Giorno per giorno – 23 Novembre 2010

Carissimi,

“Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta” (Lc 21, 5-6). Del lungo discorso escatologico di Gesù che ci accompagna in questi ultimi giorni dell’anno liturgico, avevamo già avuto un’anticipazione nella penultima domenica del Tempo comune. A partire da oggi, viene ripreso per intero, e lo si mediterà brano a brano, fino a sabato. Stamattina e, poi, stasera, a casa di Suely, dove ci siamo riuniti con la comunità dell’Aparecida, ci dicevamo che, contrariamente a quello che pensano molti, l’atmosfera che lo domina non è quella della minaccia, ma quella della tristezza e della speranza. Gesù, e perciò, anche Dio, ama il Tempio, che ne é la simbolica dimora, e ne ama la bellezza e lo splendore, come ama la bellezza di ogni altro prodotto della fatica e del genio degli umani, in incessante competizione con Lui. E, più di tutto, ama la bellezza dei suoi figli e figlie, anch’essi suo e più vero Tempio; quella bellezza che riesce a scorgere solo Lui, il cui sguardo accarezza e penetra tutte le possibili forme, in ogni età e stagione, nel lungo processo che accompagna nascita, crescita, maturazione, invecchiamento, per arrivare all’intima sostanza di cose e persone; quella bellezza che sopravvive oltre ogni storpiatura e devastazione, anche morale, provocata dal peccato e dalla malvagità umana; al di là di ogni barriera ed opacità; dietro il lento disfacimento operato dal tempo e dentro l’apparentemente ineluttabile distruzione che provoca la morte.  Dio, dunque, sa la bellezza, quella visibile e nota a tutti e quella sconosciuta e segreta ai più. E ciò non toglie che si senta invaso dalla tristezza e contagiato dall’angoscia, quando una qualche forma della bellezza viene meno. Vale per il suo Tempio, immaginarsi per il ventre rigonfio di un bambino affamato! Distrutto quello e questo dall’egoismo e dalla violenza che regolano i rapporti tra gli umani. A chi gli chiede: quando accadrà?, Gesù risponde: non vi accorgete che già accade, è accaduto e sempre accadrà? Però, ricordatevi di una cosa (è questo il Vangelo, la Buona Notizia!): quando vedrete accadere queste cose terribili, non credete agli sciagurati che vi diranno che è Dio (“Sono-Io”) a compierle, o che quello è il Suo giorno. Non credetegli: sono volgari mentitori. Io non ho nulla a che spartire con tutto ciò. Sono Il Dio della vita, della liberazione e della gioia, non il Dio della morte, dell’oppressione, della paura.

 

Oggi il calendario ci porta le memorie di Clemente di Roma, pastore e martire; Colombano, monaco; e Miguel Agustin Pro, martire in Messico. 

 

23 CLEMENTE ROMANO.jpgSappiamo poco di questo Clemente, che la tradizione vede alla successione del beato Pietro apostolo, come terzo vescovo di Roma, dopo Lino e Cleto, e che è, con certezza, l’autore di una bella Lettera ai Corinzi, che rappresenta uno dei documenti più importanti della Chiesa primitiva. La profonda conoscenza dell’Antico Testamento che in essa si rileva, porta a ritenere che egli fosse di origine ebraica. Conobbe Pietro e fu forse collaboratore di Paolo. Il suo pontificato durò nove anni, sotto gli imperatori Domiziano, Nerva e Traiano. Circa la sua fine, una tradizione non comprovata risalente al IV secolo afferma che sarebbe stato affogato con un’ancora al collo in Crimea, suo luogo d’esilio. per ordine dell’imperatore Nerva. Lo storico Eusebio di Cesarea e san Girolamo sostengono concordemente che Clemente morì nel 101, senza però menzionarne l’esilio o il martirio.

 

23 COLOMBANO.jpgColombano era nato verso l’anno 543, nella provincia irlandese del Leinster. A vent’anni era entrato nel monastero di Bangor, dov’era abate Comgall, un monaco famoso per la vita di preghiera e il rigore ascetico. Terminata la formazione monastica e ordinato sacerdote, Colombano, con dodici compagni, si recò in Bretagna, dove fondò numerosi monasteri e si fece carico di una diffusa azione missionaria. La forte personalità e lo zelo per il Vangelo lo portarono spesso a denunciare apertamente le malefatte dei governanti dell’epoca e a subirne le conseguenze, in termini di minacce alla sua persona, persecuzioni, esili. Davanti al papa Gregorio Magno, difese le ragioni dei cristiani del suo Paese circa la scelta della data della Pasqua e le discipline penitenziali che i monaci avevano esportato in tutta Europa. Due anni prima della morte, dopo un periodo trascorso sul lago di Costanza, raggiunse Bobbio, sull’Appennino emiliano-ligure, dove si spense, nel monastero che vi aveva fondato,  il 23 novembre del 615.

 

23 MIGUEL PRO.gifJosé Ramón Miguel Agustín era nato a Guadalupe, vicino a Zacatecas, in Messico, il 13 gennaio 1891, terzo figlio di Miguel Pro e di Josefa Juárez.. Ragazzo estroverso e allegro, entrò nella Compagnia di Gesù a vent’anni, continuando a dar prova di spirito di sacrificio, nonché di allegria costante nel dono di sé. Dopo la formazione, avvenuta in California, Spagna, Belgio (dove fu ordinato prete nel 1925) e in Nicaragua, rientrò nel 1926 in Messico, che conosceva in quegli anni una situazione drammatica a livello sociale, politico e religioso. Quelli che seguirono furono mesi vissuti pericolosamente, di ministero pastorale clandestino, con celebrazioni in segreto dell’Eucaristia, esercizi spirituali per il popolo perseguitato,  visite frequenti a quanti avevano più bisogno di una parola amica e di un aiuto concreto: i poveri, i malati, i moribondi. Il tutto eludendo astutamente la sorveglianza e i controlli di una polizia sempre più disorientata. Anche se si trattava di un’attività strettamente sacerdotale e caritativa,  la legge in vigore la considerava illegale. E il governo massone dell’epoca non gliela perdonò. Nel clima di repressione generalizzata che seguì l’attentato al generale Alvaro Obregon, il giovane gesuita venne arrestato e, senza che si tenessero in alcun conto le deposizioni dei testimoni che provavano la sua innocenza, e che si istituisse un  regolare processo, fu condannato e fucilato a Città del Messico, il 23 novembre 1927, con il solo fine di incutere paura a quanti non intendevano piegarsi ad un regime anticattolico e inumano. Le sue ultime parole, prima della scarica dei fucili, furono la sua professione di fede nel Re povero al cui servizio si era liberamente messo: “Viva Cristo Re!”. Uno degli autori dell’esecuzione dirà in seguito: “È così che muoiono i giusti”. In occasione dei funerali, nonostante le misure repressive in atto contro le manifestazioni religiose, accorsero più di ventimila persone, per  ringraziare colui che aveva fatto loro dono della sua vita.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro dell’Apocalisse, cap. 14, 14-19; Salmo 96; Vangelo di Luca, cap.21, 5-11.

 

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

 

Tra le buone notizie di qui, c’è da registrare la gravidanza di Ariane, moglie del nostro amico Pedro, che, naturalmente, non vede l’ora di essere padre. Mettiamo la santa famigliuola anche nella vostre preghiere, perché tutto proceda per il meglio. Anzi, meglio ancora.

 

E, per il resto, ci congediamo qui, lasciandovi ad un brano della Lettera ai Corinzi di Clemente Romano. Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Chi ha la carità in Cristo pratichi i suoi comandamenti. Chi può spiegare il vincolo della carità di Dio? Chi è capace di esprimere la grandezza della sua bellezza? L’altezza ove conduce la carità è ineffabile. La carità ci unisce a Dio: “La carità copre la moltitudine dei peccati”. La carità tutto soffre, tutto sopporta. Nulla di banale, nulla di superbo nella carità. La carità non ha scisma, la carità non si ribella, la carità tutto compie nella concordia. Nella carità sono perfetti tutti gli eletti di Dio. Senza carità nulla è accetto a Dio. Nella carità il Signore ci ha presi a sé. Per la carità avuta per noi, Gesù Cristo nostro Signore, nella volontà di Dio, ha dato per noi il suo sangue, la sua carne per la nostra carne e la sua anima per la nostra anima. (Clemente di Roma, Lettera ai Corinzi).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 23 Novembre 2010ultima modifica: 2010-11-23T23:53:00+01:00da fraternidade
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