Giorno per giorno – 25 Febbraio 2018

Carissimi,
“Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo! E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro” (Mc 9, 7-8). Quanto durò l’esperienza narrata nel vangelo di oggi? Poche ore, pochi minuti, solo pochi attimi? Come che sia, segnò la vita dei tre discepoli e, naturalmente, in primo luogo, quella di Gesù. Come, forse, non segnò la vita di generazioni di cristiani, fino ai nostri giorni. In cosa sia consistita esattamente non sapremmo dirlo, però, come ci ricordava stamattina Dorvando durante l’omelia condivisa, è fondamentale la professione di fede del Padre: “Questi è il Figlio mio, l’amato”. E il suo comando: “Ascoltatelo”. In lui, Dio può, cioè, rispecchiarsi. E chiede di ripensare, alla sua luce, come diceva Claude, tutta la Bibbia (significata dalla presenza di Mosè ed Elia). Questo, perché lui accoglie in sé, senza giudicare, tutto l’esistente, facendo a tutti dono di sé, ostinatamente, a costo della vita. È l’inaudito di Dio, che preferisce perdersi piuttosto che perdere anche uno solo di noi. Noi, che le religioni così spesso cercano di convincere a sacrificare l’altro per onorare Dio (si veda il racconto del [mancato] sacrificio di Isacco, della prima lettura). Dio invece afferma che l’unico modo per onorarlo e farlo vivere tra noi e in noi è accogliere, prenderci cura di, far vivere gli altri. Proprio come ha fatto Gesù. Diversamente è Lui, Dio, nella sua manifestazione storica, che muore per primo. Come è, appunto, accaduto a Gesù. E continua ad accadere nei suoi fratelli. Dio che muore, in Congo, nel sud Sudan, in Yemen, in Siria e ovunque. “Ascoltatelo!” è l’appello per questa Quaresima. Ne usciremo trasformati.

I testi che la liturgia di questa II Domenica di Quaresima propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Genesi, cap.22,1-2.9a.10-13. 15-18; Salmo 116; Lettera ai Romani, cap.8, 31b-34; Vangelo di Marco, cap.9, 2-10.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

Il nostro calendario ci porta oggi le memorie di Robert d’Arbrissel, monaco e asceta, e di Peter Benenson, fondatore di Amnesty International.

Robert era nato intorno al 1045 ad Arbrissel (oggi Arbressec), nella diocesi di Rennes, in Bretagna. Durante il pontificato di Gregorio VII, si recò a Parigi, per compiervi i suoi studi e fu allora che divenne sensibile ai temi della riforma della Chiesa. Era questa un’epoca difficile, caratterizzata da una pericolosa confusione/competizione tra potere sacro e potere profano. E chi ne faceva le spese era soprattutto la povera gente, oltre che, naturalmente, la testimonianza dell’Evangelo. Numerosi movimenti popolari erano sorti un po’ dovunque a contestare il profilo decisamente squallido della vita del clero, segnata dalla compravendita degli uffici ecclesiastici, dalla corruzione, e dalla pratica concubinataria dei suoi membri. Nel 1089, Sylvestre de La Guerche, vescovo di Rennes, richiamò Robert in diocesi, perché desse il suo contributo all’azione di riforma. Lui ci si dedicò con grande zelo, facendosi ovviamente molti nemici. Tanto è vero che, alla morte del vescovo, nel 1093, fu costretto a fuggire dalla città e rifugiarsi ad Angers. Due anni più tardi, però, si ritirò nella foresta di Craon, per menarvi vita ascetica ed eremitica. Negli anni successivi, il diffondersi della sua fama, richiamò al suo seguito un numero crescente di penitenti, uomini e donne, nobili e popolani, matrone dell’aristocrazia e prostitute, lebbrosi e mendicanti, oltre a numerose concubine dei preti che la riforma aveva privato dei loro ex-consorti. Nel 1101, anche per rispondere alle critiche di alcuni vescovi, orripilati per tale facile promiscuità, decise di dare una dimora fissa ai suoi seguaci, organizzandone la convivenza. Li insediò così nella valle di Fontevraud, sulla riva sinistra della Loira, nei pressi di Saumur e li strutturò in ordine religioso misto, maschile e femminile, dando loro da osservare la Regola benedettina. Volle che essi fossero conosciuti solo come “poveri di Cristo” e l’ideale che propose loro fu “in nudità seguire Cristo nudo sulla croce”. A capo di tutti, decise di porre una donna come abbadessa, e scelse Pétronille de Chemillé. Il 18 febbraio 1116, Robert cadde gravemente malato, morendo pochi giorni dopo, il 25 febbraio.

Peter Benenson era nato a Londra, il 31 luglio 1921, figlio unico di Harold Solomon e di Flore Benenson, una famiglia ebraica di origine russa. Sedicenne, per non far torto a quel che sarebbe diventato da grande, cominciò a organizzare campagne di solidarietà, la prima in favore degli orfani della guerra civile spagnola, poi, durante la Seconda Guerra mondiale, per aiutare due giovani ebrei a sottrarsi alla persecuzione nazista. E così via. Nel 1957, quando ormai da anni esercitava la professione di avvocato, fondò “Justice”, un’organizzazione in difesa dei diritti dell’uomo. Data all’anno seguente la sua conversione al cristianesimo, con l’ingresso nella chiesa cattolica. Nel 1961, dopo aver letto dell’arresto e della condanna, a Lisbona, di due giovani che avevano brindato in pubblico alla libertà delle colonie portoghesi, pubblicò su un settimanale londinese un appello per una campagna di 12 mesi finalizzata alla liberazione di tutti i prigionieri per motivi di opinione. La risposta entusiasta che la proposta ricevette ovunque convinse Benenson e due suoi amici, Sean MacBridge e Eric Baker, a creare Amnesty International, un movimento globale di attivisti per i diritti umani, impegnati a denunciare le ingiustizie dei governi ed esprimere solidarietà fattiva verso le vittime. Lungo tutta la sua vita questi interessi non sarebbero mai venuti meno, anche quando scelse per un periodo di lasciare ogni incarico nell’organizzazione. Negli anni ’80, divenne il presidente di una neonata “Associazione di Cristiani contro la Tortura” e, all’inizio del decennio successivo, dedicò tutte le sue energie ad organizzare soccorsi per gli orfani del regime di Ceaucescu, in Romania. Nel 1986, per il venticinquennale di fondazione di Amnesty International, durante una cerimonia a Londra, Benenson accese una candela e disse queste semplici parole: “Questa candela non brucia per noi, ma per tutte quelle persone che non siamo riuscite a salvare dalla prigione, che sono state uccise, torturate, rapite, scomparse. Per loro brucia la candela di Amnesty International”. Morì il 25 febbraio 2005 al’ospedale John Radcliff di Oxford.

Noi abbiamo sottomano testi relativi alle memorie di oggi. Scegliamo cosí di proporvi, nel congedarci, la pagina di un padre del deserto, Giovanni di Licopoli (305-395), come sussidio per questo tempo quaresimale. Lo troviamo nel sito di spiritualità cristiana ortodossa “Nati dallo Spirito” ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Chiesero ad abba Giovanni di Licopoli: “Padre santo, noi desidereremmo che tu ci dicessi e ci indicassi cosa dobbiamo fare per la salvezza delle nostre anime, affinché possiamo trovare misericordia presso il Signore per la tua preghiera”.Il santo abba Giovanni rispose loro: “Io sono un principiante. Sono io ad aver bisogno di qualcuno che mi indichi la retta via”. Quando insistettero, li ammaestrò dicendo: “Sappiate, fratelli miei, che, prima di tutto, dovete diventare umili in ogni vostra cosa e dovete fare memoria delle vostre colpe passate e pentirvene di tutto cuore, chiedendo misericordia e perdono a Dio. Evitate di profferire parole menzognere perché essere tolgono dai cuori il timore di Dio. Non diffamate nessuno per non rattristare l’anima. Procuratevi il bene affinché il Signore vi benedica. Fate vostri gli errori dei vostri fratelli e non li divulgate. Siate miti, dolci, compassionevoli perché ciò è il principio della salvezza. Fuggite dalla gente e confidate sull’umiltà perché è ciò che vi salva da tutti i misfatti e le colpe. Non siate cattivi perché non vi capiti qualcosa di brutto. Onorate vostro padre perché la grazia del Signore discenda su di voi. Non vi incensate e non crediate di essere sapienti per non cadere in tentazioni. Abituate la vostra lingua a pronunciare parole d’umiltà, di docilità e di obbedienza verso tutti. Cercate la misericordia e il perdono presso il vostro Creatore poiché la misericordia divina giungerà a voi prontamente. Praticate queste tre abitudini: il lavoro manuale, la preghiera e la glorificazione del Signore. Pensate nel vostro intimo che di questa vostra vita non vi resta che l’oggi. Non peccate contro il Signore. Non siate ingordi. Non spazientitevi per il lavoro manuale per non cadere nelle trappole del nemico. Non siate pigri perché il pigro assomiglia a una casa abbandonata nella quale non v’è alcun bene. Soprattutto, chiediamo al Signore di sostenerci perché possiamo realizzare tutto questo. Siate mansueti perché la mansuetudine perdona i misfatti e le colpe”. (Abba Giovanni di Licopoli).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 25 Febbraio 2018ultima modifica: 2018-02-25T22:39:24+01:00da fraternidade
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