Giorno per giorno – 12 Aprile 2015

Carissimi,
“Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: Abbiamo visto il Signore! Ma egli disse loro: Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo” (Gv 20, 24-25). Padre Paulo, stamattina, diceva che questi otto giorni dalla risurrezione non avevano cambiato granché nei discepoli. La paura infatti dominava, la sera della domenica, quando Gesù si manifestò loro, che se ne stavano al chiuso e al sicuro, probabilmente per timore di fare la stessa fine del Maestro. E la paura ce li fa ritrovare nuovamente chiusi in casa la domenica successiva, come fosse oggi. L’unico che dal racconto si desume che se ne uscisse tranquillamente, anche se certo con un magone che non riusciva a vincere, era Tommaso. Che fosse un coraggioso il vangelo ce lo aveva già fatto sapere quando i discepoli avevano tentato di dissuadere Gesù dal recarsi a Betania, dicendogli “Rabbì, poco fa i giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?” (Gv 11, 8). Al che Tommaso aveva replicato: “Andiamo anche noi a morire con lui” (Gv 11, 16). Anche se poi, nel momento cruciale, deve averci ripensato. Ma, in genere, coraggioso, doveva esserlo. Tommaso (in aramaico Teomā) significa “gemello” – anche se non ci è detto se lo fosse davvero di qualcuno e di chi. Non era quindi un nome, ma solo, al più, un soprannome, appioppatogli forse da Gesù o dagli altri discepoli, a motivo delle sue origini, o inventato dall’evangelista. Perché ci fosse, nelle comunità, chi trovasse motivo di specchiarsi in lui, nei suoi atteggiamenti. Dunque, il nostro coraggioso, che non doveva avere una grande considerazione per i suoi compagni, che affermavano di aver visto il Signore, ma continuavano paurosi, come e più di prima, smentendosi, perciò, lancia la sua sfida: credere a voi non posso, ma crederò a Lui, se viene e mi mostra il segno dei chiodi e la ferita nel fianco. Ed era una sfida a Dio, al come è di Dio. Perché anche noi lo si sapesse una volta per tutte, com’è davvero Dio. E Lui, viene, paziente e, ce lo immaginiamo noi, ironico (ora, da risorto, poteva anche permettesserlo), e lo chiama: vieni qui, Gemello, guarda come è Dio. Dio è dare la vita, ogni volta, perché l’altro viva. Scrivilo nel tuo catechismo e predica solo questo. Ora, i nostri catechismi cosa insegnano?

I testi che la liturgia di questo Ottavo Giorno e 2ª Domenica di Pasqua (detta anche della Divina Misericordia), propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.2, 42-47; Salmo 118; 1ª Lettera di Pietro, cap. 1, 3-9; Vangelo di Giovanni, cap.20, 19-31.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le chiese e comunità cristiane.

Il calendario ci porta la memoria di don Primo Mazzolari, profeta di pace e di non-violenza, e di Valdes (o Valdo), riformatore della Chiesa.

Primo Mazzolari era nato al Boschetto, frazione di Cremona, il 13 gennaio 1890, da Luigi e Grazia Bolli, una famiglia di piccoli affittuari contadini. Entrato in seminario dodicenne, fu ordinato prete il 24 agosto 1912. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, chiese ed ottenne di essere arruolato e, nel 1918 fu mandato come cappellano militare sul fronte francese, dove restò fino alla fine della guerra. Nel 1920, fu nominato parroco a Bozzolo e, due anni più tardi, a Cicognara, un paese a forte tradizione socialista, dove rimase per dieci anni. Qui iniziò la sua opposizione al fascismo. Ritornato a Bozzolo, nel 1932, prese a pubblicare i suoi scritti, in cui, con coraggio e onestà, segnalava limiti e manchevolezze della Chiesa, nonché l’esigenza per l’Italia di una profonda riforma morale e culturale. Il che, dati i tempi, si tradusse in grane, a livello ecclesiastico e politico. Durante la drammatica e opprimente esperienza della Repubblica Sociale Italiana, don Primo approfondì i suoi contatti con la Resistenza, al punto di essere arrestato. Rilasciato, passò l’ultimo periodo in clandestinità. A partire dal 1945, sue preoccupazioni maggiori furono l’impegno per l’evangelizzazione, la pacificazione, la costruzione di una società più giusta, il dialogo con i lontani. Nel gennaio 1949 fondò e diresse il periodico “Adesso” la cui pubblicazione fu sospesa, per l’intervento del Vaticano, nel febbraio 1951, riprendendo solo nel novembre, con la direzione di un laico. Nel 1955 apparve anonimo Tu non uccidere, con cui il parroco di Bozzolo si faceva sostenitore dell’obiezione di coscienza, pronunciando un durissimo atto di accusa contro tutte le guerre. Nel novembre del 1957, chiamato da mons. Montini, predicò alla Missione di Milano. Nel febbraio 1959, infine, il nuovo papa, Giovanni XXIII, lo ricevette in udienza in Vaticano. L’accoglienza ricevuta, come ebbe a dire ritornando a Bozzolo, lo ripagava di ogni amarezza sofferta. Morì poco tempo dopo, il 12 aprile 1959.

Valdes era nato a Lione nel 1140. Divenuto mercante, praticando l’usura senza troppi scrupoli, si era ben presto arricchito. Una domenica, udì raccontare da un trovatore le vicende e la morte di sant´Alessio, che era vissuto come mendicante nella casa del proprio padre. Commosso, l’indomani mattina si recò ad una scuola di teologia per chiedere quale fosse la via più sicura che portasse a Dio. Gli risposero con la frase del Vangelo: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto ciò che hai e, il ricavato, dallo ai poveri”. Fu ciò che egli fece. Attorno a lui si radunarano presto molti seguaci, i “poveri di Lione”, con un programma di vita basato sulla povertà e sulla predicazione dell’evangelo, in uno stile di vita che intendeva seguire da vicino quello degli apostoli di Gesù. Le critiche mosse alle ricchezze del clero e la pratica della predicazione da parte dei laici, gli attirarono però la sconfessione delle autorità ecclesiastiche. Nel Concilio Lateranense (1179), papa Alessandro III, pur approvando le norme di vita dei suoi seguaci, aveva proibito loro la predicazione e la diffusione dei testi biblici. Nel 1184, tuttavia, Lucio III ritenne più sicuro scomunicarli, dando inizio ad un’aperta repressione, che costrinse i poveri di Lione a rifugiarsi nelle ospitali e sicure valli del Piemonte e del Delfinato. La condanna ufficiale e definitiva della Chiesa venne divulgata nel 1215. Due anni dopo, il 12 aprile 1217, Valdes moriva. Dall’esempio e dalla predicazione sua e dei poveri di Lione nacque la Chiesa Valdese, di cui furono caratteristiche lungo i secoli la rinuncia al potere politico, all’uso della forza e all’alleanza con le potenze del mondo.

Per stasera, è tutto. Noi ci congediamo, offrendovi in lettura una parola di don Primo Mazzolari, tratta dal suo libro “Tempo di credere” (Vittorio Gatti Editore), che potete trovare in rete, nel sito di Atma o Jibon-Spirito e vita. Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il Signore è in croce proprio per questo: muore in croce perché noi non siamo buoni. Egli non è indifferente, come non è indifferente vostra madre se non vi prende per il collo e non vi costringe a stare in casa quando voi volete andare a perdervi. Ecco quello che io vorrei che voi capiste come una delle lezioni più grandi della misericordia di Dio. Noi dobbiamo ringraziarlo per questa libertà che ci ha dato. La professione cristiana non è qualcosa di obbligato e di forzato, ma è una semplice, spontanea, cordialissima adesione da parte nostra. Dobbiamo ringraziarlo perché Egli è il solo che ci rispetta. Nessuno ci ha obbligato ad inginocchiarci nella Pasqua; nessuno ci ha portati qui alla balaustra; nessuno ci ha portati in chiesa; nessuno ci obbliga ad essere buoni. C’è soltanto un invito: l’invito divino che ha la capacità di rifare, di rimettere a posto, di ricostruire. […] La Pasqua è bella perché è il segno della misericordia di Dio che ha impresso, sul volto di ogni uomo, i segni della Redenzione. Noi possiamo diventare cattivi, ma Cristo rimane infinitamente buono e infinitamente aperto alle nostre miserie. Vale di più saper ricostruire che distruggere. E questo è il segno più bello della bontà onnipotente ed inesausta di colui che è venuto ad aprire il Paradiso su questa terra. Voi sapete cos’è il Paradiso ? Il paradiso è sentire che c’è un cuore divino che non si stancherà mai di battere per l’uomo, anche se l’uomo lo rinnega; che c’è qualcuno che non si stancherà mai di spalancare le sue braccia, anche se noi andiamo lontano. Qualcuno che è disposto a lasciarsi spaccare il cuore per dare un porto a questo povero mondo. (Don Primo Mazzolari, Tempo di credere).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 12 Aprile 2015ultima modifica: 2015-04-12T22:03:13+02:00da fraternidade
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