Giorno per giorno – 24 Novembre 2010

Carissimi,

“Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza” (Lc 21, 12-13). Stasera, nella chiesetta dell’Aparecida, ci chiedevamo quand’è che i discepoli di Gesù sono perseguitati a causa sua. Dato che è successo e può succedere che si sia odiati o invidiati o perseguitati per motivi  che nulla hanno a che vedere con il nome e la causa di Gesù. Per esempio, per il fatto di essere ricchi, privilegiati, antipatici o prepotenti. Che, a dire il vero, non potrebbero esistere cristiani così, dato che avrebbero dovuto dare, a suo tempo,  tutto ai poveri, ma invece succede. E noi ne siamo la prova, in misura maggiore o minore. Tra l’altro, quella della persecuzione a causa del nome di Gesù era una beatitudine aggiunta in extremis dal Salvatore proprio per connotare di felicità anche la sua sequela, se no poteva sembrare che “felici”o comunque chiamati alla felicità potessero essere di diritto soltanto gli altri, quelli di cui Dio è partigiano: i poveri, in primo luogo (non solo quelli buoni o che ci vanno a genio, tutti!), poi gli afflitti, i miti, quanti lottano per la giustizia, i misericordiosi, quelli con il cuore puro,  i fabbricanti di pace e i perseguitati per causa della giustizia (non dalla giustizia, che, di norma, è una altra categoria di persone). E, grazie a Dio, tra tutti costoro, ci sono anche dei cristiani, che sono detti “felici” però non in quanto tali, ma perché sono una cosa, l’altra, l’altra ancora. Solo dopo aver esaurito l’elenco dei beati, Gesù, guardando ai suoi discepoli e pensando forse a quelli che sarebbero venuti dopo, pensò bene di aggiungere: beh, felici anche voi se, partigiani di Dio, sceglierete di essere partigiani dei poveri e di sopportarne le conseguenze. Se poi, non afferrarono subito il concetto, Lui si sarebbe comunque preso la briga di spiegarglielo meglio, dopo l’ultima cena: “Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi” (Gv 15, 11). E stava per essere messo in croce. Come destabilizzatore del sistema. Senza aver impugnato un’arma. Ora, se noi continuiamo a stare bene, se, tutto sommato, ci lasciano tranquilli, se, peggio ancora, ci coprono di elogi e ci riveriscono, ahinoi!, gatta ci cova. Probabilmente abbiamo sbagliato causa. Se Lui l’hanno fatto fuori, noi, dato che hanno nel frattempo, quasi ovunque, abolito la pena di morte, dovremmo essere in galera o, almeno, almeno, in tempi di maggior tolleranza, essere guardati con disprezzo e sufficienza. O ignorati. Come si fa con i poveri, appunto. E invece. 

 

Il calendario ci porta oggi la memoria dei 117 Martiri nel Tonchino, laici, presbiteri e vescovi, uccisi in epoche diverse; e quella di André Bergonier, detto Dedé, prete scaricatore. 

 

24 Martiri Vietnam.jpgDei 117 martiri del Tonchino, novantasei erano vietnamiti, undici spagnoli e dieci francesi. Settantacinque furono decapitati, ventidue strangolati, sei bruciati vivi, cinque squartati e nove morirono  in prigione a causa delle torture. La lista di questi martiri della fede cristiana è aperta da Andrea Dung-Lac, dapprima catechista e più tardi prete. Andrea era nato nel 1795 in una famiglia poverissima, che preferì disfarsene, vendendolo ad un catechista della missione di Vinh-Tri. Lì, il bambino fu  battezzato ed educato, diventando in seguito catechista. Proseguiti gli studi teologici, venne ordinato sacerdote il 15 marzo 1823, iniziando così la sua attività di pastore tra la sua gente. Ripetutamente arrestato, durante la persecuzione del re Minh-Manh, venne ogni volta riscattato attraverso collette organizzate dai cristiani locali. Incarcerato definitivamente il 16 novembre 1839, fu avviato alla prigione di Hanoi, dove fu sottoposto a continui interrogatori, con lo scopo di indurlo ad apostatare dalla fede e a calpestare la croce. Essendo rimasto irremovibile, fu condannato alla decapitazione, sentenza eseguita il 21 dicembre 1839. La loro memoria è stata collocata in questo giorno, perché coincide con la data di esecuzione di alcuni di loro.

 

24 André Bergonier.jpgAndré Bergonier era nato a Chartres, in Francia,  il 19 gennaio 1929. Rimasto orfano di madre a dieci anni, aveva compiuto i suoi studi dai Fratelli delle Scuole Cristiane, prima,  e in seguito al liceo della “Prytané de la Flèche”. Nel 1951 era entrato nell’Accademia Militare di Saint-Cyr, ma, ben presto, quella che pensava una scelta definitiva di vita gli si era rivelata inconsistente di fronte a ben altra chiamata, quella di Cristo, nel mondo del lavoro. Nel 1954, decise perciò di lasciare l’Accademia, recandosi a lavorare in un cantiere, a Nanterre. Dal 1955 al 1961 studiò nel seminario della missione di Francia a Pontigny, senza, però, mai distogliere lo sguardo dal mondo degli operai e dei poveri, da cui era sbocciata la sua vocazione sacerdotale. Nel 1961 venne ordinato diacono. Scelse di rinviare l’ordinazione a presbitero, per approfondire il suo inserimento nel mondo del lavoro. D’accordo con il suo vescovo, andò, così, a lavorare come scaricatore al porto di Marsiglia. Divenne prete il 7 settembre 1965. Scrisse allora: “Io mi sento per principio della Chiesa e per principio legato al mondo operaio. Nella mia vita, la chiamata di Dio si è fatta attraverso la Chiesa ed il mondo operaio. È la Chiesa che mi dona il Vangelo, è il mondo non cristiano che lo reclama”. Un gruppo di amici “non credenti” l’avrebbe poi ricordato così:  “Dei preti non ci interessa. Noi vogliamo degli uomini di Dio. Dedé era un uomo di Dio, il nostro prete”. Il 24 novembre 1965, alle 11 e 30 del mattino, quando gli scaricatori stavano ultimando il loro turno, scaricando le balle di caffè brasiliano di un cargo all’ancora nel porto, un carico staccatosi dalla gru colpì in pieno André che precipitò per sette metri sul fondo della stiva, morendo sul colpo. Accorse un nord-africano, che riconobbe l’uomo dal corpo senza vita e gridò “è il prete”. André Bergonier era prete da due mesi, scaricatore sconosciuto da quattro anni, per gli amici “Dedè”, uno dei tanti. Poco prima di morire aveva scritto: “Lasciamo sempre più che gli altri entrino nella nostra vita ed entriamo sempre più noi nella vita di Dio. Custodire di lassù tutto il sorriso, la gioia, la speranza. Essere di già donne e uomini della Resurrezione”. E anche: “Io sono sulla banchina del porto perchè Cristo deve essere là”.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro dell’Apocalisse, cap.15, 1-4; Salmo 98; Vangelo di Luca, cap.21, 12-19.

 

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita nella testimonianza  per la pace, la fraternità e la giustizia. 

 

È tutto per stasera. Noi ci si congeda qui con un’annotazione di André Bergonier, che vorremmo fosse vera per tutti noi. E che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

È necessario pregare con più ardore che mai perchè la chiamata che io sento si realizzi, perchè le difficoltà umane si appianino, perchè soprattutto la volontà di Dio, qualunque essa sia, si compia. Dio esigerà di più da me? Può darsi che io abbia altre sofferenze? L’essenziale è di tutto fare e di tutto vivere nell’Amore esclusivamente nell’Amore. (André Bergonier).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 24 Novembre 2010ultima modifica: 2010-11-24T23:01:00+01:00da fraternidade
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