Giorno per giorno – 28 Giugno 2010

Carissimi,

“Vedendo la folla attorno a sé, Gesù ordinò di passare all’altra riva. Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, ti seguirò dovunque tu vada». Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8, 18-20). È “quasi” lo stesso Vangelo che si è meditato ieri, ci siamo detti stamattina, quando Dominga ha terminato di leggercelo. E, difatti, si tratta dello stesso episodio, oggi nella versione di Matteo, ieri in quella di Luca. Con alcune varianti, che l’uno e l’altro evangelista si sono presi la libertà di apportare, anche per adattare il racconto alle esigenze delle rispettive comunità. Luca, tra l’altro, situa il racconto in Samaria, quando Gesù inizia il viaggio che lo porterà a Gerusalemme, Matteo, all’inizio del Suo ministero, sulle rive del lago. Luca non specifica chi siano i tre interlocutori di Gesù, Matteo, che ne presenta solo due, dice che uno è uno scriba, un maestro della Legge,  l’altro è un discepolo. Probabilmente questo riflette alcune problematiche della comunità matteana, che riuniva per lo più cristiani provenienti dal Giudaismo, comprese alcune dotte personalità. Se la domanda: “Cosa vieni a fare, cosa pensi di trovare, nella comunità?”, è, in Luca, rivolta a tutti indistintamente, in Matteo pare rivolta specificamente a qualcuno che si propone come “intellettuale organico”. Amico, questa è una comunità di poveri, se vieni a cercare prestigio, una cattedra da cui pontificare, hai sbagliato indirizzo. Qui i maestri sono loro, quanti non hanno nido né tana, “abbiamo Dio e ci basta, senza Dio non possiamo nulla”, come dice la gente di qui. Sono i poveri i laureati del Regno. Se, dunque, sei venuto ad imparare da loro, sii il benvenuto.  L’altro è già un discepolo, uno che ha già ascoltato l’insegnamento del Maestro e lo ha visto in azione. Quindi è già, più del primo interlocutore di Gesù, uno come noi. Ma se seppellire un morto è anch’esso espressione della presenza del Regno, dato che dice il prenderci cura del dolore altrui, perché, in questo caso, Gesù ce ne dissuade? Come e perché esso ostacolerebbe la  sequela di colui che si sarebbe pur recato a piangere sulla tomba dell’amico Lazzaro? Forse, più che piangere su un affetto perduto, suggeriva stamattina Valdecí, questo volersi recare a seppellire il proprio padre morto, significa perdere tempo a rimpiangere un passato che non c’è più. Che, anzi, aggiungevamo, proprio la proposta del Regno ha allontanato dal nostro orizzonte: una certa immagine dei rapporti sociali, della politica, della religione, persino di Dio. In questo senso siamo chiamati a seguire i passi di Gesù, che ci rivela un Padre non autocentrato, ma che ci spinge continuamente all’incontro dei fratelli. Come ha spinto Gesù giù dal cielo. Già, a Gesù, come a suo Padre, ha concluso Valdecí, di sé non gli interessa nulla, gli interessa solo la vita degli altri. E, senza volerlo, cita Ireneo di Lione, il quale affermava: La gloria di Dio è l’uomo vivente. Che mons. Romero avrebbe tradotto con: “La gloria di Dio è che il povero viva”. Se la nostra fede ci porta ad altro, stiamo cercando scuse per non seguire Gesù. Abbiamo chiesto il permesso di andare a seppellire un dio morto e sepolto.    

 

E, proprio di Ireneo di Lione, pastore e martire, padre della Chiesa, noi facciamo memoria oggi.

 

28 IRENEO.jpgIreneo nacque a Smirne (nell’attuale Turchia), nell’anno 130 circa, e fu discepolo di san Policarpo, che aveva conosciuto personalmente l’apostolo Giovanni e altri testimoni oculari di Gesù. Missionario in Gallia, fu fatto vescovo della comunità cristiana di Lione e divenne il più importante tra gli scrittori cristiani del II secolo. Fu il primo che cercò di fare una sintesi del pensiero cristiano. Si schierò risolutamente a favore della preservazione della pace e dell’unita della Chiesa, mettendo in guardia contro i pericoli della gnosi. Uomo equilibrato e capace di discernimento seppe consigliare il papa Vittore ad evitare ogni atteggiamento men che rispettoso nei confronti delle chiese orientali in un momento di crisi e tensione. Sua è la celebre affermazione che “la gloria di Dio è l’uomo vivente, e la vita dell’uomo è la manifestazione di Dio”. Ireneo morì probabilmente martire durante la persecuzione di Settimio Severo nell’anno 202.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Profezia di Amos, cap.2, 6-10. 13-16; Sal 50; Vangelo di Matteo, cap.8, 18-22.

 

La preghiera di questo lunedì  è in comunione con le grandi religioni dell’India: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

 

Fino ad oggi, non abbiamo trovato, nelle edizioni on-line di giornali e riviste italiane, neppure cristiane, una sola riga dedicata alla scomparsa, avvenuta venersì scorso, di P. José Maria Díez Alegría. Il che è triste, da una parte, ma fa parte, con una coerenza impressionante, del mistero della Croce. Oggi, comunque, su un sito spagnolo, troviamo un messaggio del profetico vescovo dom Pedro Casaldáliga, che scrive: “Carissimi, è giunta la notizia della morte di Díez Alegría. Egli ha già varcato l’abisso della morte ed è ormai nella piena allegria di Dio. Teologo, sociologo, libero di spirito, testa e cuore di frontiera, offrendo una testimonianza unica per la coerenza, per la costanza, per la serenità. ‘Gesuita senza documenti’, ma con la gratitudine di tutti i compagni di Gesù, con la tonaca o senza tonaca. La Chiesa dei Poveri gli deve molta riconoscenza; io stesso ho ricevuto in diverse situazioni il suo appoggio di maestro e di compagno di cammino. Ho anche un legame speciale con lui attraverso “Il Credo che ha dato senso alla mia vita”. Seguendo i suoi passi (“Io credo nella Speranza”) ho pubblicato in questa collana “Io credo nella giustizia e nella speranza”. Andiamo avanti stimolati dal suo esempio e accompagnati dallo Spirito di Gesù che sempre lo ha accompagnato. Con il buonumore della speranza pasquale, con atteggiamento di dialogo ecumenico e macroecumenico, assieme ai vari Pozos de Tío Raimundo, nelle Vallecas della vita. A tutti gli amici e amiche di lì un forte abbraccio nella pace sovversiva del Vangelo.  Pedro Casaldáliga”.  Noi gli abbiamo dato riscontro con questo breve messaggio: “Noi cominciavamo a dubitare che fosse morto per davvero, dato che se n’era vista la notizia solo in pochi siti di lingua spagnola, e nessuna reazione su giornali e riviste on-line. Ma forse è proprio così. José Maria Díez Alegría non è morto, né potrebbe morire. O è comunque già risorto e il suo Spirito ha ora ancora più libertà di soffiare qua e là nelle Chiese, inquietando un po’ le gerarchie e seminando speranza nelle lotte dei poveri, dove il Regno accade. Grazie, José Maria, grazie dom Pedro”.

 

Anche stasera ci si è dilungati oltre la norma. Rimandiamo così altri commenti a domani. E ci congediamo, offrendovi  in lettura questo brano di Ireneo di Lione, tratto dal suo “Adversus haereses”. Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

La gloria di Dio dà la vita; perciò coloro che vedono Dio ricevono la vita. E per questo colui che è inintelligibile, incomprensibile e invisibile, si rende visibile, comprensibile e intelligibile dagli uomini, per dare la vita a coloro che lo comprendono e vedono. È impossibile vivere se non si è ricevuta la vita, ma la vita non si ha che con la partecipazione all’essere divino. Orbene tale partecipazione consiste nel vedere Dio e godere della sua bontà. Gli uomini dunque vedranno Dio per vivere, e verranno resi immortali e divini in forza della visione di Dio. […] Colui che opera tutto in tutti nella sua grandezza e potenza, è invisibile e indescrivibile a tutti gli essere da lui creati, non resta però sconosciuto; tutti infatti, per mezzo del suo Verbo, imparano che il Padre è unico Dio, che contiene tutte le cose e dà a tutte l’esistenza, come sta scritto nel vangelo: “Dio nessuno lo ha mai visto; proprio il Figlio Unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1, 18). Fin dal principio dunque il Figlio è il rivelatore del Padre, perché fin dal principio è con il Padre e ha mostrato al genere umano nel tempo più opportuno le visioni profetiche, la diversità dei carismi, i ministeri e la glorificazione del Padre secondo un disegno tutto ordine e armonia. E dove c’è ordine c’è anche armonia, e dove c’è armonia c’è anche tempo giusto, e dove c’è tempo giusto c’è anche beneficio. Per questo il Verbo si è fatto dispensatore della grazia del Padre per l’utilità degli uomini, in favore dei quali ha ordinato tutta l’ “economia” della salvezza, mostrando Dio agli uomini e presentando l’uomo a Dio. Ha salvaguardato però l’invisibilità del Padre, perché l’uomo non disprezzi Dio e abbia sempre qualcosa a cui tendere. Al tempo stesso ha reso visibile Dio agli uomini con molti interventi provvidenziali, perché l’uomo non venisse privato completamente di Dio, e cadesse così nel suo nulla, perché l’uomo vivente è gloria di Dio e vita dell’uomo è la visione di Dio. Se infatti la rivelazione di Dio attraverso il creato dà la vita a tutti gli esseri che si trovano sulla terra, molto più la rivelazione del Padre che avviene tramite il Verbo è causa di vita per coloro che vedono Dio. (Ireneo di Lione, Adversus haereses).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 28 Giugno 2010ultima modifica: 2010-06-28T23:56:00+02:00da fraternidade
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