Giorno per giorno – 08 Dicembre 2014

Carissimi,
“Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te” (Lc 1, 26-28). La ragione della festa che celebriamo oggi sta in questi primi versetti del vangelo che ci è proposto, che segue poi raccontando il concepimento di Gesù. Generando così una certa confusione nell’interpretazione del significato che le viene attribuito, riferendola – il che tra l’altro soddisfarebbe i fratelli ortodossi ed evangelici – alle modalità del concepimento di Gesù. La nostra gente non si interessa granché alla formulazione del dogma, di questo e di ogni altro, vuol bene a Maria e sa che ella ci accompagna in questo nostro cammino terreno, con il suo esempio, il suo insegnamento e la sua preghiera. Lei è la “ricolmata di grazia”, che poi è la condizione originaria in cui è posta l’umanità, come quando nasce un figlio e i genitori ne godono l’incanto e l’affidano alla storia sapendo che tutto andrà bene. E la storia, invece, è una storia complicata, dove il dono supremo della libertà ci permette di dire di sì, ma anche di no, al progetto che Dio ha seminato con la vita in noi. E i no e i si, più i no, spesso, che i sì, diventano la cultura e i condizionamenti in cui nasciamo e cresciamo, ed è quello che chiamiamo il peccato originale, che si perpetua lungo i secoli, a cui noi diamo anche il nostro contributo. Maria, quel giorno, fece la sua professione di fede in ciò che riconobbe essere il significato di Dio, che riconsegna l’umanità, ogni volta che la compie, all’innocenza originaria: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. Quando anche noi riusciamo a dirlo, in tutta verità, veniamo associati al mistero di Maria che, per questo è anche simbolo della chiesa e dell’umanità nuova, capace – lei e noi con lei – di generare nuovamente Gesù, il figlio dell’uomo, e perciò ogni Uomo, quando è figlio di Dio. Liberamente e per amore servo di ogni uomo.

In assonanza profonda col significato del tempo di Avvento, oggi si celebra la Festa di Maria, amata da Dio. A gratis. E dell’umanità che essa prefigura.

Già nel VII secolo le chiese d’Oriente celebravano in questa data una festa della Concezione di sant’Anna, il nome che la tradizione attribuiva alla madre della vergine Maria, del cui concepimento si intendeva così fare memoria. In Occidente la festività sarebbe giunta solo nel X secolo, dando il via ad una controversia teologica – legata alla dottrina della colpa originale – che si sarebbe protratta nei secoli, culminando con la proclamazione del dogma dell’immacolata concezione nel 1854, ad opera di papa Pio IX. Alcuni teologi, tra cui il domenicano Tommaso d’Aquino, sostenevano che Maria fu concepita come il resto dell’umanità nel peccato originale, da cui fu poi redenta. Altri, tra cui il francescano Giovanni Duns Scoto, affermavano invece che, in previsione dei meriti di Gesù, Dio rese da subito la Vergine immune da ogni traccia di colpa originale. Forse oggi potremmo dire che la celebrazione di questa festa dalla forte valenza simbolica intende ricordarci che solo un’umanità immune dalla colpa originale di intendere la vita come un’interminabile lotta per affermarsi nella forma del potere, è posta nelle condizioni di generare nuovamente, al mondo e alla storia, Gesù, cioè la vita come servizio, dono di sé e perdono.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono propri della festa e sono tratti da:
Libro di Genesi cap.3, 9-15.20; Salmo 98; Lettera agli Efesini, cap.1, 3-6.11-12; Vangelo di Luca, cap.1, 26-38.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

Il nostro calendario ci porta in questa data anche la memoria di Pavel Florenskij, martire della Russia ortodossa.

Pavel Florenskij era nato nella famiglia di Alexander Iwanowitsch Florenskij e di Olga Florenskaja Saparowa, a Ewlach, nel governatorato di Elizavetpol (nell’attuale Azerbaigian), il 9 gennaio (21 gennaio del calendario gregoriano) 1882. Completata l’istruzione secondaria in Georgia, si iscrisse al Dipartimento di Fisica e Matematica dell’Università di Mosca, laureandosi nel 1904. A questo periodo risale anche la sua conversione al cristianesimo ortodosso. Nello stesso anno, Florenskij si iscrisse all’Accademia Teologica di Mosca, venendo a contatto con l’uomo che avrebbe profondamente influenzato il suo atteggiamento verso il cristianesimo e la vita spirituale: l’anziano Isidoro Gruzinskij, un monaco assolutamente privo di paura, ma anche umilissimo, dolce, affettuoso, flessibile e innocente, come un bambino, capace di sopportare tutto. Nel 1908 ottenne un posto alla Facoltà di Storia della Filosofia dell’Accademia Teologica di Mosca. Dichiarava tuttavia: “Sono nauseato dalla cultura e dalla sofisticazione, voglio la semplicità” e accettava l’Ortodossia così com’era, condividendo la medesima, radicale fede delle masse. Nel 1911, un anno dopo il suo matrimonio con Anna Michajlovna Giacintova (da cui nasceranno cinque figli), Florenskij fu ordinato sacerdote, portando a termine in quegli anni la sua tesi di magistero Sulla Verità spirituale, che fu in seguito ampliata nel testo La colonna e fondamento della Verità, un’opera in cui combinava le sue conoscenze di teologia, patristica, matematica, scienze, medicina, storia, linguistica e arte. Il centro della sua vita, tuttavia era il suo sacerdozio attraverso cui riuscì a portare molti alla fede in Cristo. Quando l’Accademia Teologica di Mosca fu chiusa dalla Rivoluzione, Florenskij fu costretto a dedicarsi ad altro, mettendo a frutto le sue formidabili conoscenze scientifiche. Le autorità sovietiche avrebbero voluto che egli rinunciasse al suo sacerdozio. Ma inutilmente. Arrestato più volte, fu condannato nel 1933 a dieci anni di lavori forzati, soprattutto a causa della sua denuncia della politica ufficiale del Metropolita di Mosca, Sergio Starogorodsky. Fu inviato prima in Siberia e poi nelle isole Solovki, in un campo ancora peggiore, creato entro le mura di un antico complesso monastico, centro di spiritualità tra i maggiori dell’ortodossia russa. Fu fucilato la notte dell’8 dicembre 1937 nei pressi di Leningado con altri cinquecento detenuti, appena giunti dalle isole Solovki, dopo cinque giorni di viaggio nei vagoni della morte. Essendo morto per sostenere la propria Fede, Florenskij fu elencato tra i Nuovi Martiri e Confessori russi canonizzati nel 1982.

È tutto, per stasera. Noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura una riflessione sulla festa odierna di Maurice Zundel, tratta dal suo “Silence, parole de vie”. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
L’ultimo canto della Divina Commedia si apre con queste parole: “Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’eterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ’l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura”. È ammirevole! Maria è, dunque, la figlia di suo figlio. E questo è esattamente ciò che verrà sottolineato in tutte le definizioni dogmatiche sulla Beata Vergine. Questo è ciò che la maggior parte dei cristiani ignora: il rigoroso cristocentrismo del culto mariano nella Chiesa. Il centro del culto mariano è il Cristo. È dunque certo che l’economia redentrice, il piano divino concernente l’umanità, risulterebbe mutilato se non ci fosse, accanto al secondo Adamo, la seconda Eva. Vi è quindi una coppia ma, dato che si tratta di una coppia unica, una coppia che non si inserisce nella serie delle generazioni carnali, ma una coppia che deve condurre tutta la specie e dare un senso a tutta la Storia, questa coppia non può essere vincolata da un legame carnale. Può essere vincolata solo da un legame di grazia, un legame che si situa alle radici della persona. Ed è perciò che questa coppia non è una coppia di sposi, è una coppia che sarà costituita dalla filiazione e dalla maternità. Ma, è importante sottolinearlo, la filiazione sarà in primo luogo relativa a Maria, poiché il primato in questa coppia appartiene eternamente a Gesù. E è per questo che Maria sarà in primo luogo la figlia di suo Figlio nell’ordine della grazia, prima di divenire sua madre secondo la carne. Ella entra dunque eminentemente nell’ordine della Redenzione, è la “prima dei redenti” ed è lì che appunto si realizza la magnifica intuizione di Dante: “Ella è la figlia di suo Figlio”. (Maurice Zundel, Silence, parole de vie).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 08 Dicembre 2014ultima modifica: 2014-12-08T22:59:38+01:00da fraternidade
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