Giorno per giorno – 30 Maggio 2014

Carissimi,
“La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Gv 16, 21-22). Gesù lo dice parlando della sofferenza che proveranno i suoi nel perderlo, ma promette che non sarà una perdita definitiva, perché loro torneranno a vederlo (v. 17) ed ora aggiunge che lui li vedrà di nuovo. Stasera, nella chiesetta dell’Aparecida, ci dicevamo che Gesù pensava non solo ai suoi discepoli, ma aveva in mente le comunità e, più in generale, le società di tutti i tempi, quando fanno esperienza della sua assenza, a causa del peccato che nega proprio ciò che Lui significa: le relazioni fraterne che egli, il Figlio inviato dal Padre, è venuto a rivelare e inaugurare. Della rottura di questa nuova economia noi si può essere di volta in volta i colpevoli o le vittime. Complici di un sistema di morte, godendo di una vittoria solo illusoria, ottenuta sul disprezzo, lo sfruttamento, l’oppressione o l’esclusione dei più, o partecipi della sofferenza, dell’abbandono, della resistenza o delle temporanee sconfitte di questi. Dio si affida [anche] a noi per scrivere diritto su linee storte. I poveri devono venire a sapere [anche] da noi l’indistruttibile alleanza che egli ha siglato con loro e devono poter pregustare qualcosa della gioia che li attende domani, al termine di questa lunga gestazione del regno, nelle relazioni di amicizia che instauriamo tra noi, superando la diffidenza, l’ostilità, lo scherno, la paura, che la difesa degli egoismi organizzati tenacemente diffonde in ogni ambiente. Qualche volte, ahinoi, purtroppo, anche nella gente che si dice di chiesa.

Oggi facciamo memoria di Emmelia e Basilio, coniugi e genitori secondo il cuore di Dio; di Girolamo di Praga, riformatore della Chiesa e martire; e dei Martiri ortodossi, ebrei e rom del regime ustascia.

Emmelia e Basilio erano una coppia della Cappadocia (nell’attuale Turchia). Durante la persecuzione, iniziata con Diocleziano e proseguita sotto l’imperatore d’Oriente, Galerio Massimino, (305-311), la più dura che il cristianesimo si trovò ad affrontare, per mantenersi fedeli al Vangelo del Regno, dovettero lasciar la loro terra, provando la durezza dell’esilio, la solitudine e le molte difficoltà legate a questa condizione. Esempio di dedizione reciproca, di coerenza e fedeltà, diedero vita a dieci figli, tra i quali san Basilio il Grande, san Gregorio di Nissa, san Pietro di Sebaste, santa Macrina (chiamata con questo nome in omaggio alla nonna, anch’essa santa), ai quali, morendo (verso l’anno 370), lasciarono in eredità la ricchezza della loro testimonianza di fede.

Girolamo nacque a Praga verso il 1370. Compì i suoi studi universitari nella cittá natale, dove subì l’influenza del riformatore Jan Hus. Recatosi, nel 1398 a Oxford, in Inghilterra, rimase colpito dagli insegnamenti di John Wicliffe e se ne fece sostenitore. Insegnò in molte città, nelle università di Parigi, Colonia, Heidelberg, Vienna, Cracovia, ma da tutte fu allontanato per i sospetti di eresia che pesavano su di lui, e, più ancora, per il suo zelo nel denunciare la corruzione dilagante nella Chiesa. Nel 1412, organizzò assieme a Hus una protesta contro la decisione dell’antipapa Giovanni XXIII di finanziare la guerra attraverso la vendita delle indulgenze. Hus e i suoi seguaci furono raggiunti dalla scomunica dell’antipapa. Nel 1415, Girolamo si recò al Concilio di Costanza per difendere Hus, dalle accuse di eresia, mosse contro di lui dai teologi Pietro d’Ailly e Jean Gerson. Difensore della chiesa invisibile dei credenti, che costituisce, assai più di quella istituzionale, il vero Corpo mistico di Cristo, critico feroce del lusso delle gerarchie e delle ingiustizie sociali, fautore delle teorie di Wyclif sulla paritá tra clero e laicato, e assertore della necessità di predicare nelle lingue nazionali, Hus fu condannato al rogo. Gerolamo, allora, si decise a fuggire. Giunto però in Baviera, fu riconosciuto, arrestato e inviato nuovamente a Costanza. Processato, in un primo momento ritrattò le tesi che aveva condiviso con l’amico e maestro, ma, quando, il 16 Maggio 1416, fu portato nuovamente davanti al giudice, dichiarò di averlo fatto solo per paura della morte. Il processo si concluse con la sua condanna a morte e Girolamo fu bruciato sul rogo. L’umanista Poggio Bracciolini presente in quei giorni a Costanza, scrisse ad un amico dell’esecuzione: “Quando giunse nel luogo del supplizio, si spogliò da solo dei vestiti e, inginocchiatosi, salutò il palo al quale fu poi legato con molte funi e fu stretto, nudo, con una catena. Dopo che gli fu posta intorno al petto e alle reni molta legna, mista a paglia, e fu appiccato il fuoco, Girolamo cominciò a cantare un certo inno, che fu interrotto dal fumo e dalle fiamme”. Era il 30 Maggio 1416.

Nel Maggio 1941, subito dopo la creazione del cosiddetto “Stato libero di Croazia”, ad opera del leader ustascia Ante Pavelic, che godeva dell’appoggio di Hitler e Mussolini, ebbe inizio nel Paese la sistematica eliminazione delle minoranze etniche e religiose, oltre che degli oppositori politici. Si calcola che furono circa 800.000 i serbi eliminati durante la seconda guerra mondiale. Tra essi 6 vescovi, più di 300 preti e 222 religiosi. Con loro, ricevettero lo stesso trattamento cinquantamila ebrei croati e ottantamila rom. Furono anche distrutte tutte le sinagoghe e circa 300 chiese ortodose presenti sul territorio. Tale persecuzione mirava alla completa eliminazione della presenza ortodossa (oltre che di quella ebrea e gitana) in quelle regioni tradizionalmente cattoliche. Questo è ciò che potrà forse in qualche modo spiegare il silenzio, quando non l’esplicito assenso e, più di qualche volta, tragicamente, la diretta complicità, che caratterizzarono l’atteggiamento dei cattolici, dei loro preti e di gran parte della gerarchia, di fronte alle deportazioni, le torture e i massacri. Una rivista ortodossa, facendone memoria, così scrive: “Dobbiamo fornire gli orribili dettagli di queste atrocità? I ventri di donne gravide furono squarciati; furono arrostiti uomini su graticole da animali (vi furono casi in cui alcuni furono forzati a mangiare le membra arrostite dei propri familiari). Furono compiuti maligni esperimenti medici. Vi furono persone impalate, segate in due, occhi cavati dalle orbite. I cuori di vittime innocenti furono strappati e mangiati dai loro avversari. Morti lente e agonizzanti potevano durare per settimane intere. Ogni tipo di tortura che il diavolo poteva instillare nei confronti di altri esseri umani si manifestò in pieno in quegli anni di tribolazione”. La memoria di tali vicende dovrebbe mettere in guardia i cristiani dalle manipolazioni e strumentalizzazioni di cui il Vangelo di Gesù può essere fatto oggetto da parte di movimenti e di ideologie, che hanno tutto l’interesse a fare di esso, invece che l’Evento con cui Dio abbraccia il mondo intero, la semplice espressione di un’identità e di una cultura che, per giunta, fomenta il disprezzo e l’odio per l’altro e teorizza, invece che l’incontro e il dialogo, lo scontro delle civiltà, in vista del proprio dominio.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.18, 9-18; Salmo 47; Vangelo di Giovanni, cap.16, 20-23a.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e ricco in misericordia.

Venticinque anni fa, dal 15 al 21 maggio 1989 , si svolse a Basilea, la prima Assemblea Ecumenica Europea, sul tema “Pace nella Giustizia”, che il Card. Martini ebbe a definire “un avvenimento storico, per la storia dell’ecumenismo e per la storia d’Europa”. In essa, infatti, per la prima volta, si incontrarono e confrontarono delegati ufficiali di tutte le chiese europee, dopo aver lavorato per mesi nelle proprie comunità e dopo un’ampia consultazione di base. A noi è parso che la richiesta di perdono contenuta nel suo Documento Finale possa illuminarci anche riguardo ai tragici eventi che riguardano il martirio dei fratelli ortodossi, ebrei e rom della nostra memoria di oggi. Così, nel congedarci, ve la proponiamo come nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Noi confessiamo il nostro falimento sia come comunità che come singoli. Seguendo Cristo siamo continuamente messi di fronte alle sfide della sua chiamata e dobbiamo esaminare la nostra vita. L’autentica fede in Cristo è sempre personale, ma nello stesso tempo non è mai privata. Quando seguiamo Cristo ci rendiamo conto di essere prigionieri di strutture che diffondono ingiustizia, violenza, saccheggio e distruzione. Esse sono conseguenza del peccato umano e spesso sembrano bloccare la strada verso il futuro. Il cammino per superare tali strutture inizia con una comune confessione di peccato. Nel volgerci insieme a Dio, possiamo ricevere la libertà necessaria per iniziare un nuovo cammino. Il processo ecumenico per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato costituisce per le Chiese un momento di pentimento e di nuova vita. – Non siamo riusciti a testimoniare la sollecitudine di Dio per ciascuna e per tutte le creature e a creare uno stile di vita che esprima la nostra consapevolezza di essere parte della creazione di Dio. – Non siamo riusciti a superare le divisioni tra le Chiese e spesso abbiamo fatto cattivo uso dell’autorità e del potere di cui disponevamo per rafforzare solidarismi falsi e parziali come il razzismo, il sessismo e il nazionalismo. – Abbiamo causato guerre e non siamo stati capaci di sfruttare tutte le opportunità di dialogo e di riconciliazione; abbiamo accettato e spesso giustificato con troppa facilità le guerre. – Non siamo stati capaci di opporci con sufficiente determinazione ai sistemi politici ed economici che fanno cattivo uso del potere e della ricchezza, che sfruttano le risorse per il loro interesse e che perpetuano povertà ed emarginazione. – Abbiamo sbagliato per aver considerato l’Europa come il centro del mondo e noi stessi come superiori ad altri. – Abbiamo sbagliato perché non abbiamo testimoniato costantemente la santità e la dignità della vita intera, l’uguale rispetto dovuto a tutte le persone e la necessità di uguali opportunità nell’esercizio dei diritti. Dio ci offre nuova vita e ci rende liberi. Il perdono non cancella le conseguenze degli errori passati. Noi rimaniamo collegati al passato e dobbiamo accettare la responsabilità della situazione che ne è derivata. Ma il perdono apre di nuovo la prospettiva del regno di Dio con la sua forza di rinnovamento. Cercare il perdono di Dio significa rispondere alla chiamata alla conversione. La conversione a Dio (metanoia) significa più che una semplice accettazione di perdono. Conversione significa cambiare il cuore, cambiare gli atteggiamenti e il modo di pensare. La nostra conversione a Dio richiede che ci volgiamo attivamente alla giustizia di Dio, che abbracciamo lo shalom di Dio, che viviamo in armonia con l’intera creazione di Dio. (Documento finale dell’Assemblea ecumenica europea “Pace nella giustizia” Basilea 1989, n. 43-45).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 30 Maggio 2014ultima modifica: 2014-05-30T22:20:31+02:00da fraternidade
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