Giorno per giorno – 14 Giugno 2011

Carissimi,

“Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5, 48). Già, è una parola. Ma in cosa consiste la perfezione di Dio? Nonostante le perfide immagini che le religioni si ostinano ad attribuirgli, la sua perfezione – sempre che crediamo davvero a Gesù – consiste nel far sorgere il sole e far piovere ugualmente su buoni e cattivi, su giusti e ingiusti. Cioè, sull’amare con la stessa misura  coloro che gli vogliono bene e quanti si ribellano a lui, lo odiano, lo combattono. A Gesù non interessa affatto un perfezionismo che solletichi il nostro orgoglio spirituale – ben esemplificato nei carismi elencati dall’inno alla carità della Lettera ai Corinzi (1Cor 13, 1-14): il dono delle lingue, della profezia, della scienza, persino di una fede che smuova le montagne, il distribuire tutti i propri beni ai poveri, la testimonianza del martirio -, a lui preme che la maniera d’essere di Dio arrivi progressivamente (piano piano, con giudizio!) a permeare il nostro agire. Non perché Lui ci guadagni qualcosa (beh, sì, ci guadagna!), ma perché è solo così che si pongono le condizioni di una vita e perciò di un’umanità più felice. Stasera, a casa di Suely, Dulcy, commentando alcune vicende di questi ultimi giorni, a casa sua e nel bairro, diceva: è qui che vi voglio, è qui che si rivela l’impossibilità del Vangelo.  Il che non è poi così vero, se il Vangelo riesce almeno un po’ ad inquietarci. Perché questo è già l’inizio del cambiamento. Del resto, amare il proprio nemico (a partire da quello piccolo piccolo, vicino di casa) non è poi così difficile, se solo riusciamo a vedere quante delle cose (ambizioni, paure, frustrazioni, desideri), che ce lo rendono nemico, abbiamo in comune. Non si tratta qui di chiudere gli occhi sulle possibili ingiustizie, ma di lottare per rimuoverle, senza odio in cuore. Cercando di convertire l’altro non al nostro punto di vista – e tanto meno a favorire il nostro anche spiritualissimo interesse – ma di convertirci insieme alla logica del Regno. Che è quella del dono, del perdono e della riconciliazione. Se no, ci saremo inevitabilmente ritagliati uno spazio fuori di Dio: incapaci di perdonare gli altri, perché più profondamente incapaci di perdonare noi stessi, non riusciremo a fare l’esperienza del perdono di Dio. E vivremo una vita sbagliata.


Oggi noi si fa memoria di Mauricio Silva Iribarnegaray, piccolo fratello del Vangelo, martire in Argentina, e di Cosme Spessotto, martire in El Salvador.

 

14 MAURICIO SILVA.jpgMauricio Silva Iribarnegaray era nato a Montevideo, in Uruguay. Divenuto salesiano, fu ordinato sacerdote nel 1951, e lavorò negli anni successivi come missionario nella Patagonia argentina, per poi tornare nuovamente a Montevideo. A 45 anni si sentì attratto fortemente dalla spiritualità di Charles de Foucauld e entrò nella fraternità dei Piccoli fratelli del Vangelo di Buenos Ayres. Dopo il noviziato, lavorò per un po’ con la gente delle discariche di Rosario, con quanti, cioè, traggono dalla spazzatura i loro mezzi di sostentamento. Tornato a Buenos Ayres, fece il netturbino, fino a che, il 14 giugno 1977, fu sequestrato da elementi dell’esercito mentre si presentava al lavoro e non riapparve mai più.

 

14 COSME SPESSOTTO.jpgCosme Spessotto era un francescano italiano, missionario in El Salvador. Fu per 27 anni parroco e vicario episcopale della diocesi di San Vicente. La mattina del 14 giugno 1980, fu assassinato da quattro individui armati, che penetrarono in chiesa mentre pregava. Pochi giorni prima aveva lasciato scritto: “Prevedo che, da un momento all’altro, alcuni fanatici potrebbero uccidermi. Chiedo al Signore che, al momento opportuno, mi dia la forza per difendere i diritti di Cristo e della Chiesa. Morire martire sarebbe una grazia che non merito. Lavare, con il sangue versato da Cristo, tutti i miei peccati, difetti e fragilità della vita passata, sarebbe un dono gratuito del Signore. Perdono in anticipo e chiedo al Signore la conversione degli autori della mia morte. Ringrazio tutti i miei fedeli che con le loro espressioni e manifestazioni di stima, mi hanno animato a dar loro quest’ultima testimonianza di vita. Possano anche loro essere buoni soldati di Cristo. Spero di continuare ad aiutarli dal cielo”.

 

2ª Lettera ai Corinzi, cap.8, 1-9; Salmo 112; Vangelo di Matteo, cap.5, 43-48.

 

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali africane.

 

È tutto per stasera. Noi ci si congeda qui, con un brano di René Voillaume, fondatore dei Piccoli Fratelli di Gesù, la congregazione ispirata alla spiritualità di Charles de Foucauld, di cui faceva parte Mauricio Silva Iribarnegaray. È tratto dal suo libro Pregare per vivere” (Cittadella Editrice). Ed è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

I Piccoli Fratelli di Gesù sono chiamati, da parte loro, a vivere uno sforzo di preghiera e di fede che talvolta sgorgherà dalla sofferenza della loro vita, ma più spesso, forse, dalla piena comunione con la miseria fisica e morale di coloro che li circondano. Questo inserimento nell’umanità dolorante è veramente legato allo sgorgare della loro preghiera, e per essi non ci può essere dosaggio in questo campo. Non meravigliamoci, dunque di scoprire che la nostra preghiera dovrà il più delle volte prendere la forma di uno slancio doloroso, di una oscura attesa o di una sete insoddisfatta tesa verso Gesù salvatore, in una consapevolezza della nostra totale incapacità, così chiara, in certi momenti, da essere dolorosa. Non credo che sia nella nostra vocazione ricevere una forma di orazione in cui potremmo fermarci a riposare. Per amore, noi abbiamo legata la nostra sorte agli uomini che sono penosamente in marcia verso la luce. Attraverso l’esercizio della preghiera di fede, otterremo loro quel minimo di fede indispensabile per orientare le loro vite verso Dio; con lo sforzo della speranza che, in certe ore, solleverà pesantemente il nostro cuore verso Gesù, daremo sollievo a quelli che disperano; e con un amore che sarà soprattutto una sete mai spenta di trovare Gesù o di possederlo maggiormente, con questa forma di amore che è desiderio, più che riposo nel possesso, otterremo per gli uomini, curvati verso terra, di desiderare, sia pur confusamente, colui che è tutto l’amore. È in questo senso, che lo Spirito Santo lavorerà nel nostro cuore, ed è bene che sappiamo in quale direzione ci condurrà per non disturbare la sua azione in noi, e perché siamo a nostro agio in questa forma di preghiera. Come sempre, Gesù deve essere il nostro modello. Noi siamo più specialmente chiamati a rivivere la preghiera che saliva dal suo cuore quando era premuto dalla folla dei malati e dei poveri, stanco della fatica del cammino, tra la polvere delle strade, quando era disturbato e sollecitato da tutti, al punto da non trovare più il tempo per mangiare. (René Voillaume, Pregare per vivere).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 14 Giugno 2011ultima modifica: 2011-06-14T22:54:00+02:00da fraternidade
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