Giorno per giorno – 29 Ottobre 2010

Carissimi,

“Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa” (Lc 14, 1-2).  A noi, tutto sommato, non dispiacerebbe leggere il Vangelo semplicemente come la storia di Gesù, edificante e bella, ma confinata laggiù, nei suoi tempi e luoghi. E, invece, è anche e soprattutto parola di Dio che viene ogni giorno a importunarci. Da duemila anni. Stamattina, ci dicevamo che ogni malattia che appare nei racconti del Vangelo è anche specchio di un male della società o della comunità o dell’individuo. Così come i personaggi che lì agiscono o vi si muovono rappresentano noi e le nostre maniere di reagire al male e all’azione curante di Gesù. In tal modo, possiamo immaginare che,  già per Luca, i farisei erano i “religiosi” del suo di tempo, le case dei capi erano quelle in cui ci si riuniva, e “uno dei capi” era quello che chiameremmo oggi un leader (o un anziano o un presbitero) della comunità, e il pasto, forse non era più un semplice pasto, ma la cena, il memoriale della morte e risurrezione, l’Eucaristia. Il Sabato, poi, era semplicemente la Legge, non le nostre leggi umane, ma proprio la Legge di Dio, nel suo momento più alto. Così, stamattina, abbiamo cercato di rileggere il racconto, attualizzandolo per quanto possibile. Gesù che, normalmente preferisce la compagnia dei peccatori (che non sono quanti brillano per malizia, ma la povera gente che non sa, non capisce, e sbaglia continuamente), non si nega a frequentare le chiese, per dire la sua parola e darsi come pane. La sua parola, tuttavia, in questa occasione, segnala un male che spesso si fa presente nei nostri ambienti. Lo denuncia come idropisia, ed allude al gonfiarsi, al riempirsi di sé (orgoglio ed egoismo, materiale e spirituale), senza lasciar posto agli altri. Ma, noi fatichiamo a capirlo, e mai arriveremmo comunque ad applicarlo a noi stessi. Ora, il malato concreto che entra in scena è l’unico modo che Gesù ha di smascherarci: Che ne facciamo di lui? Dobbiamo guarirlo, o lasciamo che ci pensino gli altri, magari domani o  dopo? Dato che tra l’altro, ora ci sono cose ben piu importanti da fare, come celebrare la messa, spezzare il pane tra i fratelli, contemplare, come si conviene al sabato (o alla domenica, fate voi) la presenza di Dio. Le altre cose, per pudore, neanche le menzioniamo (tipo, riposare, goderci la famiglia, andare a pescare…). Beh, i nostri omologhi di quel tempo, hanno avuto solo (o almeno) il buon senso di non rispondere nulla e di lasciar fare a lui.  Da noi, dato che siamo suoi discepoli, Lui forse si aspetta qualcosa di più. Non c’è Dio (e, a maggior ragione “io”) che tenga, ad impedirti di far del bene al tuo fratello malato. Ed è solo prendendotene cura e guarendolo, che comincerai a guarire tu stesso del tuo male (della tua idropisia) spirituale. Ehi, amici, prendere e portare a casa. Ce la siamo cercata!

 

Oggi il nostro calendario ecumenico ci porta la memoria di al-Hassan al-Basri, mistico islamico, e di Mons. Christophe Munzihirwa, martire in Congo.

 

29. al-Hassan al-Basri.jpgHassan nacque a Medina nel 643 d.C. (21 dell’era egiriana), dieci anni dopo la morte del profeta Mohammed, e visse in un’epoca violenta e travagliata per la giovane comunità islamica. Quello della guerra tra i sostenitori di Alí (con la sua shi’a – da cui gli sciiti), con base nell’attuale Iraq, e i siriani al seguito del  governatore di Damasco, Mu’awiya, che governava con pugno di ferro, reprimendo nel sangue  la protesta e le rivolte di quanti non tolleravano il suo sistema tirannico. Abitando a Basra (la Bassora irachena), nel Golfo Persico, al-Basri si trovò dunque al centro delle sollevazioni contro la dinastia omeyyade. A quanti volevano coinvolgerlo nella lotta contro quel regime iniquo, al-Basri rispondeva che “Dio non cambia niente in un popolo prima che questo popolo non sia cambiato lui stesso”. Se non si elimina la violenza, come principio e motore del cambiamento, la situazione non muterà: “Volete cambiare questa situazione ingiusta? Dio la cambierà, se rivediamo la nostra vita, non se ricorriamo alla spada”.  Questo non significa tuttavia tacere davanti all’ingiustizia, che, anzi, al-Basri  la denunciò con veemenza durante tutta la sua vita, e neppure ubbidire alle leggi ingiuste, nei confronti delle quali il santo sollecitò l’obiezione di coscienza. Disse infatti: “Circa l’applicazione delle leggi, temi Dio piuttosto che il tuo governatore. Dio infatti ti proteggerà dal governatore, ma questi non ti proteggerà da Dio. Tu non sei obbligato a obbedire a una creatura che disobbedisce a Dio. Confronta le disposizioni del governatore con la Rivelazione di Dio. Se la lettera è d’accordo con il Libro sacro, eseguisci gli ordini che essa contiene; se lo contraddice, non eseguirli. È meglio obbedire a Dio che al governatore, alla Rivelazione di Dio che alle leggi umane”.  Primo tra i mistici musulmani e modello per ogni credente di fedeltà alla comunità, di denuncia profetica dell´ingiustizia e di obbedienza alla voce della coscienza, Hassan di Bássora morì il 10 Rajab del 110 (secondo il calendario egiriano), che coincide, nel nostro calendario, con il 14 ottobre 728.

 

29. Munzihirwa.jpgChristophe Munzihirwa Mwene Ngabo era nato a Lukumbo, nei pressi di Walungu (Kivu, Congo) nel 1926. Dopo essere stato ordinato prete  nel 1958, nel 1963 chiese e ottenne di entrare nella Compagnia di Gesù. Dopo gli studi all’università di Lovanio, in Belgio, rientrò in Zaire, dove gli fu affidata la direzione spirituale dei gesuiti in formazione a Kimweza. Nel 1971 visse la stagione della contestazione studentesca che sfociò nell’arruolamento forzato degli studenti nelle file dell’esercito. Anche se per la sua età avrebbe potuto essere dispensato, scelse di condividere volontariamente l’arruolamento con i suoi studenti. Nel 1975 fece la sua professione religiosa solenne. Dal 1980 fu per sei anni provinciale dei gesuiti dell’Africa Centrale (Zaire, Ruanda e Burundi). Nel 1986 venne nominato vescovo coadiutore della diocesi di Kasongo, di cui divenne titolare quattro anni più tardi. Nel 1994 partecipò a Roma al Sinodo Speciale per l’Africa. Nominato arcivescovo di Bukavu, nel 1995, visse da vicino il dramma di centinaia di migliaia di rifugiati ruandesi. Durante i successivi due anni dedicò ogni sforzo per additare un cammino di pace alle forze in conflitto nella regione dei Grandi Laghi. Spirito libero, Mons. Munzihirwa si caratterizzò per uno stile di vita poverissimo e per il coraggio profetico con cui seppe in ogni occasione denunciare violenze, corruzione, ruberie, nonché i giochi e gli interessi delle grandi potenze, che agivano dietro le quinte. Fu ucciso a bastonate da alcuni soldati delle milizie ruandesi il 29 ottobre 1996. 

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera ai Filippesi, cap. 1, 1-11; Salmo 111; Vangelo di Luca, cap.14, 1-6.

 

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

 

Bene, noi ci si congeda qui, lasciandovi a una pagina della biografia che Ibn al-Jawzi  dedicò a al-Hassan al-Basri. Che ne riporta detti ed insegnamenti. Ed è questa per oggi il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Diceva: “Soddisfare il bisogno di un fratello lo preferisco a un ritiro spirituale di un mese!”. Un uomo lo interrogò sul buon comportamento. Rispose: “Consiste nella generosità, nel perdono e nella tolleranza”. “Se Dio, Potente e Grande, avesse voluto, avrebbe fatto di voi persone ricche, senza nessun povero tra voi; e se avesse voluto, avrebbe fatto di voi persone povere, senza nessun ricco tra voi. Ma ha voluto provarvi gli uni con gli altri, per vedere il vostro comportamento, poiché Egli ha indicato ai Suoi servitori le virtù morali, dicendo loro: “Anche se sono nel bisogno, antepongono gli altri a se stessi; e chiunque rifugge dalla sua avarizia, ecco allora chi avrà successo” (Corano, 59, 9). “Noi consideriamo come avaro chi presta del denaro a suo fratello (cioè, chi non è abbastanza generoso da darglielo in dono). Giuro per Dio che c’era tra coloro che ho visto e frequentato chi strappava il mantello per donarne la metà a suo fratello, trattenendo quanto restava. Certo, c’è stato prima di voi chi digiunava e che, alla fine del digiuno, andava da uno dei suoi fratelli e gli diceva: Oggi ho digiunato per Dio, ed io desidero, se Dio l’accetta da me, che tu ne abbia una parte del merito (donandomi ciò che serve  per porre fine ad esso). L’altro gli portava allora ciò che aveva di acqua e datteri ed egli terminava così il suo digiuno, rendendo possibile all’altro l’acqusito di una ricompensa, anche se avrebbe potuto fare a meno di ciò che quest’ultimo possedeva”. “Ho vissuto all’epoca di persone tra cui c’era chi, alla scomparsa del fratello, lo sostituiva nella cura della famiglia e dei figli di quest’ultimo, fino a quarant’anni dopo la sua morte (garantendo loro i mezzi di sussistenza)”.  (Al-Hassan al-Basri).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 29 Ottobre 2010ultima modifica: 2010-10-29T23:47:00+02:00da fraternidade
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