Giorno per giorno – 07 Novembre 2016

Carissimi,
“È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!” (Lc 1, 1-2). Il discorso di Gesù era cominciato con lo scandalo sollevato da un gruppo di religiosi per il fatto che egli accogliesse e mangiasse con i peccatori (cf Lc 15, 2). Gesù sembra proprio non preoccuparsi dello scandalo patito da questa gente perbene (dovremmo ricordarcene anche noi più spesso), a lui preme lo scandalo che patiscono i piccoli, i poveri, gli ultimi arrivati, quelli che, in vario modo, non ce la fanno, di fronte al disprezzo, all’indifferenza, all’emarginazione, all’esclusione di cui sono fatti oggetto. Per questo scandalo, questo ostacolo, a volte insormontabile, che i cosiddetti buoni frappongono alla fede in una vita sotto il segno della benedizione che vorrebbero nutrire quanti essi giudicano, forse, scorie dell’umanità, Gesù pronuncia le parole terribili che ne dicono tutta la malvagità e, perciò, la sua repulsa. La malvagità dei buoni, la loro durezza e chiusura del cuore, è di gran lunga peggiore della malvagità dei cattivi, che almeno sanno di esserlo. Ieri, a Roma, in san Pietro, si è celebrato il giubileo dei detenuti. Che sarà servito a dir loro che almeno qualcuno nella Chiesa pensa a loro come figli di Dio. Ma bisognerà pure che trovino chi lo pensa anche fuori (se non figli di Dio, perché non ci si crede, almeno figli dell’uomo, degni sempre e comunque di rispetto) e agisce di conseguenza, per reintegrarli, a pieno titolo, nel consorzio umano. E così per ogni altra categoria di persone. E se c’è chi sbaglia, persino in continuazione (“sette volte al giorno”), nella società, nella comunità, in famiglia, tu, accogliendolo, lo perdonerai. Perché noi, per primi, abbiamo sperimentato l’accoglienza, la misericordia e il perdono di Dio. Se no, con che animo ci potremo dire cristiani?

Oggi è memoria di Pietro Wu Gousheng, catechista e martire in Cina; e di Augusto Rafael Ramírez Monasterio, francescano martire in Guatemala.

Nato nel 1768 a Longping, nella provincia cinese del Guizhou, in una famiglia povera, non cristiana, Wu Gousheng era cresciuto con una forte passione per la giustizia, che lo portava in ogni occasione a prendere le difese dei più poveri e oppressi. Lavorando duro, riuscì a risparmiare il sufficiente per aprire una locanda. Un giorno ricevette due ospiti cristiani, Xu e Leng, mandati ad aprire la strada alla presenza missionaria a Longping. I due notarono che Gousheng era schietto, generoso ed estroverso, oltre che conosciuto e rispettato nella regione. E cominciarono a parlargli della fede cristiana, convincendolo presto ad aderire ad essa. Nel 1795 ricevette il battesimo, assumendo il nome di Pietro. Il cambiamento che questo determinò nella sua vita e l’impegno a vivere sempre più profondamente la testimonianza all’Evangelo, indussero i missionari a farlo responsabile dei cristiani di quella regione. In poco tempo si contarono a centinaia coloro che avevano deciso di aderire alla nuova fede. Nel 1814 scoppiò una violenta persecuzione contro i cristiani e il 3 aprile di quell’anno Pietro Wu Gousheng fu arrestato. Durante il processo fu sottoposto ad ogni specie di tortura, sopportate con incredibile pazienza e coraggio. Richiesto di calpestare il crocifisso e di rinnegare la fede cristiana, rifiutò. Condannato a morte, la sentenza venne eseguita il 7 novembre 1814. Il 1° Ottobre dell’anno 2000, Giovanni Paolo II lo canonizzò assieme ad altri 119 martiri cinesi.

Augusto Rafael Ramírez Monasterio era nato a Città del Guatemala, il 5 novembre 1937, ultimo dei nove figli di Trinidad Monasterio e di Valerio Ramirez. Nel 1953 entrò nel Collegio francescano di Diriamba, in Nicaragua, dove concluse il ciclo degli studi secondari nel 1957. L’anno successivo entrò nel noviziato dei frati minori nel Convento di Santa Ana del Monte, a Jumilla, in Spagna, dove il 26 dicembre 1959 fece la sua professione semplice. Dopo gli studi di filosofia e teologia, fu ordinato sacerdote il 18 giugno 1967. Il 1º agosto, fece ritorno in patria e fu nominato vice rettore e poi rettore del Collegio, dove era già stato alunno. Dopo un ulteriore corso di studi a Salamanca, in Spagna, dal 1972 al 1975, tornato in patria, fu nominato direttore del seminario minore francescano nella cittá di Antigua Guatemala. Dal 1978 al 1983 fu eletto consigliere della Custodia Francescana e parroco della chiesa di S. Francesco di quella stessa città. La sua attività pastorale fu tutta caratterizzata dall’attenzione ai più poveri ed emarginati, e dall’impegno nella formazione ai valori evangelici dei gruppi giovanili. Ripetutamente minacciato di morte, arrestato illegalmente, torturato e poi rilasciato dalla polizia locale, due giorni dopo il suo compleanno, il 7 novembre 1983, fu sequestrato subito dopo essere uscito da casa della sorella, dove si era recato in visita. Il suo cadavere fu ritrovato nel pomeriggio del giorno dopo.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera a Tito, cap.1, 1-9; Salmo 24; Vangelo di Luca, cap.17, 1-6.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

E, per stasera, è tutto. Prendendo spunto dalla memoria di Augusto Rafael Ramírez Monasterio, scegliamo di congedarci, offrendovi in lettura una pagina del teologo naturalizzato salvadoregno Jon Sobrino, tratta dal saggio “Redenzione della globalizzazione: le vittime”, apparso nella rivista Concilium 5/2001 dedicata a “La globalizzazione e le sue vittime”. È, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La tradizione biblico-cristiana è esperta sul tema della redenzione/salvezza e sui dinamismi che entrambe le cose generano. La salvezza comporta promessa e, correlativamente, speranza, ma la sua specificità è che nasce dalla fragilità e dalla piccolezza: un’anziana sterile, il piccolo popolo di Israele, la piccola Betlemme, un ebreo marginale… La fragilità e la piccolezza stanno al centro del dinamismo della salvezza. […] Questa tradizione del piccolo come portatore di salvezza attraversa la Scrittura, ma c’è di più. Nell’Antico Testamento appare la misteriosa figura del servo sofferente di Jahweh che non è solo “povero”, “piccolo”, ma anche “vittima”. Orbene, questo servo è l’eletto di Dio per togliere il peccato del mondo e portare salvezza. […] Vogliamo ora incentrare la nostra attenzione su questo servo. Diciamo subito che le vittime della globalizzazione possono essere, cristianamente e paradossalmente, il suo principio di redenzione, e se esse non riceveranno una fondamentale considerazione essa non diventerà mai una globalizzazione umana.[…] Nel nostro linguaggio, il servo sono oggi i “popoli crocifissi”, che caricano sulle proprie spalle il peccato di questo mondo, oggi il peccato della globalizzazione. Mons. Romero, con un linguaggio pastorale, diceva alle contadine e ai contadini di Aguilares, popolo massacrato: “Voi siete il divino violato” (Omelia, 19 giugno 1977). Il servo è ad un tempo Cristo liberatore e il popolo sofferente (cfr. Omelia, 21 ottobre 1979). Giovanni Paolo II ha avuto l’audacia di dire in Canada nel settembre del 1985 che nel giorno del giudizio i popoli poveri giudicheranno quelli che li opprimono, ma nel Terzo mondo andiamo oltre: ora i popoli crocifissi offrono loro salvezza. Un esempio dell’Asia. I poveri, non perché siano santi ma perché sono coloro che non hanno potere, i negletti, sono scelti per una missione, “sono convocati per essere mediatori della salvezza dei ricchi e i deboli sono chiamati a liberare i forti” (A. Pieris). Un esempio dell’Africa (interecclesiale, ma che rivela la stessa intuizione): “La Chiesa dell’Africa, in quanto africana, ha una missione per la Chiesa universale. La Chiesa dell’Africa è il cuore violato di Cristo in questo corpo lacerato della Chiesa universale. [ … ] Mediante la sua povertà e umiltà deve ricordare a tutte le Chiese sorelle l’essenziale delle beatitudini e annunciare la buona novella della liberazione a coloro che sono succubi della tentazione del potere, delle ricchezze e del dominio” (p. Mveng). (Jon Sobrino, Redenzione della globalizzazione: le vittime).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 07 Novembre 2016ultima modifica: 2016-11-07T22:19:16+01:00da fraternidade
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