Giorno per giorno – 13 Aprile 2015

Carissimi,
“In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito” (Gv 3, 5-6). Istruzioni, su cui ci sarebbe da perdere la testa, per chi, pur con le idee ancora piuttosto confuse a riguardo di Gesù, gli si avvicina, magari di nascosto dagli altri, perché, di questi tempi, si vergogna un po’, per chiedergli non sa bene che cosa, ma Gesù lo sa. E non a caso a Nicodemo, che non gli ha fatto nessuna domanda, risponde: Chi non rinasce dall’altro non può vedere il regno di Dio. E poi insiste: se uno non nasce di nuovo, da acqua e Spirito, non può entrare nel regno. E deve trattarsi di ciò che, più o meno, consapevolmente, cerchiamo tutti. Il regno, la terra senza mali, la vita buona e felice. Ora, acqua e Spirito alludono al battesimo. Dove il battesimo, però, non è un rito qualsiasi, ma è un passare da morte a vita, o meglio, attraverso la morte di croce, in cui, secondo Paolo, siamo battezzati e che è la scelta di vivere fino alle estreme conseguenze nella dimensione del dono di sé (il significato ultimo e decisivo di Gesù, salvezza di Dio), passiamo (la Pasqua è sempre un passaggio) dalla logica di morte del Sistema del dominio che regge il mondo all’esistenza stessa di Dio. Il che ha implicazioni pratiche non indifferenti ed esige scelte coerenti in ordine alla testimonianza che siamo chiamati a dare sul piano personale, famigliare, sociale, economico, politico e religioso. Che, se non ci fosse Lui e la sua grazia, ci sarebbe solo da rinunciarvi.

Oggi il nostro calendario ecumenico ci porta la memoria di Rabbi Giacobbe Isacco, detto “il Santo ebreo”.

Rabbi Yaacov Yitzchak nacque a Przedborz (Polonia), nel 1766, nella famiglia di Rabbi Asher, discendente di una famosa genealogia di rabbini e lui stesso predicatore. Da ragazzo, non voleva partecipare alla preghiera comunitaria; ed inutili erano stati rimproveri e percosse, finché il padre scoprì che, tutti i giorni, dopo la chiusura della sinagoga, il ragazzo si arrampicava sul muro e vi entrava per il tetto e se ne stava lì a recitare la sua preghiera. Durante il giorno, poi, aveva l’abitudine di pregare in un granaio, dove nessuno lo vedeva. Anche al bagno rituale, se ne andava tutto solo a mezzanotte, tuffandosi nell’acqua gelida, senza accendere il fuoco, come facevano invece gli altri durante il giorno. Poi, tornato a casa, si metteva a studiare la Kabbalà. A volte la giovane moglie lo trovava svenuto davanti al libro. Abitava ad Apta (Opatow), presso i suoceri. Lo conobbe Rabbi Moshe Löb di Sasow, e poi Rabbi Abramo Jehoshua Heschel, che ne vinsero per primi la ritrosia e lo convinsero ad unirsi ai chassidim. Manteneva sé e la famiglia, facendo il maestro elementare nei villaggi vicini, ma finiva per distribuire gran parte del suo salario ai poveri. Rabbi Davide di Lelow, che esercitò pure una grande influenza su di lui, gli fece incontrare Rabbi Giacobbe Isacco, detto il Chozeh, il “Veggente” di Lublino, di cui divenne il più stretto discepolo. Per evitare di confondere i due, per via dell’omonimia, il nostro fu presto chiamato Ha-Yehudi, “l’Ebreo” e, più tardi, Ha-Yehudi ha-Kadosh, “il Santo Ebreo”. Il Chozeh , intuendone le doti spirituali, fece di lui il consigliere spirituale dei discepoli più giovani, a cui diede sempre esempio di grande umiltà, e ne insegnò il cammino. Alcune divergenze e incomprensioni che si manifestarono tra il discepolo e il maestro, indussero il nostro ad aprire una sua comunità, con l’aiuto del suo compagno e scolaro Rabbi Bunam. Nacque così la scuola di Pžysha (l’attuale Przysucha, in Polonia), che poneva una particolare enfasi sullo studio della Torah accompagnato dalla preghiera. Evitando però di trasformare questa nell’esecuzione di un arido precetto, con orari e modi predeterminati. Questa impostazione alimentò però la diffidenza dei seguaci del Veggente di Lublino nei confronti della Scuola di Pžysha. Inutilmente il Santo Ebreo tentò un riavvicinamento all’antico maestro. Morì a quarantotto anni, nel 1813, quando le sue forze erano ancora nel pieno vigore. L’insegnamento a cui ispirò la sua vita lo riassunse egli stesso in questa parole: “Il perseguimento della giustizia deve avvenire con giustizia e non con menzogna”.

I testi che la litugia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.4, 23-31; Salmo 2; Vangelo di Giovanni, cap.3, 1-8.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

“L’utopia è come l’orizzonte: cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare“Lo diceva lo scrittore Eduardo Galeano, una delle grandi voci della nostra America Latina, che ci ha lasciato oggi. Nello stesso giorno in cui da voi è mancato un altro grande della letteratura contemporanea, Günter Grass. Noi scegliamo di congedarci, lasciando la parola a Eduardo Galeano, con un suo testo che che ha conosciuto nel tempo piccole aggiunte o variazioni, ma la cui sostanza non cambia. È “Il diritto di sognare”. In qualche modo, una maniera di immaginare e cominciare possibilmente a sperimentare una sorta di laica risurrezione accessibile a tutti. Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Anche se non possiamo indovinare il tempo che verrà, abbiamo almeno il diritto di immaginare ciò che desideriamo che sia. Le Nazioni Unite hanno proclamato lunghe liste di Diritti Umani, ma l’immensa maggioranza dell’umanità non ha altro che il diritto di vedere, ascoltare e tacere. Che ne dite se cominciassimo ad esercitare il mai proclamato diritto di sognare? Che ne dite se iniziassimo per un momento a delirare? Alla fine del millennio, andiamo a fissare gli occhi al di là dell’infamia per indovinare un altro mondo possibile. L’aria sarà pura di ogni veleno che non venga dalle paure umane e dalle umane passioni. Le persone non saranno guidate dall’automobile, né saranno programmate dal computer, né saranno comprate dal supermercato, né saranno guardate dalla televisione. Il televisore non sarà più il membro più importante della famiglia. Le persone lavoreranno per vivere, invece di vivere per lavorare. Entrerà a far parte dei Codici Penali il delitto di stupidità, che commettono quanti vivono per avere o per guadagnare, invece di vivere per vivere soltanto, come canta il passero, senza sapere che canta, e come gioca il neonato, senza sapere che gioca. In nessun paese saranno arrestati i ragazzi che rifiutano il servizio militare, ma quelli che vorranno farlo. Gli economisti non chiameranno livello di vita il livello di consumo; né chiameranno qualità della vita la quantità delle cose. I cuochi non penseranno che alle aragoste piace essere bollite vive. Gli storici non crederanno che i paesi adorano essere invasi. Il mondo non sarà più in guerra contro i poveri, ma contro la povertà. E l’industria militare non avrà altro rimedio che dichiarare fallimento. Il cibo non sarà una merce, né la comunicazione un affare, perché il cibo e la comunicazione sono diritti umani. Nessuno morirà di fame, perché nessuno morirà di indigestione. I bambini di strada non saranno trattati come se fossero immondizia, perché non ci saranno bambini di strada. I bambini ricchi non saranno trattati come se fossero denaro, perché non ci saranno bambini ricchi. L’educazione non sarà un privilegio di chi può pagarla, la polizia non sarà la maledizione di chi non può comprarla. La giustizia e la libertà, gemelle siamesi, condannate a vivere separate, torneranno ad essere unite, torneranno ad unirsi vicine vicine, spalla a spalla. In Argentina, le pazze di Piazza di Maggio saranno un esempio di salute mentale, perché si sono rifiutate di dimenticare in tempi di amnesia obbligatoria. La perfezione continuerà ad essere il noioso privilegio degli dei, ma in questo mondo, in questo mondo triste e maledetto, ogni notte sarà vissuta come se fosse l’ultima, e ogni giorno come se fosse il primo. (Eduardo Galeano, Il diritto di sognare).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 13 Aprile 2015ultima modifica: 2015-04-13T22:11:19+02:00da fraternidade
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