Giorno per giorno – 18 Ottobre 2016

Carissimi,
“La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa!” (Lc 10, 2-5). Il vangelo di oggi, che racconta la designazione e l’invio in missione dei settantadue discepoli, ci era proposto per via della memoria dell’evangelista Luca. Per la comunità Evangelho é Vida, che si è ritrovata stasera a casa di Ném e Djari, l’aggancio alle missioni popolari che abbiamo vissuto a fine luglio è stato abbastanza naturale. Lo stile che le ha caratterizzate non era poi così distante dalle istruzioni date da Gesù ai suoi. Ogni giornata cominciava, presto, con la preghiera in comune, l’ascolto del vangelo, la condivisione della Parola, poi, subito dopo colazione, gli “operai” che avevano in precedenza comunicato la loro disponibilità – per le scuole era l’ultima settimana di vacanze invernali – accompagnavano il seminarista Wagner nelle vie del bairro, bussavano alle porte, e, se li si riceveva, instauravano, con chi vi si trovava, un dialogo che, partendo dalla realtà concreta della vita, cercava di guardarla poi alla luce della Parola di Dio, alla ricerca di orientamenti nuovi che potessero suggerire trasformazioni in grado di dire la pace e la gioia delle relazioni nuove del Regno. Che, al momento, anche sotto la spinta della novità della cosa, poteva sembrare pure facile, salvo scoprire subito dopo quanto grandi siano gli ostacoli che si frappongono a un cambiamento reale e profondo. Beh, come si è detto nella celebrazione conclusiva della missione, questa non teminava affatto, era anzi solo cominciata. Si tratta, infatti, di mantenere lo slancio iniziale e di vedere in che modo le comunità di base di questa chiesa riescano davvero, non episodicamente, ad essere presenza viva che testimonia una maniera diversa e alternativa di stare nel mondo e nella chiesa, e che ha il suo fulcro nella persona di Gesù. Il tutto con la semplicità che egli esige dai suoi.

Il calendario ci porta la memoria di Luca evangelista, “scriba della misericordia”, a cui noi aggiungiamo quella del vescovo Giacomo Lercaro, profeta di una Chiesa povera con i poveri.

Secondo la tradizione, Luca era medico, originario di Antiochia, che all’epoca, era per importanza la terza città dell’impero romano. Dopo l’incontro con Paolo, si convertì al cristianesimo e accompagnò l’apostolo nei suoi viaggi missionari, diventando così un testimone prezioso della comunità cristiana delle origini. La tradizione gli attribuisce la redazione del terzo vangelo e gli Atti degli Apostoli, ma sono le lettere di Paolo a menzionarlo. È l’evangelista che dedica maggior spazio ai racconti d’infanzia di Gesù e alla madre di Gesù ed è il più sensibile ai temi della misericordia, del perdono e dell’amore preferenziale che Dio ha per i poveri e per gli ultimi.

Giacomo Lercaro nacque a Genova il 28 ottobre 1891. Entrato in seminario, fu ordinato presbitero nel 1914. Al termine del conflitto mondiale, si dedicò dapprima all’insegnamento nel seminario arcivescovile, e poi, dal 1937, fu prevosto della parrocchia di Maria Immacolata. Durante l’occupazione tedesca della città, a causa della sua azione a favore dei perseguitati, dovette rifugiarsi, sotto uno pseudonimo, in una casa religiosa. Nel 1947 fu nominato arcivescovo di Ravenna. Nel maggio 1948, aprì la casa ai primi ragazzi di quella che sarebbe stata la sua Famiglia. Trasferito nel 1952 alla sede metropolitana di Bologna e creato cardinale l’anno successivo, venne moltiplicando iniziative religiose volte in diverso modo a risaltare la centralità dell’Eucaristia e a valorizzare la dimensione liturgica nella vita della Chiesa. Clamorosa fu la sua protesta, nell’autunno 1956, per l’invasione dell’Ungheria da parte dell’esercito sovietico. Durante il Concilio Vaticano II, anche per la preziosa consulenza di don Dossetti, fu indiscusso protagonista sui temi della riforma liturgica, della pace, e della povertà della Chiesa. Nel 1966 l’amministrazione comunale di Bologna gli conferì la cittadinanza ordinaria. La ferma condanna dei bombardamenti americani in Vietnam, in occasione della 1ª Giornata mondiale per la pace, il 1° Gennaio 1968, fornì, incredibilmente, agli ambienti a lui ostili della Curia romana il pretesto per esigerne le dimissioni. Il 12 febbraio 1968, lasciata la cattedra di S.Petronio, si ritirò a Villa san Giacomo, continuando tuttavia a svolgere un’intensa opera evangelizzatrice in Italia e all’estero, finché la salute glielo permise. Si spense il 18 ottobre 1976.

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della festività odierna e sono tratti da:
2ª Lettera a Timoteo, cap.4, 10-17b; Salmo 145; Vangelo di Luca, cap.10, 1-9.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano della prolusione tenuta dal Card. Giacomo Lercaro al Congresso di Bologna sull’architettura sacra, dedicata alle forme e ai linguaggi della liturgia. Ci pare che, a fronte di posizioni che, periodicamente si riaffacciano a contestare in varia misura la riforma liturgica avviata dal Concilio Vaticano II, mantenga una sua funzione chiarificatrice. È questo, per oggi, il nsotro

PENSIERO DEL GIORNO
Nel secolo XVI-XVII le chiese della Compagnia di Gesù soppressero l’abside, addossando l’altare alla parete di fondo, in quanto l’accento portato sulle esigenze di vita attiva – controbilanciate nella spiritualità ignaziana dalla orazione mentale, eminentemente individualistica – portava a sopprimere il coro, espressione della pietà monastica, eminentemente comunitaria. Ma l’assemblea che si accoglie nella chiesa è quella della famiglia di Dio per l’incontro col Padre non in colloquio privato – “da solo a solo con Dio che amiamo e dal quale ci sentiamo riamati” – come santa Teresa definisce l’orazione mentale: colloquio tutto personale, individuale, se anche non individualistico, perché l’anima cristiana, inserita nel Corpo mistico, mai “rifugge dall’insieme delle membra” (S. Agostino). No: il colloquio qui è collettivo, come ad una riunione, anzi ad una tavola di famiglia. Perché – ed è forse qui talora il motivo di una incomprensione che può accentuarsi in reciproca diffidenza tra le istanze della chiesa e l’ispirazione dell’artista – perché la religiosità che la costruzione sacra cattolica esprime ed ispira non è il sentimento individuale dell’uomo privato che cerca Dio o si intrattiene con lui nell’intimità dello spirito o – per usare la parola di Gesù – “entra nella sua camera e chiude dietro di sé l’uscio e parla al Padre suo che vede nel segreto”: legittima e necessaria espressione dell’anima religiosa, questa preghiera privata. Consacrata nella storia dell’ascetica cristiana, che vi ha dedicato pagine insuperabili, l’orazione mentale, che di quel personale affettuoso colloquio con Dio è l’espressione più cospicua, ha, con i suoi stadi ascendenti fino alla contemplazione, nella vita e nella letteratura della chiesa, una documentazione ricchissima. A quella orazione, è ovvio, ciascuno, nei limiti della verità rivelata, porta il contributo della sua personalità e dei suoi particolari atteggiamenti, nella libertà di figlio di Dio che parla con somma riverenza, ma con estrema confidenza al Padre. La chiesa è costruita invece per accogliere il culto liturgico ed esprimerne e coltivarne lo spirito. Culto di Cristo capo, unico ed eterno sacerdote, che non ha successori. Ma culto anche delle membra che, inserite in lui, animate dal suo spirito, gerarchicamente coordinate, costituiscono il corpo mistico, la comunità crisiana, la chiesa. Non è dunque un’ispirazione individualistica e personale quella che anima la preghiera liturgica: preghiera di un corpo sociale, ha insita questa nota di superiore socialità, che il mistero dell’eucaristia nutre ed approfondisce creando – nella partecipazione di tutti i fedeli al corpo e al sangue del Signore – una misteriosa consanguineità con Cristo e tra di loro. (Card. Giacomo Lercaro, Prolusione al Congresso di architettura sacra, 23 settembre 1955).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 18 Ottobre 2016ultima modifica: 2016-10-18T22:24:28+02:00da fraternidade
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