Giorno per giorno – 06 Agosto 2017

Carissimi,
“Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui” (Mt 17, 1-3). Cosa sia davvero avvenuto quel giorno e cosa possa aver significato questo trasfigurarsi di Gesù davanti a tre dei suoi su quel monte, ciascuno è libero di immaginarlo come meglio crede. Luca, nel racconto che ne fa, aggiunge un particolare: che Mosè ed Elia parlavano con Gesù dell’esodo che si apprestava a compiere a Gerusalemme. Praticamente, parlavano della sua morte. Matteo lo lascia solo intuire, dato che, subito prima del fatto, Gesù proprio di questo aveva parlato ai discepoli (cf Mt 16, 21). C’è dunque, per Gesù e i discepoli, la scoperta, o la conferma, dell’intimo nesso esistente tra la rivelazione biblica (Mosè ed Elia, cioè, la Legge e i Profeti) e l’evento della croce, che è, paradossalmente, manifestazione della gloria del Padre, come parola ultima dell’amore che regge il mondo e della libertà dell’uomo. Alla luce della quale siamo così chiamati a interpretare l’intera storia sacra e farne la chiave di trasformazione del mondo profano. Che profano, non è piú, da quando la Parola si è fatta carne, per trasfigurarci in essa. Dando senso ad ogni cosa (anche alle nostre croci), nella prospettiva della salvezza finale, che ci libererà dai gemiti di questo parto che sembra non aver fine. Salvezza di cui noi, qui ed ora, possiamo pur sempre tentare qualche esperimento e anticipazione. Nella forma della reciproca cura. Trasfigurazione. Dona Cristina raccontava ieri sera che suo nipote, dopo che ha perso la figlia di undici anni, quando qualcuno ha pensato di parlargli di Dio, ha risposto secco: “Non parlatemi di quell’uomo (ha detto proprio uomo, per dire di Dio); io ho un conto in sospeso con lui!”. Noi non sappiamo come, ma un giorno, forse, il mistero della trasfigurazione saprà parlare anche al nipote di dona Cristina e fargli superare lo scandalo che ha vissuto. Di un Dio che non fa il suo dovere.

Oggi il calendario delle Chiese d’oriente e d’occidente ricorda la Festa della Trasfigurazione di Gesù.

Istituita, probabilmente nel V secolo, nella chiesa siriaca per ricordare la dedicazione di una chiesa sul Monte Tabor, si estese successivamente alla Chiesa bizantina, nella Spagna mozarabica e nella liturgia monastica dell’Occidente. Il papa Callisto III, ne fissò la data al 6 agosto, per celebrare il fatto che in quel giorno, nel 1456, giunse a Roma la notizia della vittoria a Belgrado contro i turchi. Come dire, uno che non aveva capito nulla del mistero che celebrava. E il Buon Dio, che è misericordia infinita, per non smentirsi, non potè neanche fulminarlo. Come in un primo momento dev’esserGli venuto in mente di fare.

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della festività che celebriamo e sono tratti da:
Profezia di Daniele, cap.7, 9-10.13-14; Salmo 97; 2ª Lettera di Pietro, cap.1, 16-19; Vangelo di Matteo, cap.17, 1-9.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

Il calendario ci porta anche la memoria di Paolo VI, il papa del Concilio.

La sera del 6 agosto 1978 moriva, a Castelgandolfo, il papa Paolo VI. Nato a Concesio (Brescia) il 26 settembre 1897, Giovanni Battista Montini, dopo aver prestato per molti anni i suoi servizi in Vaticano, fu nominato arcivescovo di Milano, il 1º novembre 1954, e poi eletto papa, il 21 giugno 1963, succedendo così a Giovanni XXIII. Alieno da ogni culto della personalità e, a livello personale, profondamente umile e schivo, seppe nondimeno condurre a termine il Concilio e avviare l’applicazione delle delibere conciliari, nonostante gli ostacoli e le incomprensioni che gli venivano da diversi fronti. Importante fu il suo contributo alla causa dell’ecumenismo e del dialogo, soprattutto con le Chiese orientali (storico fu il suo abbraccio con il Patriarca Athenagoras di Costantinopoli, a Betlemme, nel 1964) e con la Chiesa anglicana. Viaggiò molto per incontrare da vicino l’umanità al cui servizio si era votato. Né sempre ci riuscì, come inevitabilmente accade quando i governi si mettono di mezzo a fare da schermo a realtà scomode. Per loro. Scrisse numerose encicliche, tra cui ricordiamo qui l’Ecclesiam suam e la Populorum progressio, in cui denunciava l’iniquità dell’attuale modello di sviluppo, identificandosi con le speranze e le lotte dei poveri. Al card. Luciani, che gli sarebbe successo sulla cattedra di Pietro aveva confidato un giorno: “Forse il Signore mi ha chiamato a questo servizio non già perché io abbia qualche attitudine o io governi e salvi la Chiesa dalle sue presenti difficoltà, ma perché io soffra qualcosa per la Chiesa e sia chiaro che Cristo, non altri, la guida e la salva. Il Papa ha le pene, che gli provengono anzitutto dalla propria insufficienza umana, quale ad ogni istante si trova di fronte e quasi in conflitto con il peso enorme e smisurato dei suoi doveri e della sua responsabilità. Ciò arriva talvolta sino all’agonia”.

Ogni anno, in questa data, noi ricordiamo anche l’evento terribile della bomba atomica sganciata su Hiroshima, il 6 agosto 1945. Segno del potenziale distruttivo che sta nelle mani dell’uomo, della sua capacità di negare il dono di Dio. Idolo dell’odio e della guerra. E richiamo, perciò alla responsabilità che grava su ognuno di noi per la salvaguardia della pace nel mondo. E perciò del mondo.

Oggi sono quindici anni che funziona la Chácara Paraíso, per il recupero/trasfigurazione dei nostri amici tossicodipendenti. La festa di oggi è stata segnata dall’inaugurazione di un nuova unità, che funzionerà per un certo tempo come tappa preliminare al processo terapeutico vero e proprio, e in futuro sarà invece una struttura per l’accoglienza di donne con problemi di dipendenza.
È anche la festa della nostra comunità di Fé e Luz, che, proprio per questo, si chiama “Noi… la Sua tenda”: riunisce in una famiglia persone con deficit intellettuale, ma con grande capacità di amare e di ricevere amore, i loro famigliari e i loro amici e amiche di ogni età. Beh, mettiamo tutto questo nella vostra preghiera amica.
È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, lasciando la parola a Paolo VI, con un brano del suo “Pensiero alla morte” (Libreria Editrice Vaticana). Che è, per oggi, il nostro
PENSIERO DEL GIORNO
Ricordo il preannuncio fatto dal Signore a Pietro sulla morte dell’apostolo: “In verità, in verità ti dico… quando sarai vecchio, tenderai le tue mani, e un’altro ti cingerà e ti porterà dove tu non vuoi. Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: Seguimi” (Gv 21, 18-19). Ti seguo; ed avverto che io non posso uscire nascostamente dalla scena di questo mondo; mille fili mi legano alla famiglia umana, mille alla comunità, ch’è la Chiesa. Questi fili si romperanno da sé; ma io non posso dimenticare che essi richiedono da me qualche supremo dovere. “Discessus pius”, morte pia. Avrò davanti allo spirito la memoria del come Gesù si congedò dalla scena temporale di questo mondo. Da ricordare come Egli ebbe continua previsione e frequente annuncio della sua passione, come misurò il tempo in attesa della “sua ora”, come la coscienza dei destini escatologici riempì il suo animo ed il suo insegnamento, e come dell’imminente sua morte parlò ai discepoli nei discorsi dell’ultima cena; e finalmente come volle che la sua morte fosse perennemente commemorata mediante l’istituzione del sacrificio eucaristico: “Annunzierete la morte del Signore finché Egli venga”. Un aspetto su tutti gli altri principale: “ha dato se stesso per me”; la sua morte fu sacrificio; morì per gli altri, morì per noi. La solitudine della morte fu ripiena della presenza nostra, fu pervasa d’amore: “amò la Chiesa” (ricordare “le mystère de Jésus”, di Pascal). La sua morte fu rivelazione del suo amore per i suoi: “amò fino alla fine”. E dell’amore umile e sconfinato diede al termine della vita temporale esempio impressionante (cf la lavanda dei piedi), e del suo amore fece termine di paragone e precetto finale. La sua morte fu testamento d’amore. Occorre ricordarlo. (Paolo VI, Pensiero alla morte).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 06 Agosto 2017ultima modifica: 2017-08-06T20:52:39+02:00da fraternidade
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