Giorno per giorno – 09 Gennaio 2011

Carissimi,

“Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento” (Mt 3, 16-17). Ieri sera, nella veglia che ci introduceva alla festa di oggi, durante le preghiere spontanee che precedono la recita del Padre nostro, uno ha detto più o meno così: Ti preghiamo, Padre, che il battesimo dei cristiani non si riduca ad essere un’occasione mondana per la nascita di un figlio, né un rito religioso di cui non si sa più neppure bene il significato o una sorta di scherzo senza conseguenza alcuna per la nostra vita, ma consapevolezza ogni volta nuova che si tratta di morire e di insegnare a morire alla logica del mondo, per rinascere con Gesù alla vocazione di figli, impegnati a vivere nella dimensione del dono, della comunione, della solidarietà con l’umanità intera e con tutto il creato. Forse avrebbe anche potuto dire soltanto che si tratta di morire alla tristezza del mondo, per rinascere all’allegria di Dio. O morire alla schiavitù, per risorgere alla libertà.  Chissà, il battesimo dovrebbe recuperare un po’, anche nella sua celebrazione, la dimensione dell’apprensione, persino della paura, come la prima volta che ti fanno entrare in acqua e ti immergono  e ti sembra, appunto, di affogare, ma, subito dopo (per alcuni, magari, ci vuole più tempo), scopri la libertà di muoverti in quell’elemento nuovo e prima sconosciuto. E ti viene voglia di non uscire più. Gesù, a quel gesto che riassumeva il morire, si era allenato per trent’anni (che la liturgia ci fa percorrere nell’arco di una settimana, anzi per voi anche meno, dalla festa dell’Epifania a quella di oggi). E dobbiamo pensare che lo abbia fatto nell’oscuro camino della nuda fede, appresa nel confrontarsi con la Parola che i genitori gli testimoniavano e, forse, gli sminuzzavano giorno per giorno. Senza grazie, doni o privilegi particolari. Poi, la chiamata che aveva avvertito, una volta, adolescente, si era fatta più forte ed aveva deciso di lasciare tutto. Ed era andato nel deserto, dove Giovanni predicava: Razza di vipere, fate frutti degni di conversione! E si era messo in fila proprio con questi, per essere battezzato, immerso, mondato, purificato. Non lui, l’Adamo, con il suo sospetto, che era in noi e di cui lui si era fatto carico per intero. E Dio, da dietro le nubi, si era incantato di quel suo gesto, e anche lo Spirito, che, dall’inizio del mondo, non aveva mai smesso di sorvolare le acque, si era fermato pieno di stupore su di lui. Ed era la  nuova creazione. E noi tutti ormai figli e figlie. Nell’unico Figlio. Dovremmo pensare più spesso a questa vocazione.

 

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Oggi, Festa del Battesimo del Signore, i testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono tratti da:

 

 

Profezia di Isaia, cap.42, 1-4.6-7; Salmo 29; Atti degli Apostoli, cap.10, 34-38; Vangelo di Matteo, cap.3, 13-17.

 

La preghiera della domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

 

Oggi il calendario ci porta la memoria di Adriano di Canterbury, abate.

 

09 ADRIANO DI CANTERBURY.jpgQuando Wighard, il prete sassone designato a succedere, nella sede di Canterbury, all’arcivescovo Deusdedit, giunse, nel 664, a Roma, per esservi consacrato  vescovo dal papa Vitaliano, successe che morì. Di peste bubbonica. Il papa pensò allora di nominare al suo posto Adriano, un santo e colto benedettino, di origine africana,  che era allora abate dell’abbazia di Nerida, nel napoletano. Ma il nostro, forse per un po’ di scaramanzia, declinò l’offerta e consigliò il papa di nominare piuttosto Teodoro di Tarso (un turco, il che mostra che, in qualche modo,  il villaggio globale esisteva già allora). Il pontefice accettò, a patto che Adriano l’accompagnasse come consigliere. Giunto in Inghilterra, Teodoro nominò Adriano abate dell’antico monastero dei Santi Pietro e Paolo, che divenne sotto la sua guida un giustamente celebrato centro di studi e di formazione. Lì, egli insegnò per quarant’anni, fino alla morte, avvenuta il 9 gennaio di un anno imprecisato (s’ipotizza il 710). La sua fama di taumaturgo, richiamò per molti secoli alla sua tomba folle di pellegrini.

 

Noi ci si congeda qui. E dato che la festa odierna ci ha ricordato il battesimo, vi proponiamo una riflessione che il fondatore di Taizé, Roger Schutz, ha fatto su di esso, nelle sue implicazioni ecumeniche, nel libro “Dinamica del provvisorio” (Morcelliana). Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Uno dei temi, su cui è importante meditare, è l’appartenenza di tutti i cristiani attraverso il battesimo a Cristo ed al suo Corpo mistico. Ortodossi, cattolici, protestanti siamo segnati con un sigillo universale attraverso il battesimo, designati a diventare uomini capaci di discernere in ogni creatura l’immagine stessa del Creatore. La nostra relazione con il Capo, il Cristo, e con il suo corpo, la Chiesa, la confessiamo nello stesso modo nel Credo. Quando dichiariamo “credo nella comunione dei santi”, affermiamo: credo che tra i testimoni scomparsi e i cristiani viventi sulla terra, tra la Chiesa trionfante e la Chiesa militante, che combatte e prega, esiste una relazione, che niente può distruggere. Un’identica comunione lega i battezzati che vivono oggi sulla terra. A causa di questo battesimo comune. a tutti e che ci radica nel Cristo, ci viene richiesto di vivere solidali con tutti i battezzati e di restare una fraternità incrollabile. […] Aderire prima di tutto a questa solidarietà sul piano delle famiglie confessionali permette in seguito di essere solidali con tutti quelli che hanno ricevuto il battesimo; questo presuppone benevolenza e serenità. Essere solidali con tutti i battezzati richiede una padronanza di sé rinnovata giorno per giorno. Ma non sbaglia colui che manifesta della generosità verso i battezzati di un’altra confessione. Questa apertura non significa abbandono di una posizione di fede. Non si oppone ad una vera vigilanza verso coloro che Dio ci ha affidati. Non è relativismo dottrinale, è un rafforzamento nella fede. Niente è più contrario alla solidarietà di un ecumenismo a doppia faccia, ecumenismo senza rischi. Coloro che lo praticano mostrano molta benevolenza, un giudizio equilibrato nel dialogo con i cristiani di un’altra confessione, ma fanno su di essi delle critiche appena si trovano fra di loro. Con ciò acquistano credito presso quelli dei loro che vogliono l’ecumenismo, a patto che tutto resti come prima. Questa attitudine doppia, per non dire questa “doppia vita” ecumenica è una delle grandi tentazioni: prelude a un futuro di disillusioni. Dirsi ecumenico, temendo l’unità, conduce a imbrigliare l’ondata ecumenica nell’istituzione, a impedirle di slanciarsi, a farla ricadere. La parte dell’istituzione è piuttosto quella di riconoscere ogni vocazione ecumenica. (Roger Schutz, Dinamica del provvisorio).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 09 Gennaio 2011ultima modifica: 2011-01-09T23:58:00+01:00da fraternidade
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