Giorno per giorno – 10 Gennaio 2011

Carissimi,

“Passando lungo il mare di Galilea, Gesù vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini. E subito lasciarono le reti e lo seguirono” (Mc 1, 16-18). Ogni anno, il tempo comune della liturgia si apre così. Con Gesù che porta il suo sguardo su di noi (si converte a noi, potremmo dire) e ci chiede di seguirlo. E se noi ci facciamo davvero attenti – forse non l’abbiamo mai fatto sino ad ora – , capiamo allora come sia vero che, in Lui, il tempo della nostra attesa è compiuto, che il regno di Dio è vicino (tanto vicino che ci sta chiamando), che noi dobbiamo solo convertirci a Lui che si è convertito a noi e, infine, che questa è davvero una bella notizia. Lui è la Buona Notizia. Gesù incontra Simone e Andrea, e subito dopo Giacomo e Giovanni e non gli si mette a fare la predica. Non li conosce, sa che, presumibilmente, non sono migliori né peggiori degli altri, che hanno le loro pecche e i loro peccati, ma crede in loro. Prima ancora che loro credano in Lui (e ce ne metteranno del tempo per arrivare a farlo come si deve). Però, intanto, lo seguono. È solo l’inizio della fede. Stamattina ci dicevamo che non è diverso quando ci si innamora o quando si comincia un’amicizia. Se e quandi accade, ci si lascia davvero tutto il resto alle spalle. Il lavoro, lo studio, la casa, la famiglia, passa tutto in secondo piano. Neppure ci sfiora il sospetto che potrebbe anche finire male. Tipo, svegliarsi una mattina, dicendoci con amarezza: ma io mica ho sposato quello(a) lì! I quattro che hanno seguito per primi Gesù anche loro non sapevano probabilmente [quasi] niente di Lui. Forse solo le allusioni che gli aveva dedicato il Battista. E comunque mollano tutto. Apparentemente, perché poi il fardello più pesante che siamo noi stessi, ce lo portiamo sempre appresso. Ed è l’ostacolo maggiore a convertirci davvero a Lui. Dunque, Gesù è passato, stamattina, anche nelle nostre case, nonostante la pioggia battente. Anzi, proprio a causa di essa, che ha fatto sospendere tutte le opere in cantiere e ha lasciato i nostri, temporaneamente si spera, senza lavoro. Quelli che ce l’avevano. E chiama gente di tutti i mestieri e senza mestiere. E di tutte le età. Forse per questo non hanno mai pensato di farlo sindaco, né esiste per Lui l’orribile neologismo che hanno inventato da voi “rottamare” (che la racconta tutta su che “cosa” sia l’uomo in una certa cultura). Noi, ogni volta, non sappiamo bene a cosa ci chiamerà. Però ci fidiamo e lo seguiamo. Lui ce l’insegnerà.     

  

Oggi il calendario ci porta la memoria di Gregorio di Nissa, pastore e padre della Chiesa.

 

10 GREGORIO DI NISSA.jpgGregorio era nato in Cappadocia nel 335, figlio di Basilio e Emmelia, fratello di Basilio di Cesarea, Pietro e Macrina. Tutti ricordati come santi. Dopo gli studi di retorica e filosofia ad Atene, il giovane visse alcuni anni di vita matrimoniale. Poi, rimasto vedovo (o, secondo altri, ottenuto il consenso della moglie), raggiunse il fratello Basilio e l’amico  Gregorio di Nazianzo nel monastero fondato dal primo sulle rive del fiume Iris. Amante dello studio e della solitudine, fu designato, suo malgrado, vescovo di Nissa nel 372, in un’epoca burrascosa nella vita della chiesa, a causa della controversia ariana che avvelenava e armava gli animi, gli uni contro gli altri. E il povero vescovo dovette farne le spese. Accusato di sperperare i beni della Chiesa, fu deposto nel 376 e mandato in esilio. Nel 378, tuttavia, era già di ritorno, dopo che le accuse si erano rivelate infondate, espressione più che altro della malevolenza degli avversari ariani. Morto Basilio, l’anno successivo, toccò a Gregorio portare avanti la riflessione teologica della Chiesa. Nel Concilio di Efeso, convocato nel 381 dall’imperatore Teodosio, i padri conciliari, ammirati per la forza della sua dottrina, lo definirono “colonna dell’ortodossia”. Gregorio morì intorno all’anno 395.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera agli Ebrei, cap. 1, 1-6; Salmo 97; Vangelo di Marco , cap. 1, 14-20.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi comunità religiose dell’India: Shivaismo, Vishnuismo e Shaktismo.

 

Sabato se n’è andato seu Emanuel, un amico della Igreja de Cristo che, quando stava bene, lo si incontrava nel suo Salão Goiás, a tagliare pazientemente barba e capelli, o, in assenza di clienti, seduto, a leggersi la Bibbia, e la mattina presto a correre come un ragazzino sulla pista lungo il Rio Vermelho. Poi l’ha preso quel male. Ed è stato operato una prima volta, poi un’altra, e sottoposto a radioterapia, a chemioterapia. E comunque, la domenica sera, al culto, se non era in ospedale, non mancava mai. Cascasse il mondo. Fino a un mese fa, quando si è aggravato. Poi, Lui è venuto a chiamarlo. Ieri sera è morto invece a Goiânia, seu Arthur, padre di Arthur, marito di Rosirene, figlia di Rosanira (o anche solo Rosa), e di Divino, marito di Divina. Ma anche di un certo numero di altri figli e figlie, nati dal primo matrimonio. Era malato da tempo. L’abbiamo vegliato nel Centro comunitario. È stata l’occasione per rivedere Rosirene, che da tempo si è trasferita a Goiânia con la famiglia, e sua figlia Giuliana, che ha già diciassette anni e sembra ieri che aveva fatto il Gesù Bambino nell’inscenazione del Natale, nella chiesa del monastero. Ora sta a Itaberai, ha un compagno che le vuole bene e lei gliene vuole, ed aspetta un bambino. Beh, mettete tutti quanti nelle vostre preghiere.      

 

Per stasera è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano di Gregorio di Nissa, tratto dalla sua 1ª Omeila sulle Beatitudini. Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Non rigettare, fratello, anche l’altro discorso, relativo alla povertà che ci avvicina alla ricchezza celeste. “Vendi tutti i tuoi beni – dice il Signore – dalli ai poveri, poi seguimi e avrai un tesoro nei cieli” (Mt 19,27). Simile povertà, in effetti, non mi sembra in disaccordo con quella che è ritenuta beata. “Guarda tutto ciò che avevamo; abbandonatolo ti abbiamo seguito! – dice il discepolo al Signore – che cosa dunque ci sarà per noi?”. Qual è la risposta? “Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. Vuoi comprendere chi sia il povero di spirito? è colui che ha fatto il cambio del benessere materiale con la ricchezza celeste, colui che si scuote di dosso la ricchezza terrestre come un peso, per essere trasportato in alto nell’aria, come dice l’Apostolo (1Ts 4,17), elevato su una nube fino a Dio. L’oro è un bene pesante, pesante è ogni genere di materia ricercata con cura per la ricchezza. Leggera ed elevante è invece la virtù. Certo sono opposte una all’altra la pesantezza e la leggerezza. È dunque impossibile che diventi leggero colui che ha spinto se stesso nella pesantezza della materia. Se dunque è necessario salire alle cose di lassù, diventiamo poveri di ciò che trascina in basso, perché possiamo dimorare anche noi nelle regioni superiori. Quale sia il modo ce lo indica il salmo: “Egli ha dato con larghezza ai poveri, la sua giustizia rimane nei secoli dei secoli” (Sal 112,9]. Colui che spartisce i suoi beni con il povero, si stabilirà dalla parte di Colui che si fece povero per noi. Si fece povero il Signore: non aver paura neanche tu della povertà! Ma Colui che si fece povero per noi, regna su tutto il creato. Se dunque tu ti farai povero con chi si fece povero, regnerai anche tu con chi regna. “Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli”; voglia il cielo che anche noi siamo fatti degni di questo regno, in Cristo Gesù, nostro Signore, a cui è la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen. (Gregorio di Nissa, Sulle beatitudini, Omelia I).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 10 Gennaio 2011ultima modifica: 2011-01-10T23:57:00+01:00da fraternidade
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