Giorno per giorno – 24 Maggio 2014

Carissimi,
“Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia” (Gv 15, 18-19). Anche in questo caso, come abbiamo già visto in precedenza, bisogna distinguere il mondo, come oggetto della creazione buona di Dio, su cui insiste continuamente il racconto genesiaco della creazione (“E Dio vide che era cosa buona”), dal mondo inteso come sistema di potere, basato sull’arricchimento, l’oppressione e la prevaricazione di alcuni nei confronti degli altri. È questo Sistema che odia e perseguita i discepoli di Gesù, come ha odiato, perseguitato e ucciso il loro Maestro e Messia. E come odia, disprezza, sfrutta, elimina, coloro con cui Lui ha voluto identificarsi. Non c’è modo per noi di sottrarci alla scelta: o si ama Dio e il suo significato, che ha il nome e la storia di Gesù – e quindi dei poveri e degli oppressi di ogni dove -, e si contesta, non a parole, ma con il nostro vivere, le nostre scelte quotidiane, il nostro stile di vita, le nostre opzioni politiche, il Sistema del Dominio; o si sceglie quest’ultimo, magari, dicendoci, ipocritamente, cristiani, ma concretamente partecipando ai suoi crimini e delitti. Stasera, a casa di dona Olimpia, ci chiedevamo se riusciamo davvero, nel nostro piccolo, a fronteggiare quelle che sono state anche per Gesù le tentazioni che l’hanno accompagnato lungo la sua vita e nella sua missione, quelle che si esprimono nelle più diverse forme di potere e nell’assecondamento interessato di esse.

Oggi noi si fa memoria di Susanna, John e Charles Wesley. La data, contrariamente a ciò che in genere facciamo, non ricorda il loro dies natalis, il giorno cioè del loro passaggio all’eternitá, ma quello della “rinascita” di John Wesley, celebrata anche nella Comunione Anglicana.

Susanna, venticinquesima figlia di Samuel Annesley, era nata nel 1669 e, ventenne era andata sposa a Samuel Wesley (1662-1735), pastore della Chiesa d’Inghilterra, a cui avrebbe dato quindici figli, tre soli dei quali sopravvissuti: Samuel, nato il 10 febbraio 1690, John, il 28 giugno 1703, e Charles, il 18 dicembre 1707. Di lei si racconta che, durante le frequenti assenze del marito, aveva preso l’abitudine di invitare a casa familiari e vicini per leggere la Scrittura e i suoi commentari, riuscendo in poco tempo a riunire più di duecento persone. Il fatto non mancò di suscitare la reazione gelosa del curato, che non sopportava l’idea che una donna potesse prendere simili iniziative. Scrisse perciò al di lei consorte, perché la richiamasse all’ordine. Questi gli rispose: Reverendo, io mi sarei aspettato che Lei, ponendo il problema, avrebbe anche prospettato la soluzione più ovvia, e cioè che andasse Lei, il sabato sera, a leggere i sermoni a casa mia. Ma se non vuole far questo, mi metta ben chiaro per iscritto il divieto esplicito al proseguimento di questa iniziativa. Io mi premurerò di presentarlo a Chi di dovere, quando saremo chiamati io e Lei al supremo tribunale di nostro Signore Gesù Cristo! Pare che il curato non se la sia sentita di replicare. Nacque così di fatto la pratica del metodismo, che John e Charles appresero dunque dalla madre. Susanna morirà, poco più che settantenne, il 23 luglio 1742. Tornando a ritroso nel tempo, quando John fu mandato a studiare a Oxford, dovette presto fare i conti con lo scetticismo religioso dell’ambiente studentesco. Per resistere ad esso, assieme al fratello Charles e alcuni amici, costituí un’associazione con regole molto esigenti: tutti i membri si impegnavano a studiare “metodicamente” la Bibbia, a partecipare settimanalmente alla Santa Cena, ad essere generosi nell’aiuto ai poveri. Scherzosamente furono chiamati il “Santo Club” o anche “metodisti”, nome che sarebbe rimasto in seguito al movimento wesleyano. Divenuto pastore, John entrò presto in contatto con i fratelli Moravi, e per loro tramite con il Pietismo tedesco e la tradizione luterana. Nella notte del 24 maggio 1738, ascoltando la prefazione di Lutero alla Lettera ai Romani, Wesley visse una straordinaria esperienza spirituale: “sentì” con profonda commozione del cuore che Cristo gli aveva perdonato i suoi peccati e decise che a partire da allora avrebbe collocato solo in Cristo la sua speranza di salvezza. Abbandonate le antiche posizioni ritualiste, dedicò tutta la sua vita a diffondere un’esperienza religiosa centrata sulla scoperta dell’amore di Dio, del perdono e della salvezza gratuita. Apertamente osteggiato dalla gerarchia della chiesa anglicana, aprí il ministero della predicazione ai laici, quale logica conseguenza della dottrina del sacerdozio universale dei fedeli. Diresse le sue attenzioni soprattutto alle grandi periferie proletarie, inaugurando così l’unione tra predicazione e opere sociali, tipica del Metodismo. Davanti alle esigenze dell’azione missionaria, lui, semplice pastore, cominciò ad ordinare altri pastori. Per cinquant’anni si dedicò interamente alla predicazione itinerante. Morì il 2 marzo 1791. Charles, dal canto suo, si dedicò soprattutto alla composizione di inni: ne scrisse circa 6500, fino alla morte, avvenuta il 29 marzo 1788.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.16, 1-10; Salmo 100, Vangelo di Giovanni, cap.15, 18-21.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Bene, superfluo dire che anche noi si accompagnerà con la preghiera e, per quel che potremo, attraverso i media, il viaggio di papa Francesco in Terra Santa. Che siamo certi saprà dire parole e compiere gesti capaci di tradurre al meglio la buona notizia di Gesù di Nazareth, in una terra, tragicamente ferita, che attende il compiersi del sogno di una pace giusta e dignitosa per tutti.

Per stasera, è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura il brano di un sermone di John Wesley, pronunciato nella chiesa di Santa Maria, ad Oxford, il 24 agosto 1744. Che aveva come tema l’esemplarità della comunità cristiana primitiva, come la si ricava dal Nuovo Testamento. È, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
È facile credere che chi aveva questo amore nel cuore non poteva fare del male al suo prossimo. Gli era infatti impossibile causare deliberatamente un danno a qualcuno. Egli era assolutamente lontano da ogni tipo di crudeltà ed errore, da qualsiasi azione ingiusta o malvagia. Con la stessa cura egli aveva “posto una guardia alla sua bocca e una sentinella alla porta delle sue labbra”, per paura di offendere qualcuno con parole contro la giustizia, la misericordia o verità. Aveva allontanato da sé ogni menzogna, falsità e frode e, dalle sue labbra, ogni parvenza di inganno; non parlava male di nessuno e mai pronunciava parole dure. Era profondamente convinto della verità di quella parola: “Senza di me non potete fare nulla”, e, per conseguenza, della necessità che egli aveva del continuo aiuto di Dio; così egli perseverava ogni giorno negli ordinamenti di Dio, i canali stabiliti per comunicare la sua grazia agli uomini: “nella dottrina degli apostoli”, ricevendo l’alimento dell’anima con tutta la prontezza del cuore; nella “frazione del pane”, che per lui era la comunione del corpo di Cristo, e nelle preghiere e nelle lodi della grande assemblea. In questo modo, ogni giorno, cresceva “nella grazia”, aumentando nella forza, nella conoscenza e nell’amore di Dio. Ma non gli bastava astenersi dal fare il male, poiché la sua anima aveva sete di bene. L’espressione continua del suo cuore era: “Mio Padre opera sempre e anch’io opero”; il mio Signore andava facendo il bene e io devo seguire il suo esempio. Ogni volta che si presentava l’opportunità, quando non poteva fare un altro bene maggiore, alimentava il povero, vestiva l’ignudo, proteggeva gli orfani e gli stranieri, visitava e aiutava gli infermi e i prigionieri. Dava tutti i suoi bene per soccorrere i poveri, godeva nel lavorare e soffrire per loro, ed era sempre pronto a “rinnegare se stesso” in favore degli altri. Nulla era per lui troppo prezioso per condividerlo coi poveri, dato che ricordava le parole del Signore: “In verità vi dico, ciò che avete fatto a questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Matteo 25, 40). (John Wesley, Sermon IV, 7-9).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 24 Maggio 2014ultima modifica: 2014-05-24T22:13:13+02:00da fraternidade
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