Giorno per giorno – 06 Novembre 2010

Carissimi,

“Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza” (Lc  16, 13). Dopo aver riferito l’elogio dell’amministratore disonesto a suo modo “convertito”, Luca, richiamando alcune sentenze di Gesù, riporta la nostra attenzione su ciò che fa di noi cattivi amministratori (e, perciò, cattivi testimoni) dell’Evangelo del Regno. E si tratta dell’uso delle ricchezze. È questa una delle pagine, su cui i cristiani di tutti i tempi, persino quelli che hanno fatto promesse solenni di povertà, preferiscono glissare o arrampicarsi, come possono, sui vetri. Beh, semmai fossimo ancora capaci di turbarci, non ce la prendiamo più di tanto: tutto era già messo nel conto. Infatti, dei farisei del racconto, che ci rappresentano alla perfezione, è detto che “ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui” (v.14). E non hanno (non abbiamo) mai finito. Però, vale la pena di leggerci con attenzione la parola conclusiva che Gesù rivolge a quanti pensano di essere giusti, pur nel loro attaccamento alle ricchezze:   “Ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole”. E che Lui abbia misericordia di noi.

 

Oggi facciamo memoria di Piccola sorella Magdeleine de Jésus, contemplativa tra i poveri, e di Marcel Légaut, cristiano libero e appassionato di Gesù.

 

06_Magdaleine de Jesus.jpgMagdeleine Hutin era nata a Parigi, il 26 aprile 1898, in una famiglia originaria della Lorena, a pochi chilometri dalla frontiera con la Germania. La  Guerra  del 15-18 aveva avuto pesanti conseguenze sulla sua famiglia: la nonna uccisa, due fratelli morti al fronte, la sorella uccisa dall’epidemia di  spagnola, lei stessa colpita da una pleurite tubercolosa. Restata sola con i genitori, nonostante tutte le sofferenze che avrebbero potuto schiacciarla, scelse di vivere, coraggiosamente e alla grande. Cioè, secondo il Vangelo, da piccola, piccolissima. Sognava di recarsi in Africa, quando s’imbattè in una vita di Charles de Foucauld, pubblicata nel 1921.  Di quella lettura dirà poi:  “Mi resi conto che tutte le idee che avevo da così tanto tempo, qualcuno le aveva avute prima di me, e ho pensato che non dovevo far altro che seguire le sue tracce, lasciandomi condurre da lui”. La salute malferma tuttavia non le lasciava troppe speranze, finché il medico un giorno le disse che solo un clima secco poteva darle qualche speranza di guarire.  Fu così che con una compagna, Anna, decise di partire per l’Algeria. Nel 1938 incontrò per la prima volta il p. René Voillaume, che pochi anni prima aveva fondato, nel Sahara, la fraternità dei piccoli fratelli di Gesù, che si rifanno alla spiritualità foucauldiana. E, di lì a poco, l’8 settembre 1939, Magdeleine fonderà la Fraternità delle piccole sorelle di Gesù, a Touggourt (Algeria), seguendo la stessa ispirazione. Ciò che maggiormente colpiva in Magdeleine era l’amore ardente che la spingeva instancabilmente all’incontro con i più poveri, i più abbandonati del mondo, per comunicar loro, attraverso la sua amicizia, qualcosa della tenerezza di Dio. Lasciò scritto: “Dio mi ha preso per mano ed io l’ho seguito ciecamente…. Sempre, fin dal primo istante, il Signore mi ha dato una fede pazza, quella fede che Lui aveva promesso di ricompensare spostando montagne”. Magdeleine morì il 6 novembre 1989.

 

06 MARCEL LEGAUT.jpgMarcel Légaut nacque a Parigi  nel 1900.  Professore associato all’Ecole Normale supérieure e dottore in matematica, insegnò alle università di Rennes e di Lyon, animando nello stesso tempo numerosi gruppi di spiritualità nell’ambiente universitario, in un periodo segnato da incontri decisivi per la sua vita, quelli con padre Portal, Gabriel Marcel, Teilhard de Chardin… Segnato profondamente dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, a quarant’anni, decise di abbandonare l’università, per trasferirisi con la moglie appena sposata  a vivere un’esistenza da contadini e allevatori in in una località isolata dello Haut-Diois. Questo isolamento gli permise, durante il periodo bellico,  di prestare soccorso a rifugiati, ebrei, disertori e renitenti. Associando il lavoro manuale all’ufficio di padre di famiglia (dalla coppia nacquero sei figli), continuò lungo gli anni una ricerca spirituale esigente e profonda, a cui spesso si affiancarono alcuni amici che raggiungevano la famiglia  in estate nella frazione in cui abitava e che si ritroveranno con lui, una volta pensionato, a Mirmande, nella sede dell’Associazione culturale che porta oggi il suo nome. A vent’anni da quella scelta, Marcel Légaut sentì l’esigenza di raccontare e testimoniare ciò che viveva. Nacquero così i libri, una ventina di titoli, che vennero via via descrivendo il suo itinerario di uomo libero. Tra essi: “Lavoro della fede” (1962), “La realizzazione umana”, diviso poi in due volumi “L’uomo alla ricerca della sua umanità” (1971) e “Introduzione all’intelligenza del passato e dell’avvenire del cristianesimo  (1970).  E poi ancora: “Cambiamento della Chiesa e conversione personale” (1975), “Pazienza e passione di un credente” (1978), “Divenire se stessi” (1980), “Preghiere d’uomo” (1978).  Confessò: “Tutta la mia vita, ho cercato di conoscere Gesù, di raggiungerlo. Mi avevano parlato di lui ed io ho cercato di comprenderlo con la mia intelligenza. Ero commosso e attratto dall’immagine che avevo di lui. È così che sono stato condotto a una conoscenza di Gesù che è la comunione del mio essere con il suo essere”. Chiamò la Chiesa: “Mia madre e mia croce”. Morì il 6 Novembre 1990.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera ai Filippesi, cap.4, 10-19; Salmo 112; Vangelo di Luca, cap.16, 9-15.

 

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

 

Avessimo trovato un testo di p.s. Magdeleine de Jesus, vi avremmo proposto quello, in chiusura. Ma non lo si è trovato. E, così, abbiamo dovuto attingere alla riflessione di Marcel Légaut, che, certo, è bella e profonda, ma, qualche volta, di più difficile lettura. Comunque, ci si è messi di buzzo buono, ne abbiamo selezionato un brano e l’abbiamo testato con noi stessi per primi. Risultato: siamo arrivati alla fine, prima che ci si chiudessero gli occhi per la stanchezza, visto che è quasi mezzanotte, e ci pare pure di averlo capito. Si tratta di un passo tratto dal suo libro “Mutation de l’Eglise et conversion personnelle” (Aubier), che proproniamo anche a voi, per oggi, come  nostro    

 

PENSIERO DEL GIORNO

La fede in se è l’affermazione incondizionale posta dall’adulto del valore originale della sua realtà presa in se stessa. Indipendente da ogni filosofia, quand’anche personalista, lo è pure di ogni considerazione semplicemente morale fatta dall’uomo sul suo passato o sul suo avvenire. Non fluisce necessariamente dalla memoria che l’uomo ha della sua vita, né dai giudizi che porta su di essa. Trae il suo vigore dallo stesso essere che l’afferma. Non ha altro contenuto intellettuale all’infuori di questa nuda affermazione. Nella forza del termine, la fede in se è l’adesione totale dell’uomo a sé stesso nel suo confrontarsi con sé, faccia a faccia; è semplicemente e soltanto coscienza che si concentra su di sé, che si rispecchia e si comprende. Si appropria di sé, nella misura in cui ne è capace, in questo movimento essenzialmente semplice. [….] La fede in Dio è come l’altra faccia della fede in sé, inseparabile da questa. Chi raggiunge la fede in sé, possiede pure la fede in Dio, quand’anche si dica ateo, poiché il suo ateismo non è che il rifiuto di tutte le concezioni di Dio presenti nel suo ambiente o che si propongono al suo spirito. La fede in Dio è come la risultante della fede in sé e della presa di coscienza della propria carenza d’essere, che mostra che non si ha in sé l’essere e che non lo si saprebbe trattenere da soli. Dunque, aver fede in sé non è mettersi al posto di Dio  e divinizzarsi, ma è raggiungere Dio diversamente che per il tramite di una concezione animista di Dio che lo riduce ad essere solo il costruttore, l’organizzatore, il reggitore del Mondo; di un Mondo a cui Dio rimane estraneo a causa della sua stessa trascendenzia. La fede in sè purifica l’espressione “creatore dell’uomo” e la nozione di provvidenza, da ciò che esse suggeriscono di materialita e di esteriorità; essa conduce alla fede in Dio in cui la trascendenza divina è concepita nell’estrema interiorità di Dio nell’uomo. La fede in Dio così vissuta, purifica l’espressione “uomo, creatura di Dio” e la nozione di obbedienza da ciò che suggeriscono pure loro di materialità e di esteriorità e impedisce alla fede in sè di degenerare sia nella fiducia in se stessi, sia nella divinizzazione di sé. (Marcel Légaut, Mutation de l´Eglise et conversion personnelle).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.         

Giorno per giorno – 06 Novembre 2010ultima modifica: 2010-11-06T23:49:00+01:00da fraternidade
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