Giorno per giorno – 17 Giugno 2010

Carissimi,

“Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli” (Mt 6, 7-9). Sì, non serve pregare per chiedere a Lui. Bisogna pregare per chiedere a noi e per convincerci a fare, da figli, ciò che Lui per noi sogna da Padre. O ciò che Lui è per noi come Padre. Noi siamo chiamati ad essere il suo agire nella storia. Non da soli, ovviamente, non ci riuscirebbe mai. Ma con il suo Spirito, che ci ha soffiato dentro nella creazione, e che poi ha soffiato nei profeti, e, in modo tutto particolare, in Gesù, e che Gesù, morendo, e, per maggior sicurezza, risuscitando, avrebbe soffiato in noi, e noi, come assemblea di Dio, assieme alle mille sue altre, così diverse e fantasiose, assemblee, ci soffiamo a vicenda, quando riusciamo ad essere un po’ come Lui e per essere come Lui. Figli e figlie del Padre (un Padre, dice la Bibbia, dalle viscere materne) e, perciò, fratelli e sorelle tra di noi, e poi padri e madri a nostra volta. Noi oggetto della cura e della premura di Dio e, subito dopo, suoi soggetti. Noi ricevitori e donatori di pane, noi perdonati e perdonatori, sostenuti e sostenitori nelle prove e nelle fatiche che non ci sono state evitate, noi liberati e liberatori da ogni male. Perché il suo Nome sia santificato e non, come è, in parole, opere, omissioni, bestemmiato; e Lui regni finalmente in mezzo a noi, e la sua Volontà, che è vita e vita in abbondanza per tutti, si compia. E diciamo Amen.

 

Oggi facciamo memoria di Marie-Joseph Cassant, monaco trappista della “piccola via”.

 

17 Joseph Cassant bis.jpgJoseph Cassant era nato da una famiglia contadina il 6 marzo 1878, a Casseneuil (Francia). Fin da bambino sentì forte il fascino della liturgia e il desiderio di essere un giorno sacerdote. Purtroppo non l’aiutava in ciò la scarsa propensione agli studi, così, su consiglio del suo parroco, prese  a frequentare l’abbazia trappista di Nostra Signora del Deserto, nella diocesi di Tolosa, dove chiese di entrare come novizio nel  dicembre 1894. Di costituzione debole e inadatto ai lavori pesanti, riuscì, con l’aiuto di padre André Malet, suo maestro di noviziato, a fuggire la tentazione della tristezza e dello scoraggiamento, accettando i suoi limiti con pazienza e con gioia. Pronunciò i suoi voti definitivi il 24 maggio 1900, nella festa dell’Ascensione. Venendo incontro al suo desiderio di essere sacerdote, i superiori affidarono ad un suo confratello il compito della sua preparazione teologica, che, nonostante l’impegno profuso, fu seminata di difficoltà e umiliazioni. Il rapido peggioramento della tubercolosi che nel frattempo aveva contratto convinse i superiori ad accelerare i tempi dell’ordinazione, che avvenne il 12 ottobre 1902. Subito dopo di essa il giovane monaco fu inviato per qualche tempo in famiglia nella speranza che potesse recuperarsi. Ma nel dicembre successivo, senza che nulla fosse cambiato, chiese ed ottenne di fare ritorno in monastero. Trasferito in infermeria, visse gli ultimi mesi della malattia, in pieno e sereno abbandono alla volontà di Dio, apprendendo in prima persona la verità delle parole che Paolo udì da Cristo: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor 12, 9). Padre Cassant celebrò la sua ultima Eucaristia il 31 maggio 1903. Il giorno dopo ricevette l’unzione degli infermi. Morì all’alba del 17 giugno, subito dopo la comunione durante la messa che padre André stava celebrando nella sua cella. Thomas Merton, quasi cinquant’anni dopo, scrisse di lui in termini ammirati nel suo “Le acque di Siloe”.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro del Siracide, cap.48, 1-15; Salmo 97; Vangelo di Matteo, cap.6, 7-15.

 

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

 

Come fare di una vita malata una preghiera? Come sapere quando è finito il tempo di lottare “contro” la malattia, per abituarsi a vivere “con” essa? Come discernere dove sta, in simili frangenti, la volontà di Dio? Sono domande che ci sono venute leggendo la testimonianza di Marie-Joseph Cassant. A cui, almeno in parte, risponde questa confessione che è anche una preghiera di Etty Hillesum, stilata un sabato mattina, il 3 Ottobre 1942, che leggiamo nel suo “Diario 1941-1943” (Adelphi). Ve la proponiamo, nel congedarci, come nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Comincio a soffrire d’insonnia e questo non va. Stamattina all’alba sono saltata giù dal letto e mi sono inginocchiata alla finestra. L’albero era immobile nell’alba grigia e silenziosa. Ho pregato: mio Dio, concedimi la pace grande e potente della tua natura. Se vuoi farmi soffrire, dammi il dolore grande e pieno, non le mille, piccole preoccupazioni che consumano completamente. Dammi pace e fiducia. Fa’ che ogni mia giornata sia qualcosa di più che le mille preoccupazioni per la sopravvivenza quotidiana. E tutte le nostre preoccupazioni per il cibo, i vestiti, il freddo, la salute, non sono forse altrettante mozioni di sfiducia nei tuoi confronti, mio Dio? E non ci castighi forse prontamente – con l’insonnia, e con una vita che non è più vita? Sono disposta a rimanere tranquillamente coricata per qualche giorno, ma allora voglio essere un’unica, grande preghiera. Un’unica grande pace. […] In questi giorni mi preoccupo troppo per la mia salute e questo è naturalmente sbagliato. Fa’ che in me ci sia la stessa, grande, immobilità che c’era nella tua alba grigia. Fa’ che la mia giornata sia qualcosa di più che le semplici preoccupazioni per il corpo. Alla fine, io ricorro sempre allo stesso rimedio: salto giù dal letto e m’inginocchio in un angolino nascosto della mia camera. Non voglio neppure forzarti la mano, mio Dio: “Fammi guarire in due giorni”. So che tutto deve crescere, che è un lento processo. Ora sono circa le sei e mezzo. Mi laverò dalla testa ai piedi con acqua fredda  e poi me ne starò coricata nel mio letto, starò immobile e non scriverò niente in questo quaderno, cercherò di stare semplicemente distesa e di essere tutta una preghiera. Già altre volte sono stata così male da credere che ci avrei messo delle settimane per uscirne fuori – e invece, dopo pochi giorni, era tutto passato. Ma in questo momento vivo male e ho un atteggiamento forzato. Se fosse possibile, in qualche modo, mi piacerebbe partire mercoledì. So bene che ora non posso dare molto a una comunità di persone, vorrei tanto stare un po’ meglio. Ma non devo volere le cose, devo lasciare che le cose si compiano in me ed è proprio ciò che non sto facendo. Che sia fatta non la mia, ma la tua volontà.  (Etty Hillesum, Diario 1941-1943).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 17 Giugno 2010ultima modifica: 2010-06-17T23:56:00+02:00da fraternidade
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