Giorno per giorno – 28 Ottobre 2016

Carissimi,
“Quando fu giorno, Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore” (Lc 6, 13-16). Di come siano finiti i Dodici, sappiamo poco o nulla, solo qualche vaga tradizione, che li vuole quasi tutti martiri, dopo aver portato il vangelo, secondo il mandato ricevuto da Gesù, qualcuno fino agli estremi confini della terra, almeno quelli allora conosciuti, o, comunque, fondato qua e là comunità che lungo i secoli fino ad oggi, si richiamano ancora ai loro nomi. In maniera e misura, certo diversa, chiamati e inviati, ce lo dicevamo stasera, nella chiesetta dell’Aparecida, lo siamo stati anche noi. Che buona notizia abbiamo annunciato e testimoniato? Dove abbiamo vacillato, arretrato o, forse, persino, tradito? E, tuttavia, ci sentiamo parte di un corpo, la Chiesa, continuamente perdonato, restaurato e rimesso in piedi, o ci attardiamo a puntare il dito, a giudicare, accusare, condannare, sentendoci, miseri come siamo, migliori degli altri?

Oggi è memoria di due dei Dodici: Simone Zelota e Giuda Taddeo, apostoli.

Simone, detto lo Zelota, originario di Cana di Galilea, appare nell’elenco degli apostoli assieme a Giuda, chiamato Taddeo. Il soprannome del primo lascia intendere che, prima di porsi al seguito di Gesù, appartenesse al partito degli “zeloti” (sostenitori della lotta armata contro l’occupazione straniera), o che, per lo meno, ne fosse stato simpatizzante. Giuda, secondo il Vangelo di Giovanni, è colui che durante l’ultima cena, a Gesù che diceva: “Ancora un po’ e il mondo non mi vedrà più, ma voi mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete” (v. 14,19) domanda: “Signore, perché mai ti manifesterai a noi e non al mondo?” (v. 22). Al che Gesù risponderà: Chi non ama non vive la mia Parola [e si chiude così ad ogni possibile manifestazione dell’amore] (cf v.24). Un’antica tradizione vuole che i due abbiano sofferto il martirio in Persia.

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della festività odierna e sono tratti da:
Lettera agli Efesini, cap. 2,19-22; Salmo 19; Vangelo di Luca, cap.6,12-16.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

Simão abitava da anni con la compagna, Dominga, e la famiglia di lei, quasi tutti con grave ritardo mentale e con problemi di alcolismo, in una casupola, che dà sul corrego da Prata, al lato del monastero, ed era, some se non bastasse il resto, malato da tempo, e entrava e usciva dall’ospedale. Lui, con certezza, non sapeva neppure che oggi sarebbe stata la memoria del suo santo protettore, dato che qui non si usa festeggiare l’onomastico, e poi, in ogni caso, san Giuda Taddeo, contando su un buon numero di devoti, ha la precedenza sul suo compagno di calendario. Ebbene, proprio ieri notte Simone l’apostolo si è venuto a prendere Simão, forse solo per vederlo stare meglio. Dominga gli si era stesa accanto, poi l’ha sentito troppo fermo, e silezioso e freddo. L’hanno vegliato in casa a lume di candela. Noi lo si è saputo che l’avevano già portato al cimitero.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano della riflessione, dedicata da Benedetto XVI, durante l’udienza generale dell’11 ottobre 2006, alla figura dell’apostolo Simone Zelota. Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Simone riceve un soprannome che varia nelle quattro liste [degli evangelisti]: mentre Matteo e Marco lo qualificano “cananeo”, Luca lo definisce “zelota”. In realtà, le due denominazioni sono equivalenti perché significano la stessa cosa: nella lingua ebraica, infatti, il verbo ‘qana’ significa “essere geloso, appassionato” e può essere così utilizzato sia a proposito di Dio, in quanto geloso del popolo che si è scelto, sia degli uomini che bruciano di zelo nel servire il Dio unico con dedizione totale, come Elia. È quindi possibile che questo Simone, se non apparteneva al movimento nazionalista degli Zeloti, si caratterizzasse comunque per uno zelo ardente per l’identità giudaica, quindi per Dio, per il suo popolo e per la legge divina. Se è così, Simone si situa agli antipodi di Matteo, che al contrario, come pubblicano, proveniva da un’attività considerata del tutto impura. Questo è il segno evidente che Gesù chiama i suoi discepoli e collaboratori dai più diversi orizzonti sociali e religiosi, senza alcun pregiudizio. Sono le persone che gli interessano, non le categorie sociali o le etichette! Ed è bello vedere che nel gruppo dei suoi seguaci, tutti, benché diversi, coesistevano insieme, superando le difficoltà immaginabili. Infatti, Gesù stesso era il motivo di coesione, in cui tutti si ritrovavano uniti. Questo costituisce chiaramente una lezione per noi, spesso inclini a sottolineare le differenze e anche le opposizioni, dimenticando che in Gesù Cristo ci è stata data la forza di conciliare le nostre differenze. Ricordiamo, inoltre, che il gruppo dei Dodici è la prefigurazione della Chiesa, in cui ci deve essere spazio per tutti i carismi, i popoli, le razze, tutte le qualità umane, che trovano la loro composizione e la loro unità nella comunione con Gesù. (Benedetto XVI, Udienza Generale dell’11 ottobre 2006)

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 28 Ottobre 2016ultima modifica: 2016-10-28T22:32:54+02:00da fraternidade
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