Giorno per giorno – 01 Novembre 2010

Carissimi,

“Quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti” (Lc 14, 13-14). Voi, oggi, leggete il Vangelo delle beatitudini (Mt 5, 1-12), noi questo, che è il Vangelo della beatitudine di chi accoglie i beati del  regno. Sì, la comunione dei santi – il regno di Dio in atto – è data da questo sedere a tavola insieme  (tavola che è l’eucaristia, e sono le risorse di una nazione e di tutte le nazioni,  e i beni di ciascuno(a) di  noi ed è, certo, anche il banchetto escatologico, alla fine dei tempi), tra quanti sono nel bisogno e quanti sono nell’abbondanza, resi felici, beati, dalla condivisione, che è la vita di Dio nel mondo e oltre. Ora, pensiamo un po’ a come sono ridotte spesso le nostre eucaristie, che dovrebbero essere la festa e l’incontro dei e con i  poveri. E come sono ridotti i paesi di civiltà cristiana (!), che ce la mettono tutta per fare paura ai poveri. Nel silenzio assordante dei pastori, che dovrebbero essere, invece, tutti in galera (Dio volesse!) per una generalizzata, energica, decisa, obiezione di coscienza contro leggi e governanti, che favoriscono sistematicamente i più ricchi e i loro interessi, cioè se stessi, condannando inesorabilmente a morte, più o meno lenta, i poveri del mondo, dopo avere debitamente sfruttato le risorse dei loro Paesi,  il loro lavoro e persino la loro miseria. Sì, pensiamoci e, se non sappiamo o possiamo fare altro, vergogniamoci almeno un po’. O, coerentemente, sbattezziamoci. 

 

Noi usiamo dire che la festa di Ognissanti (che per voi è oggi, per noi, invece, cade sempre la prima domenica di Novembre) intende far memoria di Tutti i Santi anonimi, di ogni popolo, cultura, chiesa e religione. I santi che non hanno festa canonica, ma che non sono da meno di quelli che ce l’hanno. I santi delle nostre famiglie, del nostro vicinato, delle nostre comunità, dei nostri e degli altrui Paesi. Di tutto il mondo, insomma, che fanno corona a Dio e, ragionevolmente, tifano con Lui per noi.

 

Oggi il calendario ci porta la memoria di Rupert Mayer, gesuita, martire del totalitarismo nazista.  

 

01 Rupert_Mayer.jpgRupert Mayer nacque a Stuttgart il 23 gennaio 1876, ed entrò nella Compagnia di Gesù, già sacerdote, nel 1900. Per alcuni anni si dedicò a predicare le missioni popolari in Germania, Austria e Svizzera, poi, a partire dal 1912, assunse la cura pastorale degli immigrati a Monaco. Cappellano militare durante la Prima Guerra Mondiale, fu ferito ed abbe la gamba sinistra amputata. Nel 1917 riprese la sua attività pastorale, dedicandosi soprattutto ai più poveri. Attento all’evoluzione politica del suo paese, avvertì subito la vera natura e il pericolo del nascente movimento nazista e affermò ripetutamente che un cattolico non poteva in nessun caso aderirvi. Quando Hitler salì al potere, il coraggioso prete continuò a difendere e diffondere pubblicamente le sue idee, il che gli costò numerosi arresti, fino all’internamento, nel 1939, nel campo ci concentramento di Sachsenhausen. Le sue gravi condizioni di salute convinsero i nazisti, l’anno successivo, a trasferirlo in domicilio coatto nel monastero benedettino di Ettal, nella Baviera settentrionale. Morì di un colpo apoplettico mentre teneva l’omelia della festa di Ognissanti, a Monaco, il 1° Novembre 1945. La sua preghiera preferita era: “Signore, come tu vuoi, quando tu vuoi, ciò che tu vuoi, perché tu lo vuoi”. Come ricordava il P. Peter-Hans Kolvenbach, preposito generale della Compagnia di Gesù, in occasione della sua beatificazione: “In tutto quello che faceva, la proclamazione della Buona Notizia era intimamente legata all’impegno a favore dei poveri e degli oppressi. In molte maniere viveva l’opzione preferenziale per i poveri, riconoscendo sempre in essi il Signore in persona […] Formò, altresì, dei laici responsabili che divennero compagni d’apostolato nella proclamazione del messaggio della Fede, nella difesa dei perseguitati, nella cura dei poveri”.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera ai Filippesi, cap.2, 1-4; Salmo 131; Vangelo di Luca, cap.14, 12-14.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni  dell’India: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

 

Noi ci si congeda qui, lasciandovi ad un brano di don Primo Mazzolari, dedicato alla festa di Ognissanti, che voi celebrate oggi e a cui noi ci prepariamo. Ed è il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

In questi giorni, la mia chiesa è veramente la casa. Il colore dell’addio, che è nel cielo e nelle cose, mi aiuta a ritrovare il sapore ineffabile e quotidiano del mistero. Ogni titolo, anche quello di santo, pare togliere familiarità. Ai santi diamo una fama, una storia, una leggenda, un’aureola. C’è in noi l’istinto di mettere ogni cosa in prospettiva; se no, ci pare meno valida e meno bella. L’episodio più comune della loro vita finisce nello straordinario, anche perché viene raccontato e ripetuto devotamente da tanti, e ognuno vi lega un po’ del suo cuore, quando non v’aggiunge dell’angustia. Io mi sento trasportato verso le devozioni che mettono i santi a portata di mano. Gesù si lascia toccare il lembo della veste, accarezzare dai fanciulli, lavare i piedi dalla Maddalena, baciare da Giuda, schiaffeggiare dai servi di Caifa, sputacchiare, crocifiggere… Li voglio così i miei santi!  Il panegirico dà la misura delle distanze, agghiaccia il cuore, ci disobbliga da ogni impegno di sforzo. Un bell’altare, con nimbi d’angeli, statue dorate e disumanate, tacita la dimenticanza, come un monumento funerario. Oggi, invece, i santi ci vengono incontro insieme, e fanno il Paradiso, qui nella mia povera chiesa, davanti ai miei occhi annebbiati di tristezze. Si ha un bel dire: è bello credere! Ma se il Paradiso non si mette un poco sulle nostre strade, se il di là non diviene un po’ di qua, come resistere? Ognissanti è la festa della santità senza nome. Quanti santi! Il santo, come il Figlio dell’uomo, non grida. Per questo, nessuno gli bada. Egli passa nell’ombra della nostra dispettosa noncuranza, che ha occhio e voce per tutti, fuorché per chi è veramente meritevole. Nella nostra giornata, c’imbattiamo continuamente nel santo, così, senza accorgerci. Spesso l’abbiamo in casa. La domestica, che si dimentica di avere un cuore e un diritto per diventare il nostro straccio: lo spazzino, che non vedremo mai al lavoro, perché quando ci alziamo egli ha già ultimato il suo lavoro: l’operaio, che scansiamo per non sporcarci: l’inferiore, che trattiamo come un cane: il prete, grossolano e malvestito, che guardiamo con aria sprezzante e insultante. Il santo è Cristo che passa. Finché t’ho cercato sui libri, o volto beato e benedetto di mia santa madre Chiesa, non t’ho mai trovato amabile. Oggi, che ti spio attraverso la sconfinata bontà anonima, ogni altra memoria, per quanto oscura e indegna, mi appare come l’ombra d’una chiarezza eterna, eternamente amabile”. (Don Primo Mazzolari)

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 01 Novembre 2010ultima modifica: 2010-11-01T23:28:00+01:00da fraternidade
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