Giorno per giorno – 11 Aprile 2011

Carissimi,

“Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? Ed ella rispose: Nessuno, Signore. E Gesù disse: Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8, 9-11). Dicono che ci volle un bel po’ di tempo (addirittura qualche secolo) perché l’episodio dell’adultera trovasse una sua collocazione nel Vangelo. Forse per il valore simbolico che l’adulterio era venuto assumendo sia nel mondo giudaico che nella comunità cristiana primitiva, immagine dell’infedeltà al Dio dell’alleanza, segno di una caduta rovinosa nell’idolatria, e perciò peccato irredimibile. Così si era preferito nascondere quel pezzo di Vangelo, perché nessuno ne traesse motivo per abusarne. Ma, così facendo, tacendo, cioè, del perdono all’adultera, era la Chiesa stessa che adulterava il messaggio ricevuto. Lapidando, ormai solo metaforicamente, o scomunicando, i colpevoli, era se stessa che in realtà condannava e poneva fuori dalla comunione espressa dal mistero di quel Dio d’Amore che Gesù aveva rivelato. Stamattina ci chiedevamo se nella chiesa  – non quella del diritto canonico che troverà sempre il modo di giustificare la sua maniera di procedere – ma quella che siamo noi, si sia ancora capaci di ridire quella parola, la Sua, in ogni situazione: Neanche noi ti (ci) condanniamo. Andiamo e d’ora in poi non pecchiamo più.     

 

Oggi il nostro Calendario ecumenico ci porta le memorie di Calinic di Cernica, monaco e pastore, e di George Augustus Selwyn, pastore e testimone di Cristo in Nuova Zelanda.

 

11 CALINIC.jpgCostantino Antonescu era nato a Bucarest nel 1787 e a vent’anni, dopo una brillante carriera negli studi, aveva deciso di votarsi alla vita monastica, entrando nel monastero di Cernica, dove assunse il nome di Calinic. Uomo ascetico, amante dell’orazione e profondamente umile, manifestò da subito i tratti di una spiritualità matura ed equilibrata, al punto che la comunità lo volle come suo confessore e padre spirituale, quando era solo ventiseienne. Eletto quattro anni più tardi igumeno del monastero, mantenne quest’ufficio per trentun anni, dando un forte impulso alla vitalità dello stesso. Eletto vescovo di Rimnicul Valcea nel 1850, Calinic riuscì in pochi anni a rinnovare la vita di quella Chiesa, prima di far ritorno al suo amato monastero ove si spense l’11 aprile 1868.     

 

11 George Augustus Selwyn.jpgGeorge Augustus Selwyn nacque il 5 aprile 1809 a Hampstead, in Inghilterra, figlio di un avvocato costituzionalista, William Selwyn e di sua moglie, Laetitia Frances Kynaston. Durante i suoi studi, a Ealing, divenne amico inseparabile di John H. Newman, il futuro cardinale e santo. La sua carriera universitaria, a Eaton e a Cambridge, fu segnata dall’assegnazione di numerosi premi al merito,  sia come studente che come atleta. Selwyn era infatti, tra l’altro, un eccellente nuotatore. In quegli stessi anni maturò la sua vocazione ecclesiastica, che lo portò ad essere ordinato diacono nel 1833 e presbitero l’anno successivo. Nel giugno 1839, sposò, a Londra, Sarah Harriet Richardson e, due anni dopo, fu nominato e consacrato primo vescovo della Nuova Zelanda. Come prima cosa, decise di imparare la lingua maori, in modo da poter predicare già al suo arrivo nella lingua del posto. Subito dopo si mise a fondare comunità non solo nella Nuova Zelanda, ma in quasi tutte le isole della Melanesia. Si sentì autorizzato a farlo, perché il documento di nomina, per un errore dell’estensore, indicò il limiti della nuova diocesi a 34 gradi di latitudine a nord dell’equatore, invece che 34 gradi di latitudine a sud. (Sarà solo nel 1957 che le isole diventeranno una provincia separata della comunione anglicana). Durante gli anni del suo episcopato in quella regione fu sempre attento a non entrare in concorrenza con le missioni di altre chiese, per evitare di porre ostacoli al libero annuncio della Parola di Dio. Nella situazione di tensione tra la potenza coloniale britannica e le popolazioni locali, Selwyn difese sempre i diritti degli indigeni e, nel Primo Sinodo Generale della Chiesa in Nuova Zelanda, garantì l’adozione del principio della piena partecipazione dei cristiani Maori al governo della Chiesa. Nel 1867, Selwyn fu nominato vescovo di Lichfield, in Inghilterra, dove fece ritorno sia pure riluttante e ove visse fino all’11 aprile del 1878. 

 

11 PACEM IN TERRIS.jpgL’11 Aprile 1963, Giovanni XXIII rendeva pubblica l’enciclica Pacem in Terris, che rappresenta il vertice del suo magistero sul tema della Pace. È una parola che non cessa di interpellare la Chiesa e l’intera comunità umana. In tempi che ne sembrano ancora assai lontani.

 

I testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Daniele, cap.13,1-9.15-17.19-30.33-62; Salmo 23; Vangelo di Giovanni, cap.8,1-11.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni  dell’India: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

 

Per stasera è tutto. Noi ci si congeda qui, lasciandovi al brano di un sermone tenuto da George Augustus Selwyn, in occasione della consacrazione episcopale di un suo confratello. L’originale lo potete trovare nel sito di Anglican History. È questo, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Se ci sono state epoche in cui la Chiesa è stata oscurata dalla superstizione, se quei tempi, neppure adesso possono considerarsi superati, non è forse accaduto così allo stesso Cristo? Dovremmo tacere il nome di Cristo, perché alcuni negano la sua divinità? No, e allora non eviteremo neppure di porre la Chiesa sopra un monte (cf Mt 5, 14), perché Scribi e Farisei credono in cuor loro di essere giusti. E non sopprimeremo la Parola di Dio, perché alcuni la torcono a loro propria distruzione. E non rinunceremo alla nostra Forma di Preghiera Comune, solo perché alcuni fanno di essa una semplice forma. E non dubiteremo della necessità dei Sacramenti, perché alcuni sono così ignoranti da fare affidamento sull’atto esteriore. Noi non guardiamo a ciò che sta in basso, ma a ciò che sta in alto: non alla corruzione di ciò che è buono, ma alla pienezza dell’amore divino, da cui il bene procede. Se ci è detto di portare i nostri figli al battesimo, o di venire noi stessi alla Cena del Signore, non dobbiamo ribattere che abbiamo visto bambini battezzati crescere come uomini malvagi, o che conosciamo persone che si comunicano e che vivono empiamente. La Parola di Dio, i Sacramenti istituiti da Cristo, ogni rito, preghiera e  lode, il ministero della Chiesa – tutto può corrompersi ed essere pervertito al male, lo spirito della religione  può scomparire nella forma; il segno esteriore può usurpare il posto della cosa significata; le cose visibili possono allontanare la mente dal pensiero del Dio eterno, immortale e invisibile; il Giorno del Signore può diventare una giornata di disordini; tutte le cose sante possono sembrare cadere in rovina, come lo stesso uomo, immagine di Dio, vi cade: ma trascurare i doni di Dio a causa dell’abuso di essi da parte degli uomini; trasgredire i comandamenti di Dio a causa della disobbedienza dell’uomo; dubitare delle promesse di Dio a causa del rifiuto opposto ad esse dall’uomo: non è questa la strada per raggiungere la religione pura e spirituale del cuore. Noi dobbiamo attendere Dio sulla strada dei suoi comandamenti. (George Augustus Selwyn, Sermon Delivered at the Consecration to the Episcopate of the Rt. Rev. William Bell White Howe).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro

Giorno per giorno – 11 Aprile 2011ultima modifica: 2011-04-11T23:25:00+02:00da fraternidade
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