Giorno per giorno – 13 Giugno 2011

Carissimi,

“Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra” (Mt 5, 38). E, detto così, potrebbe sembrare avallare ogni sorta di ingiustizia e violenza. Il che non è da Gesù. Chi se ne intende però rileva che il verbo greco tradotto qui con “opporsi” (anthistēmi) ha spesso una valenza militare, o comunque violenta. E quindi sarebbe meglio tradurlo, in questo contesto, con “non opponete violenza a violenza”, così come anche Paolo esorta nella sua lettera ai Romani: “Non rendete a nessuno male per male” (Rom 12, 17), e anche: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male” (v.21).  Beh, stamattina, ci confessavamo che questo non è per niente semplice, nonostante si sia al giorno dopo di Pentecoste, quando si sarebbe dovuto fare il pieno dello Spirito. Del suo Spirito. Le esemplificazioni che Gesù porta per indicare come ci si possa opporre in maniera nonviolenta all’ingiustizia potrebbero costituire l’incipit di un manuale per la rieducazione del violento. Per compilare il quale è lasciato poi spazio alla fantasia di ognuno. Ciò che importa è proporsi di interrompere il circolo vizioso innescato dal comportamento aggressivo, a cui viene spontaneo reagire per le rime. E anche oltre. La domanda che concretamente ci poniamo potrebbe essere questa: Come disperdere i superbi nei pensieri del loro cuore e rovesciare i potenti dai troni, secondo la promessa contenuta nel Magnificat, senza uguagliarsi a loro, per superbia e uso della forza? O, forse, persino: come convertire loro e noi alla logica del Regno? Noi crediamo che i  nostri poveri, anche in questo, evangelizzino. Senza, spesso, sapere necessariamente qualcosa del Vangelo. Quando, per esempio, rispondono con ironia e disincanto all’inevitabile, intrinseca violenza che caratterizza i ricchi nel rapportarsi a loro. Persino nel fornire aiuti, o nell’esibire o dispensare cultura (che rappresentano, poi, i troni da cui governano o sgovernano, o anche il manrovescio dell’esempio evangelico). L’ironia dei poveri – assolutamente involontaria e naturale -, che, ovviamente, sulle prime indispettisce, ma, poi, può anche convertire (sbalzare dai troni che ci si costruisce e dalle artificiose sicurezze che essi significano), è una sorta di richiamo e di rinvio ad altri e assai più preziosi valori, che loro posseggono e i ricchi, così attaccati ai beni, sembrano ignorare. Quelli cui alludeva Gesù, nel menzionare i gigli del campo e gli uccelli del cielo. Che dicono capacità di convivio, gratuità, amicizia, allegria, assieme alla dura fatica quotidiana. O, se preferiamo, abbandono alla Provvidenza e al fluire della vita, che, ogni giorno, ha già le sue inquietudini. E non c’è davvero bisogno di inventarcene altre.            

 

Oggi è memoria di Antonio di Padova, evangelizzatore e amico dei poveri.

 

13_ANTONIO_DI PADOVA.jpgNato a Lisbona nel 1195, il giovane Fernando de Bulhões y Taveira de Azevedo entrò nell’Ordine dei Canonici regolari di S. Agostino, e fu ordinato sacerdote a ventiquattro anni. Dopo i primi anni nel convento di Lisbona, chiese ed ottenne di essere trasferito nel monastero della Santa Croce a Coimbra. Qui però, la nomina a priore di un monaco del tutto alieno alla vita ascetica e che, con uno stile di vita dissoluto, contribuì a sperperare in poco tempo le sostanze del monastero e, più ancora, a danneggiarne il buon nome, tanto da esser presto scomunicato da papa Onorio III, la comunità finì per spaccarsi in due: da un lato i sostenitori del priore e del suo stile, dall’altra quanti desideravano invece condurre un vita austera, modesta e tutta dedita a Dio. Tra questi, ovviamente, il giovane Fernando. Quando passarono da Coimbra i primi frati francescani diretti in Marocco, Fernando restò incantato dalla loro radicalità evangelica e intuì che quello sarebbe stato il suo cammino. Entrò così  nell’ordine dei frati minori, cambiando il suo nome in quello di Antonio, e si imbarcó per il Marocco come missionario. Una malattia insorta durante il viaggio frustrò i suoi piani di recarsi ad annunciare il Vangelo alle popolazioni islamiche. Si recò allora in Italia, dove, dopo aver preso parte al Capitolo generale di Assisi, presente lo stesso Francesco d’Assisi, si stabilì. Qui si fece presto conoscere come grande oratore. La sua predicazione, che richiamava moltitudini immense, rifletteva una profonda conoscenza della Sacra Scrittura. Passò come un turbine, combattendo gli errori dottrinari del suo tempo, la corruzione e la rilassatezza del clero, l’arroganza e la prepotenza di ricchi e potenti contro la gente povera e semplice. Ammalatosi, morì il 13 giugno del 1231.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

2ª Lettera ai Corinzi, cap.6, 1-10; Salmo 98; Vangelo di Matteo, cap. 5, 38-42.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India, Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

 

Beh, sulla vittoria ai Referendum, tenuti nel vostro Paese, è già stato detto tutto. E, più ancora se ne dirà, nei prossimi giorni. Noi, comunque, non  crediamo si sia trattato di uno sberlone dato a Berlusconi (nonostante l’assonanza), anche perché, gli sberloni (forse, proprio per l’assonanza) era lui che li distribuiva da troppo tempo a destra e a manca. E la risposta del Referendum è stata solo un fermo, pacato, tranquillo, consapevole ed ora soddisfatto: adesso basta, per favore. È ora di finirla. Come si fa con un bambino bizzoso, che non si decide a crescere. Peccato, ma proprio peccato, per gli astenuti. Hanno perso l’occasione per dimostrare che, almeno loro, erano cresciuti.    

 

Più sopra si diceva dei ricchi che, possiamo essere anche noi, come ripete spesso Rafael per evitare di chiamarsi fuori. E, ai ricchi, è dedicato anche questa predica di Antonio di Padova, tratta dai suoi”Sermoni” (Edizioni Messaggero Padova), che vi proponiamo, nel congedarci, come nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

“E io vi dico: Procuratevi degli amici con l’iniqua ricchezza perché, quando essa vi verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne” (Lc 16, 9). Il vangelo chiama le ricchezze con il termine siriaco mammona, che significa “ricchezze inique”, in quanto sono frutto dell’ingiustizia. Se dunque l’iniquità accortamente amministrata si converte in giustizia, quanto più innalzeranno verso il cielo un bravo amministratore le ricchezze della parola divina nella quale non c’è nulla di ingiusto. Dire amico è come dire “custode dell’anima” (lat. animi custos), e il termine viene da amare. L’amicizia consiste nel desiderare il bene a vantaggio di colui che si ama, in accordo con le sue aspirazioni (Agostino). I ricchi di questo mondo che con gli imbrogli accumulano ricchezze di iniquità, cioè facendo differenze, non potrebbero avere amici più affezionati – se lo capissero – delle mani dei poveri, che sono il tesoro di Cristo. Dice Gregorio: Perché i ricchi si ritrovino qualcosa nelle mani dopo la morte, si dice loro, prima della morte, nelle mani di chi devono riporre le ricchezze. O ricco, dà a Cristo quello che egli stesso ti ha dato: lo hai avuto come donatore, abbilo come debitore, che ti restituirà con grande interesse. O ricco, stendi, ti prego, la mano arida al povero, e se prima era arida per l’avarizia, rifiorisca ora con l’elemosina. Dice infatti Salomone nell’Ecclesiaste: “Fiorirà il mandorlo, s’ingrasserà la locusta, sarà disperso il cappero (Eccle 12, 5). Il mandorlo, dice Gregorio, fiorisce prima delle altre piante, ed è figura di colui che fa l’elemosina, il quale, fiorente di compassione e di misericordia, deve far sbocciare prima di tutto il fiore dell’elemosina. Dice Isaia: “Fiorirà e germoglierà Israele” (Is 27, 6). Israele, cioè il giusto, fiorirà con l’elemosina e germoglierà con la compassione. Ma fa’ attenzione che, pur venendo il germoglio prima del fiore, non ha scritto prima “germoglierà”, ma “fiorirà” e poi “germoglierà”; e lo ha fatto per la ragione che quando il giusto fiorisce con l’elemosina, deve poi germogliare con la compassione, perché deve offrire l’elemosina al povero non solo con la mano ma anche con l’affetto del cuore, perché non succeda che l’avarizia faccia rimpiangere l’elemosina. (Antonio di Padova, Sermone per la Domenica IX dopo Pentecoste).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro        

Giorno per giorno – 13 Giugno 2011ultima modifica: 2011-06-13T22:33:00+02:00da fraternidade
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