Giorno per giorno – 19 Luglio 2010

Carissimi,

“Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta” (Mt 12, 39). Già, il solito gruppetto di religiosi aveva detto a Gesù: vogliamo vedere un segno per crederti. Chissà, magari il sole che si mette a girare, una pioggia che scenda senza nubi, un profumo intenso al passaggio di una persona, la materializzazione di qualche oggetto. Una cosa insomma che comunichi una forte emozione e faccia dire: che bello! E noi si possa continuare come prima. Più in pace ancora di prima. Gesù, lui, poche volte si arrabbia come quando gli si fa queste richieste. E risponde: un segno? Sognatevelo. Senza nessun segno si convertirono i pagani di Ninive – non a una religione, ma ad un nuovo modo di vita. Alla sua generazione, come a noi, Gesù promette, un po’ enigmaticamente, solo un segno, quello di Giona. Che l’evangelo di Marco non specificherà meglio, e che Luca identificherà con la predicazione disarmata di un profeta giudeo in territorio nemico, mentre Matteo lo individua nel segno, anch’esso fragile ed esposto alla nostra libertà di accettazione o di rifiuto, della risurrezione. Un segno non-segno a ben vedere. Che ci vuole e ci fa persone adulte e responsabili, capaci di ricevere come segno la proposta vissuta da Gesù nella quotidianità e nella semplicità di un dono radicale, e di moltiplicarlo, offrendolo agli altri, attraverso la propria nuda testimonianza.

 

Oggi è memoria di Arsenio il Grande, monaco e eremita, e di Macrina la Giovane, monaca “domestica” e contemplativa. In America Latina noi ricordiamo anche la figura di Tupac Amaru, martire della resistenza indigena  in Perù.

 

19 ARSENIO.jpgArsenio nacque  a Roma intorno al 354 da una nobile famiglia. Nel 383 l’imperatore Teodosio lo chiamò alla corte di Costantinopoli per affidargli l’educazione dei figli Arcadio e Onorio. Dopo aver svolto tale funzione per undici anni, Arsenio entrò in una profonda crisi spirituale e ottenne dall’imperatore di potersi ritirare nel deserto egiziano.  Recatosi ad Alessandria d’Egitto, si unì alla comunità degli anacoreti di Scete, in pieno deserto. Qui trascorse quasi quarant’anni, vivendo in solitudine, dedicandosi alla preghiera, alla meditazione e al lavoro manuale. Quando nel 434 Scete fu invasa da una tribù libica, Arsenio si spostò a Troe, presso Menfi, dove visse fino al 450 circa. Raccontano di lui, che dopo molti anni di servizio al Signore, gli altri monaci lo udirono un giorno gridare a Dio: “O Dio, non mi abbandonare; non ho fatto niente di buono ai tuoi occhi, ma nella tua bontà concedimi di cominciare”. Al suo ultimo giorno di vita, poi, a quanti, vedendolo piangere, gli chiedevano se avesse paura, rispose: “Il timore che provo ora mi ha sempre accompagnato da quando mi sono fatto monaco”. Detto questo, morì. Deve aver scoperto solo allora che non era il caso di tanto timore. Ma, al buon Dio, gli sarà piaciuto anche così, come tutti gli piacciamo, comunque noi siamo.  

 

19_MACRINA LA GIOVANE.jpgMacrina appartenne ad una famiglia di santi. Il nome le fu dato in onore della nonna paterna, Macrina l’Anziana, pure lei santa (di cui si fa memoria il 14 di gennaio). Così come santi furono i genitori, Basilio e Emmelia e altri tre fratelli, Basilio, Gregorio e Pietro. Dopo la morte del padre, dedicò una cura speciale all’educazione di questi ultimi, esercitando una profonda influenza sulla loro crescita spirituale. Pur avendo ereditato dal padre una considerevole fortuna, abituò la famiglia a evitare ogni tipo di lusso e di privilegio, vivendo con estrema semplicità. Alla morte della madre, fondò un convento nella tenuta della famiglia. Nel 379, Gregorio, uno dei maggiori teologi di tutti i tempi, andò a visitare la sorella e la incontrò inferma, distesa su un semplice letto di tavole. Restarono per ore a parlare sul senso della vita, sulla morte e sulla vita futura. Finché lei esalò l’ultimo respiro.

 

19 TUPAC AMARU.jpgTupac Amaru, cacicco inca di Tangasuca (Perù), si ribellò all’oppressione spagnola, rivendicando uguaglianza di diritti per i suoi fratelli indigeni. Nel 1781, fu sconfitto, decapitato e squartato nella piazza di Huacaypata,  assieme alla sua sposa, Micaela Bastidas.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Michea, cap.6, 1-4. 6-8; Salmo 50; Vangelo di Matteo, cap.12, 38-42.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

 

È tutto per stasera. Noi ci congediamo qui, lasciandovi a una citazione tratta dalla “Vita di Santa Macrina”, scritta da suo fratello, Gregorio di Nissa. È un brano che vorremmo, mutatis mutandis , si potesse applicare a ciascuno di noi, secondo il suo stato di vita ed è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Non si vedeva in queste persone né collera, né invidia, né odio, né arroganza, né nulla di simile; ogni desiderio di vanità – d’onore o di gloria, d’ambizione o d’orgoglio e di tutto ciò che gli assomiglia – era bandito. Il loro piacere era la continenza; la loro gloria, di non essere conosciute da nessuno; la loro fortuna, di non possedere nulla, di avere scosso dai loro corpi, come polvere, ogni ricchezza materiale. Il loro lavoro, non era nessuna di quelle incombenze di cui ci si preoccupa in questa vita, se non incidentalmente, ma solo la meditazione delle realtà divine, la preghiera incessante, il canto ininterrotto degli inni distribuito uniformemente durante tutto il tempo, di giorno come di notte, in modo che queste occupazioni erano nello stesso tempo il loro lavoro e il riposo dopo il lavoro. Quali parole umane potrebbero descrivere il quadro di questo modo di vita di coloro per cui l’esistenza si trovava ai confini della natura umana e della natura incorporea? Per avere infatti liberato la loro natura dalle passioni umane, esse erano al di sopra di ciò che è umano; ma poiché esse apparivano in un corpo, poiché erano delimitate da una forma e vivevano con organi sensoriali, esse rimanevano inferiori alla natura angelica e incorporea. Ma forse oseremmo dire che la differenza era minima, perché, pur vivendo nella carne, esse non erano, grazie alla loro somiglianza con le potenze incorporee, trascinate verso il basso dai pesanti intralci del corpo; ma al contrario, la loro vita, leggera ed elevata, procedeva nelle altezze con le potenze celesti. Esse condussero una tal vita così a lungo, e le loro caratteristiche virtuose si moltiplicarono nel tempo, perché la loro sapienza progrediva senza sosta in direzione di una maggiore purezza, arricchendosi dei beni che essa veniva scoprendo. (Grégoire de Nysse, Vie de sainte Macrine).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 19 Luglio 2010ultima modifica: 2010-07-19T23:36:00+02:00da fraternidade
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