Giorno per giorno – 02 Febbraio 2011

Carissimi,

“Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore, e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore” (Lc 2, 22. 24). Quando, qualche giorno fa, ci si era ritrovati con Rafael e Laura, a riflettere insieme su questo Vangelo, la prima perplessità manifestata era stata: purificazione perché? A tentare di spiegare le prescrizioni previste in materia dal libro del Levitico (Lv 12, 1-8) si sono affannate generazioni di studiosi di ogni ambito del sapere (medicina, psicologia, filosofia, sociologia ecc) e tutto lascia prevedere che si affanneranno ancora a lungo, nonostante le molte risposte finora fornite. Chissà, forse proprio per questo le norme di purità rientrano nella categoria dei “chukkim”, decreti divini per i quali non è data nessuna spiegazione razionale. Possiamo però procedere almeno per esclusione. Puro, impuro, e perciò anche purificazione non hanno, in questo caso, a che fare con le categorie della morale. E persino quando la Bibbia dice: “porterà all’ingresso della tenda del convegno un agnello di un anno come olocausto e un colombo o una tortora come espiazione del peccato” (Lv 12, 6), il peccato non si riferisce al rapporto sessuale che ha portato a concepire e dare alla luce il figlio, ma come spiega Rabbi Shimon Bar Yochai nel Talmud (la tradizione orale così importante per aiutare ad intendere il significato più vero della Torah scritta), consiste nel fatto che “nell’ora in cui sta per partorire si contorce [per il dolore] e giura di non avere più rapporti sessuali con il marito” (TB Niddà 35a). Questo è il peccato che la donna deve espiare: non averne avuti, ma non volerne più. Sarebbe del resto paradossale che la Bibbia considerasse peccato quello che è invece il primo precetto positivo della Legge: Siate fecondi e moltiplicatevi (Gen 1, 28). Dunque, nessuna fobia verso la sessualità. Anche alla luce di quel grande, immortale, poema che è il Sir hassirim, il Cantico dei cantici, che Rabbi Akiva definiva il più bello e il più santo di tutti i libri della Bibbia, vera e propria chiave d’accesso alla comprensione di tutta la Scrittura. Il tempo di purificazione, in ogni caso, prescinde dall’offerta che si deve al santuario, ed è legato, secondo le diverse interpretazioni, al vuoto creato nella puerpera dalla separazione-allontanamento da quell’elevato concentrato di santità, dato dalla vita nascente (doppiamente santo nel caso di una bambina, assimilabile a Dio per il suo potere di generare una vita, il che spiega il tempo doppio necessario alla purificazione rispetto al caso di un bambino). Tutto questo è in qualche modo paragonabile allo stato in cui si trova il buon ebreo all’uscita del Sabato, il tempo più sacro per l’incontro con Dio, o anche all’alternarsi tra lo stato di veglia, santo perché permette il compimento dei precetti, e il sonno, impuro, povero di santità, perché ce ne allontana. Beh, con riguardo alla festa di oggi, ci pare davvero che, in questa prospettiva, possa essere ben applicato anche alla madre di Gesù, che di assai più grande santità si è vista espropriata nel dare alla luce Gesù, niente meno che il figlio di Dio. E comunque oggi si celebra soprattutto la festa del primo incontro di Gesù con il Padre, a cui viene offerto, e subito riscattato, come ogni primogenito. E noi ci chiedevamo se siamo davvero pronti a offrire, assieme a Lui,  il meglio di noi stessi a Dio, per poi, “riavutici”, passare nel mondo come benedizione.      

 

Oggi è, dunque,  la Festa della Presentazione del Signore.

 

02 PRESENTAZIONE AL TEMPIO.JPGFu nel VI secolo che l’imperatore Giustiniano estese a tutto l’impero d’Oriente la festa di Ipapante (l’Incontro), che le comunità cristiane celebravano da quasi duecento anni il 2 Febbraio. La Chiesa di Roma l’avrebbe introdotta, un secolo più tardi, con il nome con cui la conosciamo oggi. Il papa Sergio I (687-701) istituì in tale data la più antica delle processioni penitenziali romane, che partiva dalla chiesa di S. Adriano al Foro e si concludeva a S. Maria Maggiore. Il rito della benedizione delle candele, praticato già nel sec. X, fu ispirato alle parole di Simeone: “Con i miei occhi ho visto il Salvatore. Tu l’hai messo davanti a tutti i popoli: luce per illuminare le nazioni”. Da questo rito è derivato il nome popolare di festa della “candelora”

 

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della Festa di oggi e sono tratti da:

Profezia di Malachia, cap.3, 1-4; Salmo 24; Lettera agli Ebrei, cap.2, 14-18; Vangelo di Luca, cap.2, 22-40.

 

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita nella testimonianza  per la pace, la fraternità e la giustizia. 

 

Oggi, il nostro calendario ci porta anche la memoria di Alfred Delp, martire del totalitarismo nazista.

 

02 ALFRED DELP.jpgAlfred era nato a Mannhheim in Germania il 15 settembre 1907, da madre cattolica e padre protestante e, quattordicenne, aveva ricevuto la sua Confermazione nella chiesa luterana, salvo passare, poco dopo, nella chiesa cattolica. Completati brillantemente gli studi, era entrato nella Compagnia di Gesù nel 1926. Ordinato prete nel 1937, contò tra i suoi amici il grande teologo gesuita Karl Rahner.  Durante la seconda guera mondiale con altri amici entrò a far parte di un gruppo antinazista con lo scopo di individuare proposte nuove, oltre il capitalismo e il socialismo, sulla questione sociale e e sulle condizioni di vita dei ceti operai. La Gestapo cercò senza successo di dimostrare una sua collaborazione nel fallito attentato a Hitler. Arrestato nel 1944 a Monaco e poi trasferito a Berlino, nella sua autodifesa, Delp affermerà: “La mia colpa è solo quella di aver creduto che la Germania alla fine saprà uscire da quest’ora di tenebra e di angoscia e di aver rifiutato questo cumulo di arroganza, orgoglio e di forza che costituisce lo stile di vita nazista, e di averlo fatto come cristiano e gesuita”.  Confinato in un’oscura cella e mantenuto in catene, nel dicembre 1944 Delp stese una serie di penetranti riflessioni sul tempo di Avvento e sul Natale, sullo sfondo della tragedia della guerra e della sua propria morte che sentiva ormai vicina. Fu impiccato nel carcere di Plotzensee il 2 febbraio 1945. Mentre si avviava alla forca disse al cappellano che l’assisteva: “Tra mezz’ora ne saprò molto più di te”.

 

Oggi è stato il compleanno del nostro Rafael, che ha completato ventidue anni, ed è l’anniversario di professione religiosa di irmã Paula. Li mettiamo entrambi nella vostra preghiera amica e poi ci congediamo, offrendovi in lettura il brano di un’omelia per la festività odierna dell’agostiniano Tommaso da Villanova (sec.XVI). Sapendo che ogni tempo ha la sua maniera propria di leggere, interpretare e attualizzare la Scrittura. Che è sempre bene conoscere. È questo, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Nel riscatto dei primogeniti si nasconde un grande mistero. Se i primogeniti avessero dovuto rimanere nel tempio per diventare sacerdoti o leviti, si capirebbe il prezzo versato. Ma perché si deve pagare per loro? Dio ha forse bisogno di denaro? È mia opinione che unicamente per riscattare il primogenito che celebriamo fu stabilita quella legge, ossia per quest’unico atto di oggi ordinato a vantaggio ineguagliabile per l’umanità. Cercate di intuire, fratelli, il mistero, scrutatelo a fondo; oggi è versato il prezzo del mondo, oggi, tramite la mano della Vergine e mediante il ministero del sacerdote, il mondo acquista da Dio la sua liberazione. La Vergine Maria, da saggia amministratrice, l’acquista non per sé ma per il mondo. Oggi noi diventiamo ricchi, oggi abbiamo di che offrire a Dio il prezzo per i nostri peccati e sciogliere quel grosso debito che gravava su di noi. Oggi acquistiamo la gemma celeste, la perla preziosa che può regolare il nostro debito e ben oltre. Con l’atto di oggi tu sei tutto nostro, o Gesù; tu, il buono, sei consegnato a nostra utilità e a nostro beneficio. Se tu sei nostro, nostra è la tua vita, nostre le tue opere, nostri i tuoi meriti, i tuoi vagiti, i tuoi sudori, il tuo patire. Non temiamo più di dover rendere conto a Dio della nostra vita e abbiamo di che farci rimettere ogni debito. Così la redenzione non è solo l’opera della misericordia ma anche della giustizia, perché ci riscattiamo davanti a Dio con quello che è nostro e non di altri. Ecco, fratelli, la prima ragione di questo contratto. Ve n’è un’altra. Eravamo tutti prigionieri sotto il peccato, schiavizzati dal suo dispotismo. Per acquistare la libertà, fu necessario che il Figlio di Dio fosse venduto come schiavo per rendere noi pienamente liberi. Cristo ha preso su di sé la maledizione della croce, perché noi fossimo in lui benedetti; ha accettato la schiavitù per darci la libertà. A questo scambio allude l’Apostolo dicendo: Suo Figlio è nato sotto la legge. per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli (Gal 4,4‑5). Ecco le motivazioni di questa vendita sacra. Fu un contratto puro, santo, immune da ogni ingiustizia, perché chi consegna è il Padre e chi accoglie è la Vergine Madre. (Tommaso da Villanova, Conciones in hoc festo).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 02 Febbraio 2011ultima modifica: 2011-02-02T22:22:00+01:00da fraternidade
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