Giorno per giorno – 16 Dicembre 2010

Carissimi,

“Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti raccoglierò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore. Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace, dice il Signore che ti usa misericordia” (Is 54, 7-8.10). Stamattina, alla chácara di recupero, c’è stata la cresima di Ernaini. E la commozione di tutti era palpabile, la sua, ovviamente, e quella di famigliari e amici, venuti sin qui dalla sua città, portandosi appresso addirittura il sindaco, e quella degli altri interni e di chi li accompagna lungo i nove mesi che, come una  sorta di nuova gravidanza, dovrebbero segnare il distacco dall’esperienza della tossicodipendenza e l’inizio di un nuova vita. Alcuni di coloro che compiono questo percorso, scelgono di preparare la  Cresima, che è amministrata loro il giorno in cui fanno ritorno a casa. Come nel caso di Ernaini, appunto. Noi, stamattina, abbiamo preso spunto dal Vangelo di Isaia, la sua “buona notizia”,  che la liturgia ci ha fatto ascoltare. E gli abbiamo detto così: “Oggi tu stipuli una nuova alleanza, anche se è Lui che ha preso l’iniziativa. Perché Lui non riusciva a stare senza te (come anche senza ognuno(a) di noi). Ed è stato Lui che ti è venuto a cercare, ti ha trovato, ti ha caricato in spalla, senza una parola di rimprovero, e ti ha portato a casa, che è l’abbraccio del Padre.  Noi, a volte, pensiamo che Dio si è allontanato da noi, ci ha dimenticato, ci ha abbandonato. In realtà siamo stati noi ad andarcene. E, tuttavia, per non farci sentire troppo in colpa, egli dice, secondo la parola del Profeta: “È colpa mia, io ti ho abbandonato, io ti ho nascosto il mio volto. Perdonami”. Dio, il Dio di Gesù, il nostro Dio è così. Perdutamente innamorato di noi, di te. Senza mai chiedere nulla in cambio. come chiunque ami per davvero. Eppure tu e noi possiamo ben immaginare la sua gioia nello scoprire che un giorno – e può essere oggi – un altro di  noi ha deciso di innamorarsi davvero di Lui. La Cresima è questa cosa qui. È dire a Lui, ispirati dallo Spirito e mossi dalla Sua forza, sapendo di poter contare con la Sua segreta complicità: “Dimentica, dimentica tutto ciò che è successo, ciò che sono stato, ciò che ho fatto. Tu, da adesso e per sempre, sei la mia e più vera ragione di essere. Come lo sono per Te”. E Lui, guardandoti, sembra di vederlo, scuote la testa, si morde un labbro, frena una lacrima di allegria infinita, perché tu hai deciso di riempire quel vuoto – che è sempre infinito anche se lasciato da una sola persona – che Lui sentiva in cuore. Il resto è conseguenza di questa tua scelta. Tu comincerai a pensare i pensieri di Dio, ad assumere gli atteggiamenti di Dio, a compiere i Suoi gesti, a desiderare i Suoi desideri e sognare i Suoi sogni. Comincerai a lottare per un mondo, dove Dio sia finalmente di ritorno: un mondo di persone liberate, rispettate, accudite, amate. E il Regno, poco a poco, senza grandi miracoli, ma nei piccoli miracoli quotidiani della  tua vita, succederà. Caro Ernaini, durante questi nove mesi, noi ci siamo visti relativamente poco. Ma ci siamo incontrati su ciò che più importa: la Parola di Dio – la parola della Croce, cioè del Suo amore – che è quanto ad ogni momento può trasformare la mente, il cuore, la vita, la storia nostra e del mondo. Continua ad alimentare la tua passione per essa: scoprirai ogni volta di più come tutto nella vita abbia senso, anche i nostri errori. È proprio attraverso di essi che Lui ha deciso di incontrarci, di incontrarti.

 

Il nostro calendario, benché la ricorrenza cadesse in realtà ieri, ci porta oggi la memoria di Rabbi Dov Bär di Mètzeritch, mistico ebreo, e di Isaac de Castro Tartas e compagni, martiri ebrei dell’Inquisizione.

 

16 Magghid.jpgDov Bär nacque a Lukatch, in Volinia (Ucraina), nel 1704. All’età di cinque anni, vedendo la madre disperarsi davanti all’incendio della casa, le chiese: “Mamma, è giusto che tu soffra così per la perdita di una casa?”. Lei gli rispose: “Non è per la perdita della casa, ma perché è stato distrutto un documento che provava  la nostra discendenza da Rabbi Yochanan HaSandlar, che era un discendente diretto del re David” . “Se è per questo – replicò il bambino – con l’aiuto di Dio, darò io origine per voi ad una nuova dinastia”. Completati gli studi, Dov Bär si sposò ancor giovane, guadagnandosi da vivere come maestro in un piccolo villaggio e dedicandosi sempre più allo studio della Torah e dei misteri della Kabbalah. Come molti altri maestri dei chassidim, inizialmente combattè il movimento chassidico, ma a partire dal momento in cui, gravemente malato, accettò il suggerimento di recarsi dal famoso Baal Shem Tov, che aveva fama di guaritore, ne divenna il più acceso sostenitore, fino ad assumere, alla morte di quest’ultimo, la successione alla sua guida. Stabilitosi a Metzeritch, fece di questa città il nuovo centro del Chassidismo. Da allora fu chiamato il Magghid (predicatore) di Metzeritch. Sotto la sua guida, il movimento si diffuse rapidamente, nonostante i numerosi avversari. I suoi discepoli si diedero a percorrere l’intera regione, recando a tutti il messaggio di speranza, consolazione, fede e soprattutto di gioia nel servizio di Dio e nel compimento dei precetti. Rabbi Dov Bär morì ad Hanipol il 19 di Kislev 5532 (15 dicembre 1772).

 

16 Rogo.jpgIsaac de Castro Tartas era nato nel 1626 nel sud della Francia, dove i genitori, portoghesi, si erano rifugiati. Trasferitosi ad Amsterdam, a sedici anni decise di partire con uno zio materno per il Brasile, allo scopo di convincere gli ebrei costretti a battezzarsi a far ritorno alla Legge mosaica. Giunse a Recife con un bagaglio culturale di tutto rispetto, versato in latino, ebraico, portoghese, spagnolo e in medicina. Durante un viaggio in Bahia, allora sotto controllo portoghese, fu accusato di aver rinnegato il battesimo per tornare alla pratica religiosa dei padri. Arrestato, fu trasferito a Lisbona per essere processato dal tribunale dell’Inquisizione. Invitato ad apostatare, si rifiutò. Fu perciò condannato al rogo assieme ad altri cinque ebrei, mentre altri sessanta loro compagni furono condannati alla prigione perpetua.  La condanna venne eseguita il 15 dicembre 1647. Le cronache del tempo raccontano che, mentre bruciava, il ventunenne Isaac gridava a gran voce e con grande devozione le parole dello Shemah Israel… (Ascolta, Israele), che costituisce la professione di fede ebraica. I testimoni che, raccontando il fatto, ne riferivano le parole, preoccuparono non poco l’Inquisizione che, ossessionata, proibì ai cristiani di pronunciare la formula dello Shemah, che riprende testualmente alcuni versetti del libro del Deuteronomio (Dt 6, 4-9).

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Isaia, cap.54, 1-10; Vangelo di Luca, cap.7, 24-30.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

O Liberazione: dallo Spirito Santo consacrato, hai portato la buona notizia agli oppressi, hai confortato i cuori sofferenti, i prigionieri saranno da te liberati. Vieni libera questo popolo incatenato e il tempo del dolore sia dimenticato. Vieni, Figlio di Maria, già si accende la stella guida, quanta sete, quanta attesa, quando arriva, quando arriva quel giorno?”. Era l’antifona di questo secondo giorno di novena. Noi ci si è ritrovati nella casina di dona Iva e seu Sebastião, entrambi già anziani, diabetici e, lei, con ricorrenti problemi di depressione, soprattutto da quando, qualche anno fa, le hanno ammazzato un nipote, per rapinarlo di un niente. Abitano con l’ultimo dei loro figli, Antonio, che però non è di  grande aiuto, dato che vive in un mondo tutto suo. E uno si dice: Quando arriva, quando arriva quel giorno? Anche solo per loro.

 

È tutto! Noi ci si congeda qui, lasciandovi ad una citazione del Rabbi Dov Bär di Mètzeritch, tratta dal libro di Martin Buber, “I racconti dei Chassidim” (Garzanti). Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Il Magghid disse un giorno ai suoi scolari: “Voglio indicarvi il modo migliore di dire la Torà. Bisogna non sentire più affatto se stessi, non essere più che un orecchio che ascolta ciò che il mondo del Verbo dice di lui. Ma non appena si cominciano a sentire le proprie parole, si cessi”. (Martin Buber, I racconti dei Chassidim).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 16 Dicembre 2010ultima modifica: 2010-12-16T23:36:00+01:00da fraternidade
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