Giorno per giorno – 23 Ottobre 2010

Carissimi,

“Si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13, 1-3). C’è qualcosa che non quadra nella concezione che così spesso si ha di Dio, che benedirebbe alcuni e maledirebbe altri. O premierebbe alcuni e altri punirebbe. Seguendo questa logica, chi è ricco, sano e gaudente, lo sarebbe perché oggetto della benevolenza di Dio, chi è povero, malato, infelice, patirebbe invece le conseguenze di qualche sua colpa. Noi crediamo di aver letto, tempo fa, qualcosa del genere su un giornaletto evangelico, che disinvoltamente attribuiva il benessere dei paesi del Nord del mondo alla scelta “cristiana”, e i drammi del Sud del mondo al suo ostinato paganesimo o all’adorazione di dèi falsi e bugiardi. E ci sarebbe da chiedersi quanto sia stata e sia cristiana, e non invece il suo esatto contrario, la storia e l’attualità dei Paesi dell’abbondanza. Costruita sullo sfruttamento e sul sangue dei poveri, talvolta con tanto di benedizione delle loro chiese (non certo di Dio!). Gesù, interpellato, non fa comunque un discorso sui massimi sistemi. Sa che il male esiste e sa che chi lo subisce non ne è necessariamente (anzi non lo è quasi mai) il responsabile. Quando Luca scrive il suo Vangelo, tra l’altro, Gerusalemme è già stata distrutta e quel giudizio di Gesù gli deve aver ricordato che quella distruzione non è ovviamente colpa delle vittime, ma, semmai, dei loro oppressori e, più in profondità, della logica che governa il mondo. A quella logica, solo a volerlo, ci si può sottrarre, dice Gesù. È la scelta della conversione. Che non consiste tanto nel cambiare di religione, o nel prendere a frequentare una chiesa o a fare le proprie devozioni, quanto nel cambiare lo sguardo che portiamo sul mondo,  facendo nostro il Suo.  E il Suo è lo sguardo del Padre di tutti, che ci vuole fratelli. E anche se dà mostra di spazientirsi, quando non ci riusciamo, è subito disposto a darci  tempo, tanto quanto dura la nostra vita. Perché noi si impari a fare altrettanto. Inveterato ottimista quale egli è.

 

Oggi è memoria dello staretz Ambrogio di Optina, “fatto tutto a tutti”;  di Vilmar José de Castro, maestro e catechista, e di Nativo da Natividade de Oliveira,  sindacalista, entrambi martiri in Brasile. 

 

23 AMBROGIO De OPTINA.jpgAlexander Mikajlovic Grenkoff era nato  il 21 novembre 1812  in una famiglia del clero minore. Suo padre era infatti lettore nella parrocchia di un villaggio nel governatorato di Tambov. Conclusi gli studi in seminario, il giovane scoprì che la carriera ecclesiastica non era fatta per lui. Se ne tornò perciò a casa e per qualche tempo insegnò nella locale scuola elementare. Ma, via via, sentì crescere in lui la vocazione monastica, sicché, nell’autunno del 1839, chiese ed ottenne di entrare nel monastero di Optina. Qui vestí l’abito, assumendo il nome di Ambrogio. Ordinato diacono e poi prete, dovette limitare le sue attività a causa delle precarie condizioni di salute. Sfruttando le sue conoscenze di greco e latino, curò per alcuni anni l’edizione di testi patristici. L’attivita di carattere erudito tuttavia non gli era particolarmente congeniale, venne perciò dedicando sempre più tempo alla direzione spirituale  (starcestvo), profondamente radicata in una vita di preghiera e di ascesi.  E continuò così per tutta la vita. Ogni volta più malconcio, ogni volta più ricercato dalla gente, ogni volta più dolce, dedicato, identificato con quanti ricorrevano a lui per parlargli e riceverne il consiglio. Nell’estate del 1890, per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, si trasferì a Sciamordino, nel monastero femminile, da lui fondato nel 1884. Continuò tuttavia a ricevere visitatori da mattina a sera, ininterrottamente. All’inizio di ottobre ci si rese conto che la fine si approssimava. Il 10 Ottobre 1891 (23 ottobre secondo il calendario gregoriano), alle 11,30, terminate le preghiere del trapasso, Ambrogio sollevò il braccio, fece il segno dalla croce e si spense.  Sulla  lapide della sua tomba furono incise le parole dell’apostolo Paolo:  Sono stato debole con i deboli, al fine di guadagnare i deboli. Mi sono fatto tutto a tutti per salvarne in ogni modo qualcuno”.

 

23 VILMAR JOSÉ DE CASTRO.jpgVilmar José de Castro era nato nel 1959 in una famiglia di piccoli agricoltori di Caçu, nel Sud-est goiano. Maestro rurale, era agente di pastorale della diocesi di Jataí, membro della Commissione Pastorale della Terra, integrante della Scuola Biblica regionale. Fu assassinato il 23 ottobre 1986 tra Caçu a Itarumã, sulla strada che percorreva ogni giorno per recarsi a scuola. Vilmar aveva rappresentato la sua diocesi al 6º Incontro Nazionale delle Comunità ecclesiali di Base, che si era svolto pochi mesi prima a Trindade. Durante la celebrazione dei martiri, quanti dei presenti avevano ricevuto minacce di morte furono invitati ad alzarsi. Vilmar era tra loro. Di fatto, da quando la UDR, il nuovo sindacato dei latifondisti, aveva cominciato a operare a Caçu, il nome di Vilmar era fatto spesso, in maniera non propriamente benevola, dai grandi proprietari. Che aspettarono solo l’occaisone giusta per colpirlo ed eliminarlo. Subito risaputa da tutti fu la complicità e la copertura offerta nella perpetrazione del delittto dalla famiglia Teixeira, una famiglia di latifondisti della zona. Con Vilmar si volle colpire la voce della Chiesa, “colpevole” di una pastorale a favore dei contadini senza terra, dei piccoli produttori e dei lavoratori urbani, che metteva in pericolo i loro interessi economici.

 

23 Nativo da Natividade.jpgNativo da Natividade de Oliveira era nato a Doresopolis, in Minas Gerais, il 20 novembre 1953, da Laurita de Oliveira e Benedito Rodrigues de Oliveira. Nel 1961, la famiglia si era trasferita nella zona rurale del municipio di Carmo do Rio Verde (Goiás), dove nel 1967 dona Laurita morì. Nel 1972 Nativo sposò Maria di Fátima Marinelle, da cui ebbe due figli: Luciene ed Eduardo. Attivo nelle comunità ecclesiali di base, nel 1975 conobbe dom Tomás Balduino, allora vescovo di Goiás, che lo convinse a dedicarsi al lavoro di coscientizzazione e organizzazione sindacale. Impegno che egli assunse, almeno inizialmente, senza troppa fortuna, dovendosi scontrare con la difficile situazione politica, con l’atteggiamento minaccioso del padronato e con la paura dei lavoratori rurali. All’inizio degli anni 80, insieme ad Adão Rosa e altri compagni, Nativo, pur continuando il suo lavoro nei campi, collaboró alla fondazione del Partito dei Lavoratori (PT) nello Stato di Goiás e delle Conferenze della Classe Lavoratrice (CONCLAT), che costituirono l’embrione della Centrale Unica dei Lavoratori (CUT), che lo vide tra i suoi quadri dirigenti in Goiás. L’organizzazione sindacale cominciò progressivamente a prendere piede e a conquistare la fiducia dei lavoratori. Ma questo determinò la rabbiosa reazione dei potentati locali. Il 1984, con la fine della dittatura, segnava l’inizio di una nuova stagione politica per il Brasile. L’anno seguente, le elezioni delle rappresentanze sindacali segnarono una netta vittoria del sindacato guidato da Nativo. Era evidentemente troppo. Il 23 ottobre 1985,  alle 19,30, veniva ucciso con cinque colpi di fucile davanti alla sede del Sindacato dei Lavoratori rurali di Carmo do Rio Verde. Il pistoleiro, Júlio Santana, confesserà in seguito che il delitto era stato commissionato dal sindaco della città, Roberto Pascoal Liérgio, e dal presidente del sindacato dei Proprietari rurali, Geraldo dos Reis Oliveira. Che restarono impuniti.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera agli Efesini, cap.4, 7-16; Salmo 121; Vangelo di Luca, cap.13, 1-9.

 

La preghiera del sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

 

Per ricordare i venticinque anni dal martirio di Nativo (e ventiquattro da quello di Vilmar), la diocesi si è recata, nel pomeriggio,  in pellegrinaggio a Carmo do Rio Verde. Per dirlo con le parole del nostro vescovo “la memoria del passato è importante per tutti, ma specialmente per le nuove generazioni. Non è, infatti, possibile costruire il futuro, senza conoscere le lotte e le sofferenze di chi ci ha preceduto. La fedeltà all’ideale di quanti sono caduti vittime del latifondo è compito urgente. Venti alienanti soffiano oggi nella societá e nelle chiese: una spiritualità disincarnata, fuori della realtà e anestetizzante. Davanti a questi venti contrari continuiamo a credere nella vittoria di quanti testimoniano con la loro vita che un altro mondo è possibile. Il sangue dei martiri ci ricorda l’ideale del martire Gesù. I suoi comportamenti lo hanno portato alla croce. Egli incomodava grandi e potenti.  E tuttavia il sogno di Gesù si è diffuso e ha contagiato molti altri, portandoli a dare la vita perché altri avessero vita. Dio voglia che la nostra Chiesa di Goiás non perda l’orientamento della fedeltà all’Evangelo e al nostro popolo sofferente e schiacciato dal profitto e dal capitale. Perché il Regno  che Gesù inaugurò, Regno di pace e giustizia, di solidarietà e fraternità accada sempre di nuovo”. Al termine della lunga camminata, che ha visto sfilare per il centro della città qualche migliaio di persone, è stata celebrata l’Eucaristia, presieduta da dom Eugenio e da Dom Tomás, “sul suolo sacro che ha visto scorrere il sangue dei martiri”.     

 

Bene, noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura il brano di una lettera di Ambrogio di Optina, che troviamo in una raccolta dal titolo “La Preghiera di Gesù nella corrispondenza dello starec Amvrosij di Optina”, nel sito di Esicasmo. E che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Scrivete che i vostri nemici spirituali hanno scatenato una tale guerra contro di voi, che vi impediscono di compiere la preghiera mentale facendo rumore e baccano attorno a voi quasi stessero danzando in cerchio. Per questo motivo chiedete a me, uomo tardo di mente, che cosa fare e come comportarvi in tali casi. Dovreste imitare coloro che sono piaciuti a Dio per il modo in cui hanno agito in simili circostanze. Nella Vita di Arsenio il Grande si legge che il santo, alcune volte, alzandosi dalla preghiera mentale, pregava ad alta voce con le mani sollevate: “Signore Dio! Non abbandonarmi, perché non ho mai fatto nulla di buono ai tuoi occhi, ma aiutami e concedimi di poter cominciare”. In questa breve preghiera di uno che piaceva al Signore è espressa anzitutto grande umiltà, senso di autocritica e umiliazione di sé e, in secondo luogo, si mostra che questo santo non pregava in tal modo senza una ragione, ma evidentemente perché, a motivo della sua vita rigorosa, era stato assalito da pensieri di grandezza da parte dei nemici della mente, che non lasciano in pace nessuno, ma attaccano chiunque, con ogni mezzo possibile. È necessario, in particolare per noi che siamo deboli, stare attenti ai pensieri di grandezza, che sono più nocivi di qualsiasi altra cosa nella lotta spirituale, come spiega san Marco l’Asceta. (Ambrogio di Optina, Lettera del 19 Ottobre 1870).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 23 Ottobre 2010ultima modifica: 2010-10-23T23:31:00+02:00da fraternidade
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