Giorno per giorno – 06 Giugno 2018

Carissimi,
“A riguardo dei morti che devono risorgere, non avete letto nel libro di Mosè, a proposito del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e di Giacobbe? Non è un Dio dei morti ma dei viventi! (Mc 12, 26-27). La parola di Gesù era stata occasionata dal questionamento di un gruppo di sadducei, i quali non credono ci sia una risurrezione. Basandosi sull’obbligo che la legge mosaica del levirato impone a un fratello di sposare la vedova del fratello morto senza lasciare figli maschi, al fine di dare un figlio al defunto (il primo nato infatti ne porterà il patronimico), raccontano una storiella in cui la vedova del primo resterà vedova in successione di sette fratelli, che non le lasciarono discendenza. Da qui la domanda, di cui si può facilmente cogliere il sarcasmo: a chi dei sette apparterrà la donna, nella risurrezione? Gesù, imperturbabile, non si nega alla risposta. Afferma in primo luogo che la vita nella risurrezione non rispeccchia i legami di qui e poi va subito al nocciolo della questione, cioè all’esistenza o meno della risurrezione. Ai sadducei che accettavano come normativa solo la Torah (i primi cinque libri della Bibbia), in cui non si fa menzione esplicita della risurrezione, Gesù ricorda come, proprio nella Torah, Dio si presenti come “il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e di Giacobbe”, anche se erano morti cinquecento anni prima. Se non fossero vivi in altra maniera, Dio sarebbe il dio di niente, lui stesso niente. Noi, poi, oggi, che sappiamo anche piú chiaramente, a partire dalla rivelazione di Gesù, che Dio è Padre, che Dio è amore, possiamo nutrire la certezza che, se anche noi potessimo ragionevolmente accettare di finire nel nulla, non lo potrebbe accettare Lui, come e più di ogni buon padre che tiene alla vita dei figli come alla cosa più preziosa. Noi, che crediamo in Lui, teniamo alla vita dei nostri fratelli e sorelle come alla cosa più preziosa di Dio?

Oggi il calendario ecumenico ci porta la memoria di Martin Buber, maestro e testimone di dialogo, di György Bulányi, fondadatore delle Comunità di base Bokor, e quella dei Martiri ebrei di Siviglia.

Martin Mordechai Buber nacque a Vienna, l’8 febbraio 1878, in una famiglia ebrea. Nella sua visione filosofica e religiosa è centrale la categoria del “dialogo”: con il mondo e con Dio. Questo segnó profondamente tutta la sua riflessione, il suo lavoro e la sua vita. Oltre alle sue opere più specificamente filosofiche, dobbiamo a lui l’organizzazione e la riformulazione degli insegnamenti dei grandi maestri del chassidismo, nonché di numerosi lavori di critica biblica. Nel 1938, fuggendo dalla dittatura e dalla persecuzione nazista, emigrò in Eretz Israel, dove, coerentemente, fece ogni sforzo per favorire il dialogo tra israeliani e palestinesi. Scrisse: “Uno può credere che Dio esiste e vivere alle sue spalle, ma colui che crede in Lui, vive dinanzi al suo volto”. E ancora: “Fede è provare fede nella pienezza della vita, nonostante il corso sperimentato del mondo”. Morì il 6 giugno 1965.

Prete scolopio (della congregazione dei “Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie”, fondata da S. Giuseppe Calasanzio), György Bulányi era nato a Budapest il 9 gennaio 1919. Alla fine della seconda guerra mondiale, il giovane prete prese a organizzare piccole comunità ecclesiali di base, che consentissero la sopravvivenza e la trasmissione dell’annuncio evangelico, nel clima di persecuzione o di intimidazione instaurato dal regime stalinista nei confronti delle attività religiose. Arrestato per questo, nel 1952, fu processato e condannato all’ergastolo per attività antistatali. Fu liberato nel 1960, ma non essendogli consentito di esercitare il suo ministero nella chiesa, si mise a lavorare come addetto ai trasporti. Nel frattempo curò la stesura dei sei volumi che raccolgono il suo pensiero teologico, dal titolo “Cercate il Regno di Dio!”, dove, analizzando le parole di Gesù nei Vangeli, concluse che Gesù voleva che la società umana – fondata sul dominio e la violenza – si trasformasse già qui, sulla terra, in un mondo basato sull’amore, seguendo gli ideali della nonviolenza, il servizio agli altri, la condivisione e il dono di sé. Ispirandosi al modello della comunità di Gesù, Bulányi operò per ridare vita e slancio alle comunità (più tardi conosciute come Bokor, il “Roveto”), dove la coscienza di ogni membro era rispettata dai suoi compagni, e dove tutti si sentivano impegnati ad approfondire la parola di Dio nelle Scritture e ad applicarla nella vita. Caratteristico di queste comunità fu anche la scelta dell’obiezione di coscienza al servizio militare, la denuncia dell’alleanza fra trono e altare, l’invito alla chiesa ad abbandonare ogni struttura di potere, per rivivere la dimensione originaria della comunità di fratelli. Molti giovani obiettori di coscienza furono, all’epoca, processati e condannati a lunghe pene detentive. Il regime esercitò pressioni sulla Chiesa perché adottasse misure punitive nei confronti di padre Bulányi. Il che, effettivamente, avvenne. Il cardinale László Lékai lo sospese a divinis, forte dei risultati di un processo intentato alle sue tesi dalla Congregazione per la dottrina della fede, non molto dissimile da quelli sperimentati in quegli anni dai teologi latinoamericani. Le misure canoniche furono ritirate soltanto nel 1997. Padre György Bulányi morì il 6 giugno 2010.

Il 6 giugno 1391, gli abitanti di Siviglia, in Spagna, circondarono il quartiere ebreo e lo incendiarono. Massacrarono circa cinquemila famiglie ebree, vendendo poi molte donne e bambini ai musulmani come schiavi. La maggior parte delle 23 sinagoghe di Siviglia furono distrutte o trasformate in chiese.

I testi che la liturgia del giorno propone alla nostra riflessione sono tratti da:
2ª Lettera a Timoteo, cap.1, 1-3.6-12; Salmo 123; Vangelo di Marco, cap.12, 18-27.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita, nella testimonianza per la pace, la fraternità e la giustizia.

E, per stasera, è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una pagina di Martin Buber, tratta dal suo “La passione credente dell’ebreo” (Morcelliana), che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Gli apocalittici intendono predire un evento futuro immodificabile; anche in questo essi si radicano nelle rappresentazioni iraniche che suddividevano la storia in cicli regolari di millenni e predeterminavano con precisione numerica la fine del mondo, la vittoria finale del bene sul male. Diversamente i profeti di Israele: essi profetizzano “riguardo a colui che si converte”, ovvero: essi non annunciano qualcosa che accadrà in ogni caso, ma qualcosa che accadrà se coloro che sono chiamati a conversione non si convertono. Il libro di Giona racconta in modo paradigmatico che cos’è profezia. Dopo aver tentato invano di sfuggire all’ordine di Dio, Giona viene da lui inviato a Ninive con la profezia della rovina. Ma Ninive si converte, e Dio rovescia quel destino. Giona si indispettisce, poiché la parola in vista della quale il Signore aveva vinto la sua resistenza, è stata ridotta a nulla: se si è forzati a profetizzare, la cosa deve restare intesa; ma Dio la intende diversamete, egli non vuole impegnare indovini, ma messaggeri all’anima dell’uomo, all’anima dell’uomo che è capace di decidere quale strada percorrere e dalla cui decisione può essere deciso, insieme, ciò che deve esserne del mondo. Colui che si converte coopera alla redenzione del mondo. L’essere-partner dell’uomo nel grande dialogo ha qui la sua realtà più elevata. Non è come se una determinata azione dell’uomo potesse trarre giù la grazia; e tuttavia la grazia corrisponde all’azione, in un agire imprevedibile, che non si lascia dominare eppure non si nega. Non è come se l’uomo dovesse fare questo o quello per “accelerare” la redenzione del mondo: “chi ha fede non vorrà accelerare nulla” (Is 28,16), e tuttavia colui che si converte coopera alla redenzione del mondo. Questa partecipazione conferita alla creatura sta nel mistero. (Martin Buber, La passione credente dell’ebreo).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 06 Giugno 2018ultima modifica: 2018-06-06T22:45:49+02:00da fraternidade
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