell’emarginazione, la sofferenza, la difficoltà del vivere e il lento, doloroso e gioioso riscatto. Emmanuelle-Marie è oggi una contemplativa nel mondo. Contemplativa nel senso che continua a contemplare lo strano e affascinante lavorio di Dio nella gente. E negli ultimi, tra la gente. Vi proponiamo un brano di un suo librettino: La pazienza dell’istante. (Edizioni Messaggero di Padova). Che è così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Perché molti guaritori hanno beneficiato di questo dono dopo essere stati guariti miracolosamente? Forse perché, per il fatto stesso che il miglioramento interiore è anche recupero della salute, tutti possono diventare capaci di trasmettere la loro fiducia nella vita a coloro che sono tormentati dalla paura della condanna altrui o da una vendetta inconsapevole. Questo implica, tuttavia, il riconoscere che il bene che in noi ha preso posto del malessere non ci appartiene, ma è il dono che Dio fa di se stesso, da trasmettere agli altri. Questo suppone un cuore riconoscente, come quello del samaritano, un eretico per gli ebrei di quel tempo, che è l’unico dei dieci lebbrosi a tornare da Gesù per ringraziarlo della guarigione ottenuta. L’uomo guarito nella sua interiorità è forse più capace dei guaritori di restituire la salute al suo prossimo, proprio perché ha ritrovato il suo equilibrio fisico attraverso il perdono ricevuto e trasmesso. Non emana più angoscia intorno a lui e, non giudicandolo più, permette all’altro di raggiungere il fondo dei suoi problemi per trovarne la causa. Il perdono è già il germe della risurrezione del corpo poiché, restaurando la capacità di amare il nemico e ristabilendo l’integrità della persona, lo rende trasparente alla Presenza che lo mantiene nell’essere. Seguire il Cristo sulla croce è lasciarsi investire dalla sua missione di liberatore dal male, a servizio dell’umanità ferita, è diventare, con lui, un ambasciatore di Dio. (Emmanuelle Marie, La pazienza dell’istante).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 07 Giugno 2018ultima modifica: 2018-06-07T22:40:18+02:00da fraternidade
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