Giorno per giorno – 31 Maggio 2014

Carissimi,
“In quei giorni, Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo” (Lc 1, 39-41). Forse, quello di Maria, che non sappiamo bene se avesse capito tutto ciò che stava accadendo dentro di lei, ma che si lasciò incomodare e trasportare da quello che era ancora solo un semino della Parola di Dio, che si era impiantato dentro di lei, è l’unico modi possibile e credibile di evangelizzare. Soprattutto oggi. È quanto bastò a Elisabetta per percepire qualcosa di grande nella giovane cugina che era giunta inaspettata a farle visita. Non per venderle opuscoli, né per leggerle qualche sacro testo, pretendere di insegnarle qualcosa o convincerla di una qualche sua idea. Solo per dirle: ho saputo che avevi bisogno e, eccomi, sono qui. L’accorrere, il disporsi a servire, il prendersi cura, è già dire ciò che basta di Dio. Un Dio, di cui, del resto, le canzoni ribelli nei confronti di un certo ordine costituito, apprese nella comunità del suo villaggio, dovevano aver aiutato la piccola Maria a intendere l’agire nella nostra vita e nella storia. E noi dovremmo, forse, ogni tanto, andare a rileggerci ciò che cantava lei, e farne magari il nostro manifesto: “Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote” (Lc 1, 51-53). Questa è la Madonna.

Oggi la Chiesa celebra la Festa di Maria, messaggera solidale e sovversiva dell’Evangelo del Regno.

È la festa dei poveri che cantano il manifesto-profezia della giovane ebrea, madre di Gesù: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome: Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote” (Lc 1, 46-53). Ogni volta che questo accade, che si sappia o no, che sia menzionato o no, possiamo giurarci (e non sembri irrispettoso): c’è il Suo zampino. Sul piano storico, una memoria della Visitazione ricorreva, fin dal VI secolo, nella Chiesa latina, la terza domenica di Avvento. I frati minori presero a celebrarla come festa nel 1263, per disposizione di san Bonaventura, allora Ministro generale dell’Ordine. Papa Urbano VI, nel 1389, la estese a tutta la Chiesa d’occidente, fissandone la celebrazione il 2 luglio, in modo da farla coincidere con l’ottava della nascita del Battista e la fine dei tre mesi del soggiorno di Maria presso la cugina (cf Lc 1, 56). La festività fu poi confermata dal sinodo di Basilea, nella sessione del 10 luglio 1441. Nel 1969, con la riforma del calendario cattolico, Paolo VI ne spostò la celebrazione al 31 maggio, tra la solennità dell’Annunciazione e la nascita del Battista. Anglicani, luterani e veterocattolici continuano a celebrarla il 2 luglio. Alcune Chiese ortodosse la celebrano invece, dal sec. XIX, il 30 marzo del calendario giuliano (12 aprile di quello gregoriano), sempre che non coincida con la Settimana Santa, nel qual caso è spostata al primo venerdì dopo Pasqua.

I testi che la liturgia della festività odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera ai Romani, cap.12, 9-16b; Salmo (Isaia, 12, 2-6); Vangelo di Luca, cap.1, 39-56.

La preghiera del sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura il brano di un’omelia tenuta da Père Christian de Chergé, uno dei trappisti martiri di Tibhirine, per la festa della Visitazione, il 31 maggio 1993. La troviamo nel libro “L’autre que nos attendons. Homélies de Père Christian de Chergé (1970-11996)” (Les Cahiers de Tibhirine). Ed è, per oggi, il nostro,

PENSIERO DEL GIORNO
La Chiesa è venuta in questo paese per un’urgenza di servizio, o già di presenza (in questo tempo di confusione, non dimentichiamolo) – un parto nei dolori. Come Maria, essa porta in sé l’Emanuele. È il suo segreto, non sa come dirlo. Del resto, lo deve proprio dire? È così difficile sapere come fare con i segreti di sé che Dio comunica! Ed ecco che spesso, e non solo in occasione delle feste, è l’altro che prende l’iniziativa del saluto, come Elisabetta parlando per prima nella libertà dello spirito, di cui sappiamo ciò che può svelare di comunione profonda, al di là di tutte le frontiere e differenze. Allora qualcosa si libera anche in noi, una parola irresistibile, le parole di un Magnificat, un cantico a due voci e all’Unico Volto, preludio alla riconciliazione che è Sacrificio e Dono di sé, preludio all’Eucaristia che è mistero della fede, e Viatico per l’umanità in pellegrinaggio verso Dio che non ha finito di fare meraviglie: SANTO È IL SUO NOME. (Christian de Chergé, L’autre que nos attendons).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 31 Maggio 2014ultima modifica: 2014-05-31T22:21:46+02:00da fraternidade
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