Giorno per giorno – 17 Ottobre 2010

Carissimi,

“Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18, 7-8). In un’altra occasione, Gesù aveva affermato: Se voi che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, immaginatevi il vostro Padre celeste! (cf Lc 11, 13).  Il Vangelo di oggi si muove un po’  nella stessa linea: se un giudice ingiusto, anche solo per non essere importunato, si decide a far giustizia alla povera vedova della parabola (Lc 18, 2-5), pensate cosa non farà Dio, con quanti gridano a Lui! Sovrana ironia del buon Gesù, che ci esorta: concediamo a Dio di essere quanto meno un po’ migliore di quel che riesce a noi. Ciò che però importa è l’informazione che egli ci dà circa l’agire di Dio e perciò anche di ciò che caratterizza il suo Regno (e, naturalmente, quanti accettano di esserne i testimoni e gli agenti): Dio è “quando” si risponde con tempestività al clamore dei poveri. E tuttavia Gesù sa quanto questo sia difficile, a causa dell’imperante logica del mondo e della facilità con cui noi ci adeguiamo ad essa. Da qui la sua domanda sconsolata: Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? Lui, ci dicevamo stamattina durante l’Eucaristia, viene ogni sera e chiede a ciascuno dei suoi discepoli: che hai fatto oggi della tua fede? Hai prestato ascolto al clamore dei poveri? O non ti sei curato piuttosto solo dei tuoi interessi? Certo, il venire incontro alle richieste dei poveri non è una passeggiata, un semplice corteo, una manifestazione, una firma in calce a un manifesto, richiede uno sforzo personale, fatica, rinunce, cambiamenti. È quanto è sotteso alla lettura dell’Esodo che la liturgia ci proponeva sempre oggi, e che presenta la funzione di Mosè come intercessore, durante la battaglia di Giosuè contro Amalek. Questi è tradizionalmente inteso come la figura del nemico di Israele per eccellenza. Oggi potremmo leggerlo come figura delle forze che, dentro e fuori di noi, tentano di distoglierci dalla battaglia per la vita – vita piena e abbondante – in favore dei più. Quando Mosè riesce a stare con le braccia sollevate, Giosuè vince, quando le abbassa comincia a perdere. C’è bisogno dell’aiuto di Aronne e Cur, a sostenergliele. Fino a sera, quando Amalek sarà sconfitto. C’è dunque bisogno del lavoro e del sacrificio di tutti, perché le pur poche conquiste dei poveri non siano messe a repentaglio. Il che, da noi, in queste ultime settimane di campagna elettorale è sentito come un rischio concreto.  Ma questo è vero dappertutto, nel grande villaggio globale che è il mondo.

           

I testi che la liturgia di questa XXIX Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro dell’Esodo, cap.17, 8-13; Salmo 121; 2ª Lettera a Timoteo, cap.3, 14-4, 2; Vangelo di Luca, cap.18, 1-8.

 

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e Chiese cristiane.

 

Oggi la chiesa fa memoria di Ignazio d’Antiochia, pastore, padre della Chiesa e martire.

 

17 ignazio d'antiochia.jpgForse di famiglia pagana e convertito piuttosto tardi al cristianesimo, Ignazio conobbe personalmente gli apostoli Pietro e Paolo. Tra il 70 e il 107 d.C., fu  vescovo di Antiochia, succedendo a Pietro e ad Evodio. Di quest’ultimo, parlando agli antiocheni, avrebbe detto: “Ricordatevi  del beato Evodio, vostro pastore, il quale per primo vi ha governato, dopo gli apostoli. Mostriamoci degni figli di un tale padre”. Mentre era Vescovo ad Antiochia, l’imperatore Traiano diede inizio alla sua persecuzione. Arrestato e condannato, Ignazio fu condotto in catene da Antiochia a Roma, con un viaggio lunghissimo e assai penoso, durante il quale scrisse sette lettere, dirette a varie chiese, che costituiscono documenti preziosi sulla Chiesa primitiva e sui suoi fondamenti teologici. Scrivendo ai Romani, che temeva potessero intervenire in suo favore per evitargli il martirio scrisse: “Lasciatemi essere il nutrimento delle belve, dalle quali mi sarà dato di godere Dio. lo sono frumento di Dio”. E, giunto a Roma, intorno all’anno 107, il vescovo di Antiochia fu davvero triturato dalle belve del circo, dando testimonianza a Cristo che aveva appassionatamente amato. 

 

17 GIORNATA POVERTÁ.jpg“Dove gli uomini e le donne sono condannati a vivere in estrema povertà, i diritti umani sono violati. Unirsi per assicurare che questi diritti siano rispettati è nostro solenne dovere”. Sono le parole che Padre Joseph Wresinski volle incise nella pietra, al termine di una manifestazione che, convocata il 17 ottobre 1987, aveva riunito 100.000 persone a Parigi, nella Place du Trocadéro, dove il 10 Dicembre 1948 era stata solennemente firmata la “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”. L’idea di fondo della manifestazione sarebbe stata ripresa in seguito dall’Onu che volle fare del 17 Ottobre la “Giornata internazionale per lo sradicamento della povertà”. Perché si dia ascolto alla voce dei poveri. Già, viene giusto in mente il Vangelo di oggi!

 

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda con una citazione di Ignazio d’Antiochia, tratta dalla sua “Lettera ai Tralliani”. Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Penso molte cose in Dio, ma mi limito per non perdermi in vanagloria. Ora bisogna che tema di più e non segua quelli che mi riempiono d’orgoglio. Quelli che mi parlano mi fustigano. Desidero soffrire, ma non so se ne sono degno. La mia impazienza non appare a molti, ma molto mi combatte. Ho bisogno di mitezza nella quale si vince il principe di questo mondo. Non potrei scrivervi cose celesti? Ma temo di recarvi danno essendo voi piccoli. Perdonatemi! Non potendo assimilare vi congestionereste. Anch’io sebbene sia incatenato e mi sia possibile concepire le cose celesti, le gerarchie angeliche e le schiere dei principati, le cose visibili e invisibili, non sono ancora un discepolo. Molte cose ci mancano per non essere pure abbandonati da Dio. Non io vi scongiuro ma la carità di Gesù Cristo. Prendete solo l’alimento cristiano e astenetevi dall’erba estranea che è l’eresia. Coloro che per farsi credere mescolano Gesù Cristo con se stessi, sono come quelli che offrono un veleno mortale nel vino melato. L’incauto prende allegramente in un piacere nefasto la morte. Guardatevi dunque da questi. Ciò sarà possibile non gonfiandovi e non separandovi da Dio Gesù Cristo, dal vescovo e dai precetti degli apostoli. Chi è all’interno del santuario è puro; chi ne è lontano non è puro. Ciò significa che chiunque operi separatamente dal vescovo, dal presbitero e dai diaconi, non è puro nella coscienza. Non che io sappia qualcosa di simile in mezzo a voi, ma vi avverto poiché mi siete cari e prevedo le insidie del diavolo. Armandovi di una dolce pazienza ricreatevi nella fede, la carne di Cristo, e nella carità, il sangue di Gesù Cristo. Nessuno ce l’abbia contro il prossimo. Non date motivo ai pagani che per pochi sconsiderati sia bestemmiata la moltitudine di Dio. (Ignazio d’Antiochia, Lettera ai Tralliani, IV-VIII).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 17 Ottobre 2010ultima modifica: 2010-10-17T23:18:00+02:00da fraternidade
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