Giorno per giorno – 01 Settembre 2010

Carissimi,

“Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via” (Lc 4, 40. 42). Il vangelo di oggi era cominciato con la guarigione della suocera di Pietro, in favore della quale avevano pregato Gesù (v. 38). E si tratta di una guarigione che avviene nel cuore della comunità, la “casa di Simone”. E la “grande febbre” da cui essa viene guarita è ciò che le impedisce di alzarsi (o, anche, di risorgere) e di mettersi a servire. Se noi siamo davvero risorti è l’atteggiamento di servizio a rivelarcelo. Se ancora non serviamo, o se non serviamo più, c’è una qualche febbre ad impedircelo. Quale? Poi, il racconto continua dicendo che “tutti” coloro che avevano infermi glieli portavano e lui, imponendo le mani “su ciascuno” li guarì. Tutti, non solo qualcuno, né solo dei “nostri”. E senza esami di sorta. Gesù, da allora, ci insegna come si è chiesa. Chiesa insonne, che si prende cura fino a tardi di chi si presenta alla sua porta e si alza presto la mattina a pregare, prima di essere nuovamente presa d’assalto. Forse il “curato” di un tempo era il prete che, previamente  guarito dalle sue febbri, era in grado di porsi a servizio del suo gregge. Come dire “se non sei curato, non puoi fare il prete, puoi fare solo l’ammalato”. E i seminari – se proprio li si vuole mantenere – dovrebbero essere allora degli ospedali ben attrezzati. Curati, però, guariti, risorti, dovremmo esserlo tutti, per non vederci trasformati in zombi, e neanche troppo simpatici. Riusciamo a pregare per questo?

 

Oggi il nostro calendario ci porta la memoria di Jesus Jiménez, martire del popolo crocifisso di El Salvador.

 

01 Jesus Jimenez.jpgJesus Jiménez, che gli amici chiamavano Chus, era un contadino, catechista e animatore di comunitá ad Aguilares. Era stato “scoperto” da padre Rutilio Grande, che aveva risvegliato in lui un amore profondo per il Signore e per i suoi fratelli e l’aveva designato, nel 1973, quando aveva ventisei anni, delegato della Parola. Lui aveva preso sul serio il suo ministero e, da subito, non si era dato pace. Era sempre in movimento, per visitare le sue comunitá, camminando a volte per ore, per raggiungere le località più isolate, aiutare a riflettere sul Vangelo, visitare gli infermi, portare l’Eucaristia. Dopo l’ondata di repressione violenta scatenata nel 1977, che costò la vita anche al padre Rutilio, prese l’abitudine di dormire fuori casa, anche per non mettere a repentaglio la vita della moglie e dei quattro figli. Una pattuglia della  Guardia Nazionale lo fermò il pomeriggio del 1° settembre 1979, lo trascinò, mani e piedi legati, fino ai locali della parrocchia di El Paisnal, dove lo finì a colpi di arma da fuoco.  Solo a notte, fu possibile alla moglie e ad altre donne recuperarne il corpo, per vegliarlo assieme alla comunità riunita in preghiera. Jesus aveva trentadue anni.  

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

1ª Lettera ai Corinzi, cap.3, 1-9; Salmo 33; Vangelo di Luca, cap.4, 38-44.

 

La preghiera del mercoledì è in comunione con tutti gli operatori di pace, quale che ne sia il cammino spirituale o la filosofia di vita.

 

La lista degli infermi che noi si vorrebbe portare a Gesù crediamo sia discretamente affollata. Stasera, comunque, è tornata da Goiânia, dov’era andata a sottoporsi a qualche controllo, dona Nady, a cui hanno diagnosticato un’ischemia miocardica e che dovrà sottoporsi nelle prossime settimane a un cateterismo. Noi, a dire il vero, non ne capiamo granché, ma lei è piuttosto preoccupata. Dona Genesy, la sposa di Ercy, sta invece perdendo la vista a causa del diabete. Dominga si sta dedicando corpo e anima a cercare  di snellire le pratiche burocratiche che consentano di accelerare i tempi di intervento. Ma, vai a sapere.  Vovó Lina è la mamma di dona Fia, la nonna di Valdeci e delle sue sorelle e fratelli. Bisnonna di tutti i figlioli di questi e trisnonna della bimba di Jessica e forse di qualcun altro. Ha 96 anni, vive in campagna, si è tirata su fino ad oggi quattro figli con deficit mentale, assieme agli altri che si sono invece felicemente sposati. Oggi è arrivata qui in città per andare dal medico, perché c’è qualcosa che non va. Seu José, è il papà di Isaias e suocero di Edna, ha 89 anni ed è in ospedale con qualche disturbo di troppo.  Anche la nostra non sta troppo bene. Gilson, il fratello di Reginaldo che è morto l’altro ieri, non si sta comportando troppo bene. E Marcos, figlio di dona Mariza e fratello di Cleiber, morto qualche anno fa di alcool, anche lui.  Poi ci sono tutti quelli che il clima di questa stagione – calda, troppo calda, e secca, troppo secca – ha steso e messo ha letto e sono soprattutto vecchi e bambini. Dei nostri, Natália, figlia di Nativa e di João, è all’ospedale da lunedì.  Noi, comunque, ci si ricorda anche dei vostri, di malati, uno per uno, quelli che sappiamo anche noi e quelli che sapete solo voi e Lui. Se preghiamo, la preghiera è già Lui e la sua forza di cura.

 

È tutto per stasera. Noi ci congediamo qui, lasciandovi a un brano tratto da “I racconti dei Chassidim” (Garzanti) di Martin Buber. Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Quando l’amato figlioletto gli si ammalò e i medici non davano più speranza, il Magghid di Kosnitz vegliò tutta la notte, perduto nel proprio dolore. Ma quando venne l’ora della preghiera del mattino, egli disse: “Sta scritto: ‘Ed ella lasciò cadere il fanciullo sotto un arboscello’ (Gn 21, 15). Gli arboscelli, gli arboscelli, il grande arbusto della preghiera!. Per una sola parola della preghiera che venga detta con gioia!”. Quando Rabbi Levi Isacco, che allora viveva ancora nel paese di Želichow, poco lontano da lì, seppe di questo, andò al bagno e si tuffò con la santa intenzione che l’animo del Magghid mutasse ed egli pregasse per la guarigione del figlio. E in realtà, mentre il Magghid era in preghiera, il suo animo si mutò ed egli pregò con grande fervore che il figlio guarisse. E i chassidim raccontano che allora non guarì soltanto il piccolo Moshe, figlio del Magghid, ma guarirono tutti i bambini malati, per un largo raggio intorno. (Martin Buber, I racconti dei Chassidim).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 01 Settembre 2010ultima modifica: 2010-09-01T23:47:00+02:00da fraternidade
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