Giorno per giorno – 03 Febbraio 2011

Carissimi,

“Gesù chiamò allora i Dodici ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi. Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano” (Mc 6, 7. 12-13). È il Vangelo delle istruzioni ai Dodici,  ma perciò anche per tutti coloro che sono in diverso modo “inviati”. Ed è un invito, che risuona insistente, a vivere la missione con spirito non individualista (v.7), a condividere la condizione di povertà degli ultimi (v.8-9), a creare comunità (v.10), a non scandalizzarsi del rifiuto opposto all’annuncio da chi si lascia guidare dalla logica del dominio, ma soprattutto, come suggeriva Rafael, a “não cair nessa”, non caderci dentro noi ed allontanarsi anzi in tutta fretta, “scuotendo la polvere di sotto ai piedi” (v.11), per evitare di lasciarsene in qualche modo contagiare. E, poi, chiamare a conversione, combattere le cause della divisione nella società, guarirne i malati. Il tutto senza dottrine complicate, né programmi ideologici, né troppe sovrastrutture. Cose semplici, alla portata di tutti.

 

La Chiesa cattolica ricorda Biagio di Sebaste, medico, vescovo e martire.

 

03_bras.jpgBiagio presiedeva la Comunità di Sebaste, in Armenia, durante l’impero di Licinio (che si occupava dell’Oriente), cognato di Costantino (che invece governava l’Occidente). I due, non si sa bene perché, entravano spesso in conflitto. Nessuno dei due, del resto, era uno stinco di santo. Tanto è vero che Costantino  fece strangolare Licinio a Salonicco nel 325. Ora, mentre Costantino, nel 313, aveva  emesso il  decreto che concedeva la libertà di culto ai cristiani, Licinio, tergiversava e lasciava mano libera ai suoi governatori, che bruciavano chiese, condannavano i cristiani ai lavori forzati e facevano fuori i loro vescovi. Tra loro, Biagio. Imprigionato, ripetutamente torturato, infine condannato alla decapitazione, raccontano di lui che mentre si recava al luogo del supplizio, vide un ragazzo tra i curiosi che assistevano al suo passaggio che stava morendo soffocato a causa di una lisca di pesce conficcatasi nella trachea. Dribblate le guardie, Biagio raggiunse il ragazzo, soccorrendolo tempestivamente. Poi riprese il suo posto nel corteo che lo portava all’arena. Il racconto ne avrebbe fatto a lungo il protettore contro le malattie della gola.

 

Apprendisti come siamo alla scuola della nonviolenza, confessiamo che non guardiamo con troppa simpatia ai cappellani militari e che, come ci è capitato di dire altre volte,  sogniamo il giorno in cui preti, pastori, rabbini, inquadrati negli organici militari, lasceranno le loro mostrine, per testimoniare la loro obiezione ad ogni esercito e ad ogni violenza ed essere soltanto annunciatori della Parola di Pace, fedeli ad un’unica patria, quella della comune umanità. Detto questo, oggi, scegliamo, eccezionalmente, di far memoria di alcuni di loro, che hanno saputo fare la cosa giusta, anche se con la divisa [come lo è ogni divisa] sbagliata: I quattro cappellani militari del Dorchester.     

 

03 I QUATTRO CAPPELLANI.jpgSi chiamavano: Clark Poling (nato il 7 agosto 1910 a Columbus, nell’Ohio), ministro congregazionalista; George Fox (nato a Lewistown, in Pennsylvania, il 15 marzo 1900), pastore metodista, Johnny Washington (nato a Newark, nel New Jersey, il 18 luglio 1908.), prete cattolico e Alexander Goode (nato a Brooklyn, New York, il 10 maggio 1911), rabbino ebreo, ed erano tutti e quattro cappellani militari sull’incrociatore Dorchester, della marina Usa, durante la Seconda Guerra mondiale. La mattina del 3 febbraio 1943, la nave fu silurata. I cappellani stavano indossando i loro giubbotti di salvataggio, quando si accorsero che molti dei 900 marinai ne erano sprovvisti. Decisero unanimente di privarsene, perché almeno altri quattro potessero vivere. I sopravvissuti dissero poi che quando la nave s’inabissò, videro i cappellani con le braccia legate pregare insieme sul ponte.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera agli Ebrei, cap.12, 18-19. 21-24; Salmo 48; Vangelo di Marco, cap.6, 7-13.

 

La preghiera del Giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

È tutto, per stasera. Si è parlato, più sopra, dello stile povero della missione e, navigando in rete, ci è capitata sotto gli occhi questa riflessione di Alessandro Pronzato, prete e scrittore. Ci è parsa in tema, così, nel congedarci, ve la proponiamo come nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Chi l’avrebbe mai detto. Pare siano tornati di moda i ‘filatteri’ in versione aggiornata e raffinata. Si è svolta addirittura, qualche tempo fa, una clamorosa sfilata di moda in chiave ecclesiastico-liturgica, con casule e paramenti sacri firmati o, come si usa dire, “griffati”. Molti sono rimasti perplessi. Qualche altro – invitato d’onore – ha abbozzato. C’è anche chi non ha mancato di esprimere la propria indignazione per quello che riteneva uno scandalo e un cedimento alla logica consumistica che avrebbe contagiato anche le sacrestie. Al di là di tutte le interpretazioni che si possono dare della faccenda (che, comunque la si consideri, non è tale da rafforzare la fede), resta il fatto che Dio non bada tanto a che i capi di abbigliamento – anche sacri – siano “firmati”. A lui interessa la persona che sta sotto quegli stracci (si tratta pur sempre di stracci, anche se costosi, soprattutto se costosi…). È importante che la persona sia “firmata”, e che la firma abbia piena validità su un piano evangelico. Dio non veste i suoi ministri alla moda degli stilisti famosi. Semmai li spoglia. La sua Parola, impietosa, strappa di dosso abiti e maschere (e perfino un po’ di pelle, se necessario), e mette a nudo la persona… E, a proposito di vanità ecclesiastica. Si rimane perplessi di fronte a certi neo eletti pastori, i quali appaiono intimamente ed esteriormente compiaciuti, con la loro fiammante fascia rossa, il crocifisso prezioso che luccica sul petto e manda inconfondibili barbagli, ed esibiscono l’aria soddisfatta di chi pensa: “Ci sono arrivato, finalmente!” E il culmine cui sono arrivati non è certamente il Calvario… Sarà opportuno ricordare ciò che san Bernardo scriveva a papa Eugenio III° (1145-1153), un cistercense che era stato suo antico discepolo, a proposito della “porpora merlettata” degli ornamenti pontifici: “… Straccia queste vesti di fogliame: non fanno che mascherare l’obbrobrio di una piaga inguaribile! Distruggi le illusioni degli onori di un giorno; spegni il falso splendore di tale gloria! Fatto ciò potrai considerare la tua nullità. Infatti tu sei uscito nudo dal ventre di tua madre. Sei forse nato con la tiara? Eri forse, quel giorno, splendente di gioielli, tutto pizzi e merletti, incoronato di piume e coperto d’oro? L’inconsistenza di queste cose mi fa pensare alle nebbie del mattino che, non appena formate, sono portate via dal vento e si dissolvono”. (Alessandro Pronzato).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 03 Febbraio 2011ultima modifica: 2011-02-03T22:33:00+01:00da fraternidade
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