Giorno per giorno – 02 Settembre 2010

Carissimi,

“Quando Gesù ebbe finito di parlare, disse a Simone: Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca. Simone rispose: Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti. Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano”  (Lc  5, 4-6). Noi, come chiesa, si nasce così. Dall’esperienza della nostra frustrazione, dalla percezione che non si va da nessuna parte, perché sta mancando qualcosa, o, forse, ma non lo si sa ancora con sufficiente chiarezza, “qualcuno”. E non in relazione a noi, al  nostro personale successo, alla nostra pagnotta, in vista della quale ci si saprebbe anche accontentare di poco. Beh, non sempre e non per tutti. Nelle chiese si ascoltano ancora spesso espressioni del tipo: nel nome di Gesù, riuscirò a farmi la macchina nuova, o comprerò la casa, o monterò un’impresa. E gli altri schiattino pure d’invidia. Nel nome di Gesù. Il brutto è che qualche volta ci riescono e attribuiscono davvero la cosa a Lui, ridotto ad amuleto portafortuna, moltiplicando così i seguaci di questa ennesima forma della religione-mercato. No, qualcosa, qualcuno, manca per la salvezza di tutti, di tutto. Ed è questo che Gesù si preoccupa di spiegare ai discepoli, ancora stupefatti per quella pesca, così vanamente sospirata, e che deve aver fatto l’allegria della gente che se n’era stata buona buona, fino a poco prima, ad ascoltare Gesù sulla riva. I quattro discepoli, infatti, annota il Vangelo, lasciarono tutto: barche, reti, ed, evidentemente, i pesci, per seguire Lui e “pescare uomini”, che non è propriamente e in primo luogo, farli diventare cristiani, ma è riscattarli alla vita. Una vita piena e abbondante. Una vita salvata. A propiziare la quale, per cominciare, bastano quei quattro pescatori, e poi altri otto, a vario titolo, poveretti (giusto per fare Dodici), disposti a farsi ancora più poveri, a causa Sua e del Regno che è venuto ad instaurare. Sì, la Chiesa nasce dalla frustrazione di chi non si accontenta del mondo come è e, allegramente, sulla Sua parola, decide di mettersi in cammino.

 

Oggi il nostro calendario ci porta la memoria di Farīd ad-dīn ’Attār, mistico islamico.

 

02 Farad Attar.jpgNato a Nishapur (Iran), verso la metà del sec. XII, ’Attār forma, con Sana’i e Rumi,  la triade dei grandi poeti-mistici islamici ed emerge come uno dei più grandi maestri del sufismo. Poco sappiamo della sua vita. Era figlio di uno speziale e, probabilmente, trascorse i suoi anni giovanili nella bottega paterna – dove, allontanatosene, farà ritorno più tardi -, alternando il culto delle belle lettere alla cura degli affari. Grande influenza esercitarono su di lui la madre, con la sua profonda religiosità, e i suoi maestri spirituali. Contro una visione legalistica della religione, sostenne l’urgenza di un rapporto più “cordiale” e meno “razionale” con la divinità, adottando un linguaggio che prefigura un rapporto da amante ad Amato ed elaborando un complesso di immagini metafore che si rifanno al modello della relazione amorosa e non a quello del rapporto servo-signore. Morì probabilmente nella città natale verso il 1230, in concomitanza con l’invasione mongola. Di lui è riportata la seguente sentenza: “Dio disse al Suo amico: Vuoi conoscere il segreto? Domanda a Satana”. L’uomo incontrò il diavolo e gli chiese del segreto. “Ricordati solo questo – gli rispose Satana – se non vuoi diventare come me, evita di dire io”.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

1ª Lettera ai Corinzi, cap.3, 18-23; Salmo 24; Vangelo di Luca, cap.5, 1-11.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene. 

 

birth of Lord Krishna.jpgOggi le religioni dell’India celebrano Krishna Janmashtami (o Krishnashtami), il Natale di Krishna, una delle divinità più amate nell’Induismo, venerato come avatar (manifestazione, incarnazione) del dio Vishnu. La leggenda vuole che Krishna sia nato per mettere fine al regno del  tirannico sovrano di Mathurā, il suo zio materno Kamsa, che sarà infatti da lui ucciso, a significare la sconfitta di ogni malvagità. La festa è preceduta da un giorno di digiuno. Giunta mezzanotte, una statuetta del neonato Krishna è lavata, rivestita di gioielli e vestiti nuovi, adagiata in una culla e adorata. Durante il giorno, le donne usano modellare con pasta di farina di riso delle impronte di piedi di bambino che mettono poi per terra verso l’entrata di casa, e che stanno a simboleggiare l’ingresso del bambino Krishna in quella che sarà la sua casa adottiva.

 

Alla lista di malati che vi abbiamo passato ieri, potete aggiungere anche dona Dominga dell’Aeroporto, la mamma di Ditinha, ricoverata ieri sera in ospedale, per difficoltà respiratorie, complicate da un enfisema polmonare. Quanti la conoscono da vicino sanno la sua pazienza, l’allegria e il calore della sua ospitalità, gli acciacchi che si vedono e le pene che nasconde. Noi non sappiamo bene come funzionano queste cose. Se, però, Lui potesse darle uno sguardo, e la nostra preghiera valesse qualcosa, noi Gli chiederemmo di darlo.

 

Bene, per stasera è tutto. Noi ci si congeda, lasciandovi a un brano di Farīd ad-dīn ’Attār tratto dal suo “Il verbo degli uccelli” (Mondadori), liberi di dedicarlo, noi e voi, a chi meglio ci aggradi. Compresi noi stessi. È, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Hai mai osservato il ragno? Trascorre inquieto il suo tempo, perduto in un pensiero ossessivo. Con lungimiranza costruisce la sua casa in un angolo e tesse amorosamente una tela meravigliosa per catturare la mosca. E quando finalmente la vedrà cadere nella sua rete, succhierà a quella sciagurata tutto il sangue delle vene, poi la lascerà lì a seccare, così da trarne in futuro vigore e nutrimento. Ma un giorno il padrone di casa con un sol colpo di scopa spazzerà via la casa del ragno e la sua preda. Ebbene, il mondo e colui che in esso cerca nutrimento somigliano alla mosca nella tela di quel ragno. Se anche possedessi l’intero mondo, la morte ti strapperebbe a ogni cosa. Non bramare perciò le ricchezze, a meno che tu non ti nutra di cervella d’asino! Esse, o stolto, saranno date in pasto alle vacche! L’agire di colui che non può fare a meno di tamburi e bandiere non è più consistente del suono o del vento. Il vento gonfia le bandiere e il suono prorompe dai tamburi, ma suono e vento valgono meno di un sasso da mezzo dang! Non cavalcare oltre questo mondo di vanità, non insuperbire per la nobiltà della tua stirpe! Prima o poi la pamtera viene spogliata della sua pelle, che verrà strappata, stanne certo, anche dalla tua carne! In verità è assurda la tua pretesa di mostrarti: scompari piuttosto, o perirai! Non è tollerabile codesta arroganza: abbassa la testa! Fino a quando continuerai a giocare con te stesso? China il capo e non osare risollevarlo o almeno non giocare più di quanto tu già non faccia! Ignori forse che la tua casa e il tuo giardino sono per te una prigione e che i tuoi possessi  portano alla rovina la tua anima? Abbandona per sempre codeste tracotanti macerie! Fino a quando percorrerai le vie di un mondo che si nutre di protervia? Apri l’occhio della vera ambizione, contempla la via, inizia il cammino e volgi lo sguardo alla divina corte! Se saprai condurre la tua anima sino ad essa, l’intero mondo non potrà contenere la tua gloria. (Farīd ad-dīn ’Attār , Il verbo degli uccelli).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 02 Settembre 2010ultima modifica: 2010-09-02T23:41:00+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo