Giorno per giorno – 21 Ottobre 2010

Carissimi,

“Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!”  (Lc 12, 49-50). Solitario incendiario Gesù, che vorrebbe invano che tutti si appassionassero come Lui del progetto del Regno!  E invece.  Rafael che, eccezionalmente, stamattina è stato con noi a riflettere sul Vangelo, diceva che la frase di Gesù gliene ricorda un’altra, scritta non sa bene dove: tu non sei né caldo né freddo, ti pensi ricco e invece sei miserabile. Compra da me dell’oro purificato dal fuoco per diventare ricco davvero. Sì, è una parola dell’Apocalisse, diretta alla chiesa di Laodicea (cf Ap 3, 15 ss), ma potrebbe essere rivolta a ciascuno di noi. Così tenacemente tiepidi, inerti, adeguati a (ma, forse, più correttamente, corresponsabili di) una generalizzata mediocrità. Che ci vede incapaci di stupirci, indignarci, reagire, agire. E tuttavia non siamo qui a rimpiangere i bei tempi andati. Del resto, se se ne lamentava già Gesù (e, solo poco più tardi, l’Apocalisse), significa che era problema anche di quelle generazioni. Il fatto che non siano mai mancati profeti lungo il corso della storia, segnala sia la delusione di Dio, sia l’insoddisfazione della coscienza umana che in fondo intuisce di poter ambire a qualcosa di più.  La parola di Gesù, il suo annuncio, l’immagine di Dio che egli ha incarnato nella storia, la sua Croce, insomma, è puro fuoco. Che noi spesso abbiamo contribuito a soffocare, se non ad estinguere, con l’acqua dei nostri interessati silenzi, delle nostre accomodanti interpretazioni, ma soprattutto della nostra controtestimonianza. Così che, a duemila anni di distanza, siamo ancora qui, noi della sua chiesa, a omologarci su tutto – il potere, le cose, la ricchezza, il successo, le tecniche di un’evangelizzazione confusa tristemente con la conquista e il controllo di un numero crescente di fedeli – mentre Lui si lasciava angosciare (e ci vorrebbe angosciati) da quel battesimo che era il dono di sé, sino alle estreme conseguenze, niente meno che la morte. Capace di sconvolgere scandalosamente l’unità delle famiglie, e il loro tranquillo ménage, e l’ordine pubblico e quello religioso ed ecclesiastico. Perché tutti fossero e siano liberi da ogni oppressione. Resi capaci di amare.  

 

Oggi, il nostro calendario ecumenico ci porta la memoria dei Martiri ebrei dei pogrom nell’Impero russo.

 

21 Pogrom in Russia.jpgNell’ottobre del 1905, in numerosi distretti dell’impero russo, dalla Polonia all’Oceano Pacifico,  scoppiano violenti pogrom contro la popolazione ebraica, con il sostegno, la tacita approvazione o, in molti casi, il concorso diretto delle autorità di governo, delle forze dell’esercito e della polizia. Si calcola che negli ultimi dieci giorni del mese vi furono una cinquantina di “grandi” pogrom e circa seicento “piccoli” pogrom.  I più sanguinosi si ebbero a Bogopol, Aleksandrovsk, Jusovka, Golta, Mariupol, Tomsk, Olviopol, ma soprattutto a Odessa, dove i morti furono almeno 800, migliaia i feriti, e migliaia le case di ebrei distrutte o saccheggiate. Testimoni oculari dichiararono che “gli autori delle devastazioni, brutalmente e indiscriminatamente, picchiavano, mutilavano e assassinavano ebrei inermi, uomini, donne e bambini. Scagliavano le loro vittimi fuori dalle finestre, violentavano, squarciavano il ventre alle donne gravide, massacravano bambini davanti ai loro genitori”. I pogrom erano spesso pubblicizzati con volantini di questo tenore: “Cari fratelli, nel nome del nostro Salvatore che ha versato il suo sangue per noi e nel nome del nostro amatissimo zar pieno di attenzioni per il suo popolo, gridiamo: “abbasso i Jid!”, addosso a questi aborti infami, a queste sanguisughe avide di sangue! Venite in nostro aiuto, lanciatevi sugli sporchi Jid, siamo già numerosi”. Furono gli ultimo pogrom nella Russia zarista che preferì optare negli anni successivi per la tattica dell’agitazione a freddo. Nel decennio 1906-1916 furono pubblicati 2837 libri ed opuscoli a carattere antisemita e il contributo finanziario dello zar Nicola II (canonizzato dalla Chiesa ortodossa nell’anno 2000) superò i 12 milioni di rubli. 

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da

Lettera agli Efesini, cap.3, 14-21; Salmo 33; Vangelo di Luca, cap.12, 49-53.

 

La preghera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

È tutto anche per stasera. La memoria odierna dei Martiri ebrei dei pogrom russi  ci suggerisce di proporvi in lettura un commento alla parashah della Torah, letta questa settimana nelle comunità ebraiche, che ha per titolo Vajerà, “E gli apparve” (Gen 18,1 -22,24). Il commento è di Pinchas H. Peli, ed è tratto dal suo libro “La Torah oggi” (Marietti). Accettatelo come nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Abramo sedeva, ci viene detto, “all’ingresso della tenda”. Ma cosa rendeva questo ingresso così speciale da riservargli una particolare menzione? Ed ecco la risposta: l’ingresso della tenda di Abramo di cui si parla era uno dei quattro ingressi che Abramo stesso aveva disegnato per la sua tenda, un ingresso su ogni lato, per essere certo che se uno straniero fosse giunto da oriente non avrebbe dovuto fare il giro della tenda come invece sarebbe stato costretto se l’ingresso fosse stato solo verso occidente; la stessa cosa valeva per chiunque arrivasse da ogni altro lato. Abramo aveva predisposto gli ingressi in modo tale che una persona poteva raggiungerli da qualunque parte arrivasse. Grande fu la felicità di Abramo quando vide avvicinarsi i tre uomini. Non attese che venissero verso di lui ma, staccatosi dalla tenda, si precipitò loro incontro per salutarli. E chinatosi fino a terra li supplicò di accettare la sua ospitalità. Abramo in quel momento non aveva la minima idea che i forestieri che aveva salutato erano personaggi importanti, angeli mandati dal cielo. Secondo il Midrash , citato anche nel commento di Rashi, Abramo aveva qualche buona ragione per credere che i suoi ospiti fossero dei nomadi arabi. Tuttavia non li accolse con cauta diffidenza, ma li trattò con grande rispetto e simpatia. Per lui ogni persona era tanto importante da tralasciare qualunque cosa stesse facendo e correre a dare il benvenuto. E cosa stava facendo proprio in quel momento? Di nuovo una domanda pertinente. La risposta, questa volta, la troviamo nel primo versetto del racconto: “E il Signore gli apparve”. Abramo, allora, era immerso in un colloquio con Dio, che gli aveva fatto visita in occasione della sua malattia. Tuttavia, quando si accorse dei tre stranieri che gli sembrarono dei pellegrini arabi, lasciò che Dio aspettasse e corse loro incontro.  Da ciò il Talmud (Shabbat 127 a) trae un’audace lezione: “Accogliere con ospitalità il visitatore è più importante che ricevere la Shekinah (la presenza di Dio)!”. È evidente che a Dio non importa “esser messo in lista d’attesa” a motivo di uno straniero in viaggio. Potrebbe infatti succedere che, per fame o per sete, quest’ultimo non possa aspettare. (Pinchas H. Peli, La Torah oggi).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 21 Ottobre 2010ultima modifica: 2010-10-21T23:50:00+02:00da fraternidade
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