Giorno per giorno – 26 Maggio 2014

Carissimi,
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio” (Gv 15, 26-27). Stasera, a casa di Marcilene, ci dicevamo che troppo spesso accade che si parli di esperienza dello Spirito, come se questi fosse un’entità diversa e separata da ciò che ha significato nella storia l’apparizione di Gesù, come incarnazione della verità di Dio. Che non è semplicemente un’idea che noi ci possiamo plasmare a piacere, ma consiste, per quel che ci è dato cogliere il mistero dell’origine, in quell’agire rivelatoci in Gesù, dall’insieme dell’evento che lo dice: nascita, vocazione, missione, parole, gesti, prassi, passione, morte e risurrezione. Senza questo riferimento forte al significato di Gesù, che noi siamo chiamati ad accogliere come significato della nostra vita, inverandolo nella nostra realtà, e facendone stile e sostanza della nostra missione, l’esperienza dello Spirito che possiamo [credere di] avere, non sarebbe comunque del Suo Spirito. È altra cosa. Perché lo Spirito è di Lui che deve dar testimonianza. E la riprova che è egli ad agire in noi può essere solo il fatto che noi stessi diamo testimonianza a Gesù.

Il calendario ci porta oggi è memoria di Filippo Neri, il prete dell’allegria, di don Cesare Sommariva, “don Cece”, maestro e preteoperaio, e di Abd el Kader, mistico islamico.

Filippo Neri era nato a Firenze il 21 luglio 1515, nella famiglia di un notaio. Per un certo tempo, aveva pensato di seguire il padre nella sua professione. Poi cambiò d’idea e andò via dalla città, trasferendosi prima a Cassino e poi, nel 1538, a Roma. Lí cominciò a lavorare tra i ragazzi delle borgate e li lasciava fare tutto il casino che volevano, perché pensava che comportarsi male non consiste nel contravvenire il galateo, ma è altro. Poi, a quelli che se la sentivano, gli insegnava a leggere la Bibbia, a cantare e li portava perfino a messa. Fondò una confraternita di laici che si incontravano per pregare e per dare aiuto ai pellegrini e ai malati. A 36 anni il suo confessore decise che era bene che fosse ordinato prete e Filippo obbedì, dando vita, poco dopo, all’Oratorio, una congregazione religiosa di sacerdoti, impegnati in particolar modo nell’educazione dei giovani. A scanso di possibili delusioni, pregava spesso così: “Signore, non aspettare da me se non male e peccati; Signore, non ti fidar di me, perché cadrò di certo, se non m’aiuti”. La gente faceva fila davanti al confessionale, perché dicevano che sapesse leggere nei cuori. Morì ottantenne, il 26 maggio 1595.

Cesare Sommariva era nato a Milano l’8 gennaio 1933 in una agiata famiglia della borghesia milanese. Conseguita la maturità classica, era entrato in seminario e, dopo gli studi di teologia, fu ordinato prete, il 26 giugno 1955. Inviato come coadiutore nella parrocchia di Pero, nell’hinterland milanese, vi restò fino al 1970. Nel frattempo aveva conosciuto e stretto amicizia con don Lorenzo Milani, con cui condivise il progetto di restituire la parola ai poveri che ne erano stati espropriati, favorendo l’acquisizione di un pensiero autonomo, capace di sottrarsi ai luoghi comuni e alle sirene dell’ideologia dominante. Nacque così l’esperienza delle scuole popolari di quartiere e dei doposcuola. Nel 1970 fu incaricato con altri due confratelli di dare vita a una nuova parrocchia nella periferia della città operaia di Sesto San Giovanni. Dopo quattro anni chiese ed ottenne di iniziare la vita di prete operaio. Assunto alla Redaelli di Rogoredo, una grande acciaieria nella periferia Sud di Milano, vi rimase fino alla crisi dell’azienda, condividendo con gli altri operai il massacrante orario di lavoro dei tre turni. Nel 1977 ottenne di fare vita comune con altri due preti operai: nacque così la Comunità San Paolo, a cui nel 1980 fu affidata la cura pastorale del quartiere Stella di Cologno Monzese. Nel 1986, ormai pre-pensionato, in seguito alla definitiva chiusura della Redaelli, avvenuta nel 1984, chiese al card. Martini di essere inviato come prete fidei donum in Salvador, negli anni dello scontro tra il dittatore Duarte e le forze della guerriglia raccolte nel Fronte di Liberazione Nazionale Farabundo Marti. Nel 1992 Mons. Rivera y Damas, che, nel 1980, era succeduto a mons. Romero, lo nominò parroco della parrocchia di San Roque, nella periferia più povera della capitale. Colpito da una forma di epatite, che andò progressivamente aggravandosi, continuò a spendersi al limite delle forze, fino al definitivo rientro in Italia, nel 2004. Qui, nell’affrontare la malattia che faceva il suo corso, visse momenti di sofferta depressione e di abbandono radicale al suo Dio. Fino alla morte, avvenuta il 26 (ma, secondo altre fonti che scopriamo all’ultima ora, il 19) maggio 2008. La Chiesa di Milano ha scritto di lui: “A volte cerchiamo modelli di vita perché ci aiutino a camminare. Don Cesare non è un santino da immaginetta, ma un eccezionale prete scomodo che ha seguito il Signore con fedeltà ed amore”.

Abd el Kader era nato nel villaggio di Guetna, poco distante da Mascara, in Algeria, nel 1808. Era stato educato nella zaouia diretta da suo padre, Si Mahieddine e, in seguito, aveva completato la sua formazione a Arzew e a Orano, sotto la guida di maestri prestigiosi. Dopo la presa d’Algeri, nel 1830, padre e figlio parteciparono alla resistenza, che elesse Abd el Kader emiro e gli affidò il comando del fronte anti-coloniale. Arresosi ai francesi nel 1847, Abd el Kader, dopo sei anni di prigionia in Francia, scelse la via dell’esilio, stabilendosi, nel 1855, a Damasco, in Siria, dove abiterà fino alla morte nella casa di Ibn Arabi, il mistico, vissuto sei secoli prima, che egli considerava suo maestro. Non lascerà, più il paese, se non per brevi viaggi e un pellegrinaggio alla Mecca, consacrando il suo tempo alla meditazione, alla preghiera, all’insegnamento e alla beneficienza. Nel 1860, i moti di Damasco gli fornirono l’occasione di mostrare la grandezza del suo animo. Dimentico dei soprusi a suo tempo subiti, salvò migliaia di cristiani dal massacro, inducendo i rivoltosi a ritirarsi. Celebrato e onorato, Abd el Kader si spense a Damasco il 26 maggio 1883.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.16, 11-15; Salmo 149; Vangelo di Giovanni, cap.15, 26-16, 4a.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

È tutto per stasera. Noi ci congediamo qui, lasciandovi alla lettura di una citazione tratta dal “Kitab al Mawaqif” di Abd el Kader, edito in Francia col titolo “Écrits spirituels” (Seuil). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Dio mi ha rapito al mio “io” [illusorio] e mi ha avvicinato al mio “io” [reale] e la sparizione della terra ha causato quella del cielo. Il tutto e la parte si sono confusi. La verticale (tul) e l’orizzontale (’ard) si sono annientate. L’azione supererogatoria ha fatto ritorno all’azione obbligatoria, e i colori sono tornati al puro candore primordiale. Il viaggio si è concluso e tutto ciò che è altro da Lui ha cessato di esistere. Ogni attributo (idafat), ogni aspetto (i’tibarat), ogni relazione (nisab) sono stati aboliti e lo stato originale è ristabilito. “Oggi abbasso il vostro lignaggio ed elevo il mio!”. Poi mi fu detta la parola di Hallaj, con questa differenza che egli l’ha pronunciata lui stesso, mentre per me è stata pronunciata senza che io stesso l’esprima. Questa parola, ne conoscono il senso e l’accettano coloro che ne sono degni; ne ignorano invece il senso e la rigettano coloro in cui prevale l’ignoranza. (Abd el Kader, Mawqif 7).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 26 Maggio 2014ultima modifica: 2014-05-26T22:14:48+02:00da fraternidade
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