Giorno per giorno – 03 Dicembre 2010

Carissimi,

“Mentre Gesù si allontanava, due ciechi lo seguirono gridando: Figlio di Davide, abbi pietà di noi! Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: Credete che io possa fare questo? Gli risposero: Sì, o Signore! Allora toccò loro gli occhi e disse: Avvenga per voi secondo la vostra fede. E si aprirono loro gli occhi” (Mt 9, 27-29). Stamattina Valdecí suggeriva che i due ciechi del racconto fossimo in realtà noi. E di fatto viene da pensare che siano immagine di certo modo di stare nella Chiesa: quando seguiamo Gesù (v.27), o ci sembra di seguirLo, lasciandoci portare dall’onda, senza però averlo ancora visto in volto, e senza perciò aver conosciuto la novità di Dio e, con essa, compreso noi stessi, il nostro cammino, il nostro destino. E, tuttavia, nell’atteggiamento dei due ciechi (che siamo anche noi) c’è un elemento fondamentale, un inizio di fede, che vale assai più di ogni possibile asserzione su Dio o di qualsiasi idea che possano averci proposto di Lui. Ed è la loro preghiera: Abbi pietà. Essa rivela ciò che intuitivamente (ma c’è sotto in realtà lo zampino dello Spirito) noi sappiamo di Lui: Dio è compassione, capacità di “patire con” noi, e perciò, anche, di assumere radicalmente la nostra condizione (è il mistero dell’Incarnazione) per trasformarla. Se questa è davvero anche la nostra preghiera, allora tutto può accadere, “secondo la vostra fede” (v.29), cioè, a partire dalla fede che con questa preghiera esprimiamo: che Lui ci apra gli occhi sulla realtà e ci trascini, consapevolmente questa volta, al suo seguito, per essere con Lui fermento di trasformazione della nostra vita e dei rapporti famigliari e sociali in cui essa si dispiega. Sì, anche noi, resi compassione e azione solidale, volta alla liberazione dal male che opprime noi, la società e il mondo.   

 

Due sono le memorie che celebriamo oggi: quella di Francesco Saverio, gesuita, missionario in Asia e quella di Anatolij Žurakovskij, martire in Russia.

 

03 S. FRANCESCO SAVERIO.jpgNato nel castello di Xavier, in Navarra (Spagna), il 7 aprile 1506,  da Juan de Jassu e Maria de Azpilcueta, il giovane Francesco si recò nel 1525  a Parigi per compiere i suoi studi universitari e, più tardi, insegnarvi filosofia. Lì conobbe  e diventò amico di un certo Pietro Favre e, più tardi di uno studente basco, diciamo così, fuori corso, che si chiamava Ignazio di Loyola. Fu per lui l´inizio della fine. Nel senso buono, naturalmente. Perché i tre, con altri quattro, risolsero che la vita valesse la pena solo giocandola alla grande. E così il 15 agosto 1534, in una piccola cappella di Montmartre, i sette si consacrarono a Dio, dando origine alla Compagnia di Gesù. Dopo essere stato ordinato sacerdote a Roma, nel 1537, Francesco partì da solo per l’Oriente nel 1541. Secondo la mentalità dell’epoca, vi si recò per salvare l’Asia dalla dannazione sicura. La sua preoccupazione maggiore fu, coerentemente, quella di battezzare quanti più pagani possibile (arriverà a contare trentamila battesimi). E tuttavia questo presupposto, evidentemente errato, non gli impedì di mettersi anima e corpo al servizio dei poveri e degli oppressi che incontrò. I dieci anni trascorsi colà si dividono tra periodi di attività organizzativa e spedizioni missionarie, ciascuna della durata di circa due anni: in India (1542-44), alle Molucche (1545-47), in Giappone (1548-51). Morì solitario, il 3 dicembre 1552, sull’ isola di Sancian, da dove sognava di raggiungere l’immenso territorio della Cina, fino ad allora interdetto agli stranieri.

 

03 Anatolij Žurakovskij.jpgAnatolij Žurakovskij era nato a Mosca il 16 marzo 1897, da una famiglia di intellettuali agnostici. Nel 1915,  terminato il ginnasio, si iscrisse alla facoltà di lettere e storia dell’Università di Kiev, dove conobbe padre Aleksandr Glagolev e padre Michail Edlinskij, la cui testimonianza lo convinse dell’importanza che i piccoli gruppi cristiani di base avevano in vista della rinascita della Chiesa. Decisiva fu, nello stesso tempo, la lettura di Giovanni Climaco, la cui  Scala spirituale gli si offrì come sussidio concreto per giungere a quell’integrità interiore che da tempo lo attraeva. Negli anni successivi maturò la sua scelta radicale per Cristo, abbracciando un progetto di vita che, a partire dalla fede, coniugava il suo desiderio di vivere per Cristo e il suo amore per Nina Bogojavlenskaia, che sposò nel 1917.  Il 18 agosto 1920, venne ordinato sacerdote nella Lavra delle Grotte di Kiev e, da subito, svolse il suo ministero con coraggio e libertà profetica. Nel 1923 fu arrestato, imprigionato e in seguito deportato nella lontana città di Krasnokokšajsk, dove la moglie lo seguì. Rilasciato nel dicembre del 1924,  riprese la sua attività di pastore. A partire dal 1925, dopo la morte del patriarca Tichon,  padre Žurakovskij prese a denunciare il quietismo e l’opportunismo della nuova gerarchia della Chiesa nei confronti degli abusi del potere sovietico. Il 14 ottobre 1930 venne arrestato. Il 20 settembre 1931 fu condannato alla fucilazione, ma la pena fu commutata in 10 anni di lager. Fu inviato a scontare la pena, dapprima, a Svir’lag, poi alle Isole Solovki  e, infine, nei campi di concentramento cui era demandata la costruzione del canale mar Bianco-mar Baltico. Anche la moglie fu internata e condannata a tre anni di lager. Nel luglio del 1940 i parenti furono informati di un’ulteriore condanna a dieci anni di isolamento a regime duro, senza diritto di corrispondenza. In realtà padre Anatolij era già morto. Accusato, nell’agosto del 1937, di svolgere propaganda controrivoluzionaria nel lager, fu condannato, il 20 novembre, alla fucilazione. La condanna venne eseguita il 3 dicembre. Non si conobbe mai il luogo della sua sepoltura.

 

I testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Isaia, cap.29, 17-24; Salmo 27; Vangelo di Matteo, cap.9, 27-31.

 

La preghiera del venerdì è in comunione con le comunità islamiche che confessano l’unicità del Dio clemente e ricco in misericordia.

 

Non abbiamo sottomano citazioni di Anatolij Žurakovskij, ne abbiamo però una di un altro testimone della fede e della spiritualità ortodossa, l’archimandrita Sofronio Sacharov, tratta dal suo libro “Silvano del Monte Athos” (Gribaudi), di cui fu discepolo. Ve la proponiamo, nel congedarci, come nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

La parola di Cristo rivolta all’uomo libero, è dolce, senza violenza, e allo stesso tempo – come parola di autorità assoluta, come parola dell’unico Padrone di tutto ciò che esiste – è infinitamente potente. Infatti Cristo ci dice: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. La parola di Cristo accolta dall’uomo con fede profonda lo conduce alla vita eterna per una strada lungo la quale incontrerà molte cose insolite e sconosciute a coloro che non seguono il Cristo. Su questa strada sublime si rivela all’uomo tutto ciò che può provare e conoscere nella sua esistenza. La luce della parola di Cristo sonda gli intimi meandri dell’abisso tenebroso, rivelando così la vera natura di una moltitudine di fantasmi della verità che, all’interno delle loro tenebre, attirano l’uomo. La parola di Cristo è un fuoco che mette a dura prova tutto ciò che è nell’uomo e, in modo più generale, nell’esistenza cosmica; poiché, come ci testimoniò l’Apostolo: “Nessuna creatura può nascondersi davanti a lui” (Ebr 4,13). La parola di Cristo è spirito e vita eterna, pienezza dell’amore e gioia celeste. La parola di Cristo è la luce divina increata. Essa non si rivolge alla superficiale ragione discorsiva, ma all’intimità del cuore umano, e colui che apre il suo cuore fin nella sua intimità ultima, per accogliere degnamente questa luce divina, può unirsi ad essa diventando simile a Dio. La parola di Cristo, realizzata nella vita, deifica l’uomo. “Dio nessuno l’ha mai visto; proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1,18). L’evento del Dio-Verbo (Logos) nella carne e la sua parola sono i fondamenti della vita cristiana. Questa vita non la si può spiegare a coloro che non l’hanno conosciuta con l’esperienza; e sarebbe anche vano cercare di descrivere a parole il luogo spirituale in cui si trova lo spirito umano. Dinanzi a lui si aprono sia le “tenebre esteriori” che la luce eterna della Divinità ed egli si trova tra queste due. Cosciente quindi del suo stato critico, egli prega con tutto il cuore e soffre. Prega con intensità e con una totale concentrazione di tutto l’essere. (Archimandrita Sofronio, Silvano del Monte Athos).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 03 Dicembre 2010ultima modifica: 2010-12-03T23:50:00+01:00da fraternidade
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