Giorno per giorno – 06 Febbraio 2011

Carissimi,

“Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli” (Mc 5,16). E che le opere buone non siano propriamente le nostre elemosine, né i nostri volonterosi esercizi di pietà (che, per carità, ci possono pure stare, ma senza sovrastimarli), è la lettura di Isaia che si preoccupa di chiarircelo, parlando del digiuno gradito a Dio, che consiste “nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi  parenti”. E che promette: “Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio” (Is 58, 7. 9-10). E, così siamo riportati alle Beatitudini che abbiamo sentito proclamare domenica scorsa. È, infatti, vivendo lo spirito delle Beatitudini che potremo essere sale e luce. Che non è poi così gran cosa, come ci si diceva con Rafael e Laura, con cui abbiamo letto e meditato questo Vangelo. Perché il sale, da solo, è amaro che ti raccomando,  e, la luce, mica la guarda nessuno.  Così, noi cristiani non dovremmo mica vantarci troppo: in fondo siamo povera cosa, la merce che vale meno sul mercato, l’elemento più insignificante tra gli accessori di un casa. E, comunque, se il sale potesse pensare e la lampadina anche, si fregherebbero le mani di soddisfazione, quello  per il sapore che ha potuto dare agli alimenti, questa per le cose belle che ha permesso di vedere. Ma, nel primo come nel secondo caso, a beneficio degli altri. Che, allora, è un po’ come giocare ad essere Dio.   

 

I testi proposti dalla liturgia di questa 5ª Domenica del Tempo Comune sono tratti da:

Profezia di Isaia, cap.58, 7-10; Salmo 112; 1ª Lettera ai Corinzi, cap.2, 1-5; Vangelo di Matteo, cap.5, 13-16.

 

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

 

Oggi ricordiamo le figure di Paulo Miki e compagni, martiri in Giappone, Ksenija di Pietroburgo, folle per Cristo, Sergio Mendes Arceo, voce dei poveri in America Latina, David Maria Turoldo, poeta e resistente.

 

06_PAULO_MIKI.jpgPaolo Miki fu il primo giapponese accolto in un Ordine religioso cattolico. Nacque nel 1564 e ricevette il battesimo a cinque anni. Frequentò gli studi in un collegio della Compagnia di Gesù, dove scoprì la sua vocazione religiosa. Entrato in noviziato a 22 anni, proseguì gli studi con successo, diventando un profondo conoscitore di religioni orientali. Percorse il Paese in lungo e in largo, operando numerose conversioni.  Il potere politico-militare che in un primo momento aveva dimostrato un atteggiamento tollerante verso i cristiani, improvvisamente mutò registro, dando inizio a violente campagne persecutorie. Paolo Miki, arrestato nel dicembre 1596 a Osaka, trovò in carcere alcuni missionari, tre gesuiti e sei francescani, con 17 laici giapponesi. Insieme a tutti loro, venne crocifisso su un’altura presso Nagasaki.

 

06 XENIA DI PIETROBURGO.jpgDella vita di Ksenija Grigorievna Petrova abbiamo solo poche notizie. Sappiamo che era nata intorno al 1720 in una nobile famiglia di Pietroburgo e che ancor giovane aveva sposato il colonnello Andrea Fedorovic. A ventisei anni era rimasta vedova, in seguito alla morte improvvisa del marito. Sconvolta da questa perdita, abbandonati i lussi mondani, Ksenija scelse di vivere la vita degli “jurodivyc”, i “folli per Cristo”. Distribuite le sue sostanze ai poveri, rinunciò al proprio nome e volle essere chiamata con quello del marito. Poi, vestita degli abiti di questi, cominciò a vagare per le vie di Pietroburgo, recandosi a pregare nelle campagne circostanti, a contatto con la natura. La sua mitezza, i suoi atteggiamenti bizzarri, la povertà delle sue vesti, se in un primo momento, le procurarono la derisione e il disprezzo della gente, le conquistarono poi la simpatia e la devozione di molti. Ksenija visse questa condizione di “folle per Cristo” per più di 40 anni, fino alla morte, avvenuta presumibilmente nel 1803. La sua memoria fu fissata dalla Chiesa ortodossa russa il 24 gennaio del calendario giuliano, che corrisponde al nostro 6 febbraio.

 

06 MENDES ARCEO bis.jpgSergio Mendes Arceo, nato nel 1908 in Messico, da giovane voleva diventare un matematico, ma optò poi per il sacerdozio. Ordinato a Roma nel 1932, dopo aver conseguito il dottorato all’Università Gregoriana, fece ritorno in patria, dove fu per alcuni anni professore e direttore spirituale del seminario, finché fu nominato vescovo di Cuernavaca, nel 1952. Si aprì da allora, lentamente, il suo processo di conversione al mondo dei poveri. Le sue innovazioni coraggiose sollevarono le critiche e l’ostilità aperta degli ambienti più conservatori. Chiamato a Roma, rifiutò di rispondere alle domande del Santo Ufficio, chiedendo e ottenendo di essere ricevuto dal papa. Paolo VI lo accolse freddamente, ma un’ora e mezzo di colloquio bastarono ad aprirgli gli occhi su quell’uomo critico, libero e cercatore della giustizia. Tornato nella sua diocesi, si sentì confermato nell’opzione dei più poveri ed esclusi. Nei conflitti operai, studenteschi e contadini non fu mai neutrale, ma  sempre di parte, a fianco delle vittime della violenza strutturale. Così come appoggiò, con l’amicizia critica di cui era capace, le esperienze cubana e nicaraguense. Nel 1983, al compimento dei 75 anni, lasciata la diocesi, si ritirò nel villaggio nahua di Ocotepec, dove continuò a celebrar messa nella sua parrocchia, lavorando dodici ore al giorno. Fino alla morte, che lo colse in questo giorno, nel 1992.

 

06_DAVID_TUROLDO.JPGGiuseppe Turoldo nacque nel 1916 a Coderno, in Friuli nella famiglia poverissima di Giovanbattista e Anna Di Lenarda. Entrato nell’Ordine dei Servi di Santa Maria, fece il 2 agosto 1935 la sua prima professione religiosa, assumendo il nome di Davide Maria, e, il 19 agosto 1940, fu ordinato sacerdote, svolgendo il suo ministero a Milano nel convento di San Carlo al Corso e come predicatore in duomo, fino al 1953. “Esiliato” per volere della curia romana, potè far ritorno in Italia, con l’avvento di papa Giovanni XXIII, scegliendo di stabilirsi nella millenaria abbazia di S. Egidio nei pressi di Sotto il Monte (Bg), dove restò fino alla morte. Socialmente e politicamente impegnato, fece suo il comando evangelico di “essere nel mondo senza essere del mondo”, traducendolo in “essere nel sistema senza essere del sistema”. Turoldo fu il poeta cristiano che più d’ogni altro nel nostro secolo espresse la passione per il contrasto, lo stare fermamente dentro la Chiesa ma nello stesso tempo starvi criticamente. Con Padre Balducci, Don Milani, Don Dossetti, Don Mazzolari e altri, fu uno degli esponenti più rappresentativi di un rinnovamento del cristianesimo e assieme di un nuovo umanesimo sociale. Morì dopo una lunga malattia il 6 febbraio 1992, il giovedì della quarta settimana del Tempo comune, in cui la liturgia propone ai fedeli il racconto della morte del re David. Il card. Martini, che già in una cerimonia pubblica aveva voluto chiedergli scusa a nome della Chiesa per le persecuzioni subite, officiò le sue esequie. 

 

E con una poesia di David M. Turoldo noi ci congediamo. È tratta dalla raccolta “Nel Segno del Tau”, riportata in “O sensi miei…” (Rizzoli), ed ha come titolo “E non chiedere nulla”. È, per oggi il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Ora invece la terra / si fa sempre più orrenda: // il tempo è malato / i fanciulli non giocno più / le ragazze non hanno / più occhi / che splendono a sera. // E anche gli amori / non si cantano più, / le speranze non hanno più voce, / i morti doppiamente morti / al freddo di queste liturgie: // ognuno torna alla sua casa / sempre più solo. // Tempo è di tornare poveri / per ritrovare il sapore del pane, / per reggere alla luce del sole / per varcare sereni la notte / e cantare la sete della cerva. / E la gente, l’umile gente / abbia ancora chi l’ascolta, / e trovino udienza le preghiere. // E non chiedere nulla. (David Maria Turoldo, E non chiedere nulla).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 06 Febbraio 2011ultima modifica: 2011-02-06T22:03:00+01:00da fraternidade
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