Giorno per giorno – 24 Febbraio 2018

Carissimi,
“Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt 5, 43-45). Forse, questo passo del Discorso della montagna rappresenta l’apice della rivelazione cristiana su Dio, e, perciò, anche, necessariamente, del salto che ci è chiesto, sul piano dell’agire nostro come uomini, per dare vita a un nuovo modello di civiltà, che traduca in realtà quell’essere creati a immagine e somiglianza di Dio, che il racconto delle origini ci aveva consegnato. Dio è amore, non solo per gli amici e i devoti – sarebbe ancora un dio pagano, proiezione dell’essere ancora animale dell’uomo, come è venuto emergendo nel tempo -, ma, amore gratuito, disinteressato, incondizionato, che si mette perciò in gioco, si dona a chi non lo merita, a chi addirittura lo odia e lo combatte, rischia, ogni volta di perdere e di perdersi, di essere rifiutato, eliminato, ucciso. Lui sa, e noi dovremmo ricordarlo – l’Eucaristia serve anche a questo – che è da questo sacrificio dell’io, che si consuma nel dono di sé e nel perdono, che può nascere l’uomo nuovo. Diversamente siamo ancora pagani. Altro che civiltà cristiana! Pronti come siamo a suggellare le nostre politiche di intolleranza e di odio, sventolando rosari e spergiurando sul vangelo. La Quaresima serve, dunque, a prendere atto dei nostri colpevoli ritardi, dei nostri tradimenti, del nostro offendere e calpestare il significato di Dio nella persona dei nostri fratelli e sorelle, quand’anche nostri e suoi nemici. E a porvi rimedio.

Oggi il calendario ci porta la memoria di Josef Mayr-Nusser, obiettore di coscienza e martire del totalitarismo nazista.

Josef Mayr era nato nel maso Nusser, alla periferia di Bolzano, il 27 dicembre 1910. Le notizie che disponiamo della sua infanzia e giovinezza non sono molte. La morte del padre, durante la prima guerra mondiale, aveva pesato sull’economia della famiglia, sicché Pepi, come lo chiamavano, aveva dovuto mettersi a lavorare giovanissimo in città. Questo gli offrì l’occasione di avvicinarsi all’associazionismo di matrice cristiana, prima le Conferenze di San Vincenzo, poi l’Azione cattolica, doveavrebbe maturato le convinzioni e le scelte decisive della sua vita. Nel 1943, subito dopo l’armistizio firmato dall’Italia, l’Alto Adige fu occupato dalle forze armate di Hitler e le province di Trento, Bolzano e Belluno furono annesse alla Germania. Josef, che nel frattempo si era sposato con Hildegard e ne aveva avuto un figlio, Albert, fu arruolato a forza tra le SS e inviato a Koenitz, nella Prussia orientale, per l’addestramento. Quando venne il giorno del giuramento, il 4 ottobre 1944, tra lo stupore dei commilitoni, Mayr dichiarò di non poter giurare fedeltà al Führer. Essere cristiani è una cosa seria, terribilmente seria. Che impedisce di mettersi ad adorare gli idoli del mondo. Anche quando tutti lo fanno. Processato, fu rinchiuso nel carcere di Danzica, sotto l’accusa di tradimento e infine fu destinato al campo di sterminio di Dachau. Mayr, già gravemente ammalato, a causa delle privazioni sopportate durante la prigionia, non vi sarebbe mai arrivato. Morì la notte del 24 febbraio 1945, nel vagone-bestiame del treno. Aveva fra le mani il rosario, un messale e il Nuovo Testamento.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro del Deuteronomio, cap.26, 16-19; Salmo 119, 1-8; Vangelo di Matteo, cap.5, 43-48.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Centanni fa, il 24 febbraio 1918, nasceva padre Camillo de Piaz, religioso dei Servi di Maria, compagno di avventure di padre David Maria Turoldo, membro della Resistenza al nazifascismo, prete scomodo prima del Vaticano II, padre spirituale di tanti credenti postconciliari, scomparso il 31 gennaio 2010 a quasi 92 anni d’età. Vogliamo ricordarlo, offrendovi in lettura un brano dell’intervista concessa ad Annachiara Valle, apparsa sul mensile Jesus, n. 3 del marzo 2010, con il titolo “Ribelle per amore”. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
“Eravamo nel mirino del Sant’Uffizio”, mi raccontava [padre Camillo] dondolandosi sulla sedia, “ma il Papa ci voleva bene. Papa Montini, intanto succeduto a Giovanni XXIII, a un certo punto mi aveva chiamato a Roma per affidarmi la cura del testo italiano della Populorum Progressio. Per la prima volta i testi non sarebbero stati solo in latino. Il testo originario era in francese perché il Papa l’aveva commissionata a un gruppo a lui molto vicino. Mi ricordo l’esultanza con la quale me ne andavo in giro per Roma con l’enciclica sotto braccio e con le annotazioni a penna di Paolo VI. Fu un testo importantissimo perché metteva in primo piano le tre liberazioni: delle classi oppresse, dei popoli oppressi e della donna. Quelli del Concilio e del post-Concilio erano proprio i nostri anni”. Di quel periodo ne parlava al passato, ma senza amarezze. Anche quando ammetteva che “oggi un po’ tutti stanno cercando di mettere in ombra il Concilio o di darne una lettura addomesticata”, non indulgeva alla disperazione. Lui, che aveva già passato la soglia dei novant’anni, spiegava a me “che non si deve perdere la speranza perché il Concilio non si può cancellare e lo Spirito Santo opera sul serio”. Per spiegarmelo mi aveva detto: “Pensa un po’ alla genesi della Lumen Gentium, il documento sulla Chiesa. Certo, è una Costituzione che aspetta ancora di essere sviluppata nelle sue conseguenze, ma guarda da dove siamo partiti. Per arrivare a questo documento si è stati capaci di rivoluzionare da cima a fondo il progetto preparatorio, mettendo al centro non la gerarchia, ma il popolo di Dio, anzi la Chiesa come popolo di Dio. Siamo lontani dall’aver tratto tutte le conseguenze di questo, c’è ancora molto da fare, ma il Concilio è lì, non si può far finta che non ci sia stato”. Il punto – insisteva ancora – è che “per essere fedeli al Vangelo bisogna fare come Davide, essere capaci di soffrire non solo pour l’Eglise, ma par l’Eglise, per mano della Chiesa. E devo dire che da questo punto di vista non ci è stato risparmiato quasi niente”. (Annachiara Valle, Camillo de Piaz. Ribelle per amore).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 24 Febbraio 2018ultima modifica: 2018-02-24T22:38:14+01:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo