Giorno per giorno – 27 Maggio 2014

Carissimi,
“Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi” (Gv 16, 7). Tutto il lungo discorso d’addio è costellato da continui richiami al dono dello Spirito, che sarà inviato a chiarire le idee dei poveri discepoli, che stanno per perdersi Gesù, al quale erano umanamente molto affezionati (anche se finiranno per lasciarlo solo, nel momento decisivo), ma di cui, fino ad allora, avevano capito davvero poco. E la funzione – o almeno una delle funzioni – dello Spirito sarà quella di farci capire ciò che è il peccato, in cosa consiste la giustizia, e cosa comporta il giudizio. Il peccato è non credere in Gesù – il dono di sé per la salvezza altrui, o in altre parole, la Croce, – come verità di Dio e perciò anche della nostra vita. La giustizia – secondo Dio -consiste appunto in ciò che il peccato nega e che il sistema-mondo non è in grado di vedere e accogliere, e che tuttavia noi possiamo attestare, forti della garanzia che ce ne dà lo Spirito, il quale ci convince del fatto che Gesù è andato al Padre, e la riprova è che noi non lo vediamo più, ma vediamo i frutti del suo Spirito. Infine, egli ci mostra che il giudizio sul mondo, come sistema disumano, che opprime, sfrutta, rapina, spoglia, esclude, uccide, è stato pronunciato una volta per tutte, dall’alto di quella Croce, che assomma tutte le croci della storia, ed è un giudizio di condanna inesorabile. La Croce, negata con il peccato, è giustizia e verità di Dio, che sancisce la sconfitta della logica del mondo. Questo è vero nella grande storia e nella piccola storia della nostra vita. Di ogni giorno.

Oggi è memoria di Agostino di Canterbury, missionario e pastore, di Giovanni Calvino, riformatore della Chiesa, di padre Enrique Pereira Neto, martire in Brasile, e di Segundo Galilea, testimone della radicalità del Vangelo.

Di Agostino sappiamo che era priore del monastero benedettino di Sant’Andrea al Celio di Roma e che, nel 596, fu inviato dal papa Gregorio Magno a evangelizzare l’Inghilterra, con altri quaranta monaci. Quando la comitiva, durante il viaggio, venne a conoscenza della bellicosità dei sassoni, Agostino pensò: è più prudente rinunciare. E, di fatto, tornó a Roma, dicendo al Papa che non era il caso. Ma, inutilmente. Imbarcatisi nuovamente e giunti a destinazione, i timorosi evangelizzatori scoprirono la missione più facile del previsto. La sposa del re, la cattolica Berta, aveva ammansito il cuore del re Etelberto, che si convertì e chiese il battesimo insieme a molti dei suoi sudditi. Eletto arcivescovo di Canterbury e primate di Inghilterra, Agostino organizzò la nuova giurisdizione ecclesiastica. Contribuì alla diffusione del canto gregoriano in Inghilterra. Morì il 26 maggio 604, ma la sua memoria, nella chiesa cattolica, è celebrata oggi.

Giovanni Calvino (il suo nome in realtà è Jean Cauvin), era nato a Noyon, in Picardia il 10 luglio 1509, da Gérard e Jeanne Le Franc. Il padre, finanziere e uomo di legge, curava gli affari del vescovo locale e sembra che ne seppe quanto basta per divenire anticlericale e morire in seguito scomunicato. Giovanni, che era stato mandato a Parigi per studiarvi teologia, preferì Diritto e si recò a Orleans, dedicandosi poi agli studi umanistici. Intorno al 1532 aderì alla Riforma di Lutero e, dopo essersi dedicato alla lettura e allo studio della Bibbia, nel 1536 pubblicò la prima edizione de L’Istituzione della religione cristiana, in cui espose i principi della sua teologia. Passando da Ginevra, venne invitato da Guillaume Farel a prestare assistenza ai simpatizzanti della Riforma. Ed egli dotò la chiesa ginevrina di un ordinamento giuridico e di una disciplina del culto e redasse per essa un Catechismo e una Confessione di Fede. La sua azione non fu esente da atteggiamenti intolleranti, com’era piuttosto comune a quei tempi. Temporaneamente bandito da Ginevra, sposò Idelette de Bure, vedova di un anabattista, e scrisse numerosi commenti alla Bibbia. Nel 1541 rientrò a Ginevra, organizzando negli anni successivi la vita religiosa, sociale e politica della città elvetica. È forse interessante notare che Calvino, al contrario di Lutero, riteneva doveroso rovesciare lo Stato che coprisse l’ingiustizia con il manto del legittimismo. Sulla sua scia, la Confessione Scozzese del 1560, di chiara ispirazione calvinista, classificherà tra le opere giudicate buone da Dio la resistenza alla tirannia e la difesa degli oppressi. Calvino morì il 27 maggio 1564. Prima di spirare disse: “Signore tu mi schiacci, ma a me basta che sia la tua mano a farlo!”.

P. Enrique Pereira Neto era coordinatore della Pastorale dell’Archidiocesi di Olinda e Recife, stretto collaboratore di dom Helder Câmara. Per aver denunciato ripetutamente e apertamente il sistema repressivo del governo militare, cominciò a ricevere minacce di morte, finché il 26 maggio 1969 fu sequestrato dalla polizia. Il suo corpo fu ritrovato il giorno seguente, appeso ad un albero, a testa in giù, con segni evidenti di tortura: lividi e bruciature di sigarette, tagli profondi in tutto il corpo, castrazione e due ferite di arma da fuoco. Aveva 28 anni ed era prete da tre anni e mezzo. I funerali furono presieduti dall’arcivescovo di Recife nella chiesa matrice del bairro Espinheiro. Poi, migliaia di persone seguirono a piedi la bara portata a braccia fino al cimitero di Várzea, a dieci chilometri di distanza dalla chiesa.

Segundo Galilea era nato a Santiago del Cile il 3 aprile 1928. Fu ordinato sacerdote il 22 settembre 1956. All’inizio degli anni ’60 collaborò alla preparazione di missionari nel Centro Intercultural de Formación (C.I.F.), fondato da Ivan Illich, a Cuernavaca (Messico). Il Consiglio Episcopale Latino-Americano lo volle poi direttore dell’Istituto Pastorale Latino-Americano, con l’incarico di far conoscere e approfondire gi insegnamenti del Concilio Vaticano II. Viaggiò instancabilmente in tutta l’America Latina, impegnato a proporre riflessioni, ritiri e esercizi spirituali. Successivamente, per conto delle Pontificie Opere Missionarie organizzò, con altri sacerdoti, un istituto destinato alla formazione di missionari per l’estero. Compì numerosi viaggi nelle Filippine e in Corea del Sud; negli Stati Uniti lavorò con numerose comunità di immigrati. Membro della fraternità sacerdotale di Charles de Foucauld, fu esponente della Teologia e della Spiritualità della liberazione. In coerenza con la scelta dei poveri, visse sempre con grande semplicità e povertà, alla sequela appassionata di Gesù povero e obbediente. Quanto ricavava dai diritti d’autore e dalle sue attività, lo donava alla sua archidiocesi perché finanziasse ritiri spirituali nelle aree più povere del Paese. Nel 2000 partì per Cuba, dove gli fu affidato l’incarico di direttore spirituale nel seminario di San Carlos. Di questa esperienza ebbe a dire: “A Cuba si lavora con pochi mezzi, pochi sacerdoti e religiosi, ma si impara a vivere il meglio della vita, a vivere il tutto e il poco, a valorizzare l’essenziale”. Ritornato in patria per motivi di salute, visse i suoi ultimi anni a Santiago del Cile, occupando una cameretta nel locale seminario, fino alla sua morte, avvenuta il 27 maggio 2008. Aveva detto un giorno: “Se vogliamo una Chiesa più missionaria, più coerente e più testimoniale, più partecipativa nella comunione, significa che vogliamo una Chiesa più spirituale, più orante e più contemplativa, ossia, più bella”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.16, 22-34; Salmo 138; Vangelo di Giovanni, cap.16, 5-11.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano di Segundo Galilea, tratto dal suo “Teologia da Libertação. Ensaio de síntese ”. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Nella vita cristiana, il significato del povero è così capitale, che è inseparabile dallo stesso significato di Dio. Questo è un insegnamento costante dei profeti, per i quali il culto a Dio è vano senza la giustizia e l’amore al povero, e la vera conversione si dà nel servizio al fratello, specialmente l’oppresso e il bisognoso (cf Is 1, 10-17; 58, 6-7; ecc.). Sembra inutile insistere come nella Nuova Legge, l’evangelo di Gesù, questo significato del povero, come incontro salvifico con Dio, risultò rafforzato e fu portato a nuove dimensioni. I poveri sono beati (Lc 6, 20); a loro è diretta in primo luogo la Buona Notizia (Lc 4, 18; 7, 22). Vi è una presemza privilegiata del Signore nei poveri, nei sofferenti e negli oppressi: “In verità, vi dico: tutte le volte che avete fatto questo (dar da bere, da mangiare, visitare l’infermo o il prigioniero, vestire l’ignudo ecc.) a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). In questa stessa parabola del giudizio finale, il servizio liberatore (materiale per giunta) reso al povero è il cammino di salvezza, e l’assenza del significato del povero, come fratello bisognoso, il cammino della perdizione (cf Mt 25, 31 ss). Per Gesù il compimento della legge della salvezza si riassume nell’amore a Dio e nell’amore al fratello (cf Nt 23, 37-40) e questo amore al fratello, nel suo insegnamento, si verifica nella misericordia con il fratello bisognoso, il povero. (La povertà biblica comprende molte necessità, ma queste possiedono sempre un volto sofferente che ci rivela il fratello come un povero: malattie, disgrazie, abbandono ecc.). Questo è il messaggio della parabola del buon samaritano (cf Lc 10, 25-37): per rispettare la legge salvatrice dell’amore al fratello dobbiamo imitare il samaritano; servire efficacemente il Povero che Dio pone nella nostra storia. (Segundo Galilea, Teologia da Libertação. Ensaio de síntese).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 27 Maggio 2014ultima modifica: 2014-05-27T22:16:20+02:00da fraternidade
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